Sempre più protagonista dell’innovazione tecnologica, sarà in grado in futuro l’AI di operare senza assistenza umana? L’Intellectual Property Office in UK ha iniziato a riflettere su questo possibile scenario e capire come il suo sistema di proprietà intellettuale dovrà proteggere ciò che l’AI potrebbe autonomamente ideare in futuro. Il suo vero obiettivo, più strategico, è quello di portare avanti una discussione a livello internazionale per assicurare massima competitività al proprio ecosistema di innovazione.
Essendo uno dei pochi Paesi a proteggere con il diritto d’autore le opere generate al computer senza un contributo umano, il Regno Unito mette mano anche a questa legge, consapevole del suo impatto sul training e sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale.
Nessun brevetto all’AI, per ora
Il “riflettere” dell’IPO si traduce in una ufficiale consultazione che esamina i diritti di proprietà intellettuale dei brevetti e del copyright. Devono entrambi fornire i giusti incentivi allo sviluppo e all’innovazione dell’AI, continuando però a promuovere la creatività e l’innovazione umana.
Per quanto concerne i brevetti, finora l’intelligenza artificiale supporta scienziati, imprenditori e artisti che restano poi i reali autori delle invenzioni. Non si può però escludere che in futuro si avrà a che fare con casi in cui sarà impossibile identificare l’apporto intellettuale umano. L’IPO vuole essere tra i primi pronti ad affrontare questa eventualità e aggiornare il proprio sistema di IP decidendo se e come proteggere queste invenzioni.
Alcuni casi sul filo dell’ambiguità sono già stati portati in tribunale con esiti discordanti. In UK, lo scorso anno, il brevetto era stato ritenuto un diritto legale che può essere concesso solo a una persona. Stephen Thaler si era infatti visto negare l’attribuzione di due brevetti al suo sistema di intelligenza artificiale Dabus.
Lo stesso soggetto ha ottenuto un parere opposto a luglio 2021 in una simile causa intentata in Australia. Brevetti attribuibili all’intelligenza artificiale anche in una sentenza emessa in Sudafrica negli scorsi mesi: in assenza di linee guida e prese di posizione di governi e comunità scientifiche la decisione dipende spesso dalla linea di pensiero dei giudici coinvolti.
Maggiore accesso a opere protette per un’AI più allenata
Proiettato verso il futuro e, soprattutto, determinato ad assicurare la massima competitività ai propri innovatori, l’IPO a fine giugno ha anche annunciato l’intenzione di modificare la legge sul diritto d’autore. In questo caso l’intervento riguarda la possibilità di utilizzare opere e creazioni per il training del machine learning.
Se una larga parte di esse risultasse protetta, tale processo potrebbe risentirne. In UK si vuole ora consentirne l’utilizzo per fini legati allo sviluppo e alla promozione dell’AI e di più ampie tecnologie di data mining a beneficio della società. Finora potevano accedervi solo coloro che conducevano ricerche per fini non commerciali. Ai detentori dei diritti resta la possibilità di controllare e far pagare l’accesso alle loro opere, ma non di imporre extra fee per estrarle.
Al di là di questa decisione, l’IPO si è ripromessa di mantenere aperta una riflessione su due casistiche inerenti al diritto d’autore.
- Estrazione di testi e dati usati per addestrare e sviluppare l’AI
- Protezione di opere generate al computer senza un autore umano (attualmente protette per 50 anni)
In entrambi i casi, le linee guida decise in UK indicano come prioritario incoraggiare l’innovazione AI promuovendone l’uso per il bene pubblico. Va trovato però un compromesso con la altrettanto ferma intenzione di preservare il ruolo centrale della proprietà intellettuale nella promozione della creatività e dell’innovazione umana.
In sospeso resta anche la valutazione dell’impatto delle tecnologie AI sugli artisti interpreti e numerosi interrogativi sul loro futuro, in primis quello su come proteggerne i diritti in presenza di deepfake.