A volte le persone si muovono come fossero “particelle impazzite”, soprattutto se hanno fretta e sono immerse in una folla che si oppone al raggiungimento del loro obiettivo. Fisico o esistenziale. E allora proprio come “particelle impazzite” si possono provare a tracciare una a una, seguendone il moto irregolare e misurandone direzione e velocità. Lo ha fatto un team di ricercatori dell’ENEA nell’ambito del progetto CityFlows, finanziato dallo European Institute of Innovation and Technology (EIT), creando “mappe di calore intuitive: ho riproposto le modalità che utilizzavo quando mi occupavo di immagini e dati satellitari per capire come si muovono concentrazioni gas inquinanti. Ho ‘riciclato’ le freccette usate per i venti, per rappresentare i flussi persone” confessa Federico Karagulian, ricercatore ENEA del Laboratorio di Sistemi e tecnologie per la mobilità sostenibile.
Due algoritmi al lavoro per capire meglio i pedoni
Karagulian è coautore di uno studio di crowd flow management insieme ai colleghi Carlo Liberto, Matteo Corazza e Gaetano Valenti e ai ricercatori dell’Università di Roma Tre, Andrea Dumitru e Marialisa Nigro. Uno studio italiano, “ambientato” a Milano, ma che racconta come la tecnologia possa supportare la gestione delle masse in un qualsiasi luogo affollato, fornendo strumenti di supporto decisionale in chiave di sicurezza e vivibilità
Il punto di partenza, lato tecnologia, è stata la computer vision, ormai giunta a una maturità tale da poter “gestire” le masse. Dai filmati ripresi da telecamere tradizionali sono state estratte le informazioni necessarie per caratterizzare e quantificare la mobilità pedonale in una piazza. Il tutto procedendo pedone per pedone, localizzando ciascuno di essi nello spazio e tempo e senza violare privacy. L’unico modo per fornire come output la distribuzione spaziale dei flussi sotto forma di mappe di densità e velocità.
“Abbiamo utilizzato algoritmi di computer vision e di tracciamento. Prima abbiamo identificato con una rete neurale gli individui presenti in ogni fotogramma, poi li abbiamo seguiti intuendone le singole traiettorie” spiega Karagulian. “La privacy è garantita dalla mancanza di banche dati per confrontare le persone riprese e dalla risoluzione insufficiente delle immagini a disposizione. Anche volendo, non sarebbe stato possibile dare loro un nome, ne abbiamo riconosciuto solo le sembianze umane”
La “post-produzione” che crea valore dai dati
Le sembianze umane, ma anche la numerosità, la densità, la direzione e la velocità, in verità. Parametri fondamentali per il progetto che mira a fornire una visione chiara e concisa delle dinamiche che avvengono in un’area particolarmente affollata di qualsiasi città. Parametri ottenuti dal team ENEA grazie a un inedito e ad alto valore aggiunto lavoro di “post-produzione” per il tracciamento di uno stesso individuo che si muove nella piazza.
“È uno di quei processi complessi che non vuole mai fare nessuno. Una volta immagazzinate enormi quantità di dati estratti grazie alla computer vision in forma di lunghe serie temporali, bisogna cercare di capire come aggregarli in modo sensato e utile. Non esiste nessuno strumento ‘magico’ in tal senso: è stato quindi necessario mettere in campo accorgimenti geometrici e ‘osare’ fare assunzioni su densità e velocità per ottenere l’identificazione degli individui di cui è composta la folla caotica che anima le piazze di una grande città” racconta Karagulian. È stata l’occasione per i ricercatori di mostrare le proprie doti di creatività, necessarie nella ricerca più spesso di quanto non lo si dia a vedere e lo si racconti.
Sicurezza, marketing e retail nel futuro di CityFlows
Questo aspetto creativo è ciò che rende speciale il progetto realizzato a Milano e comparso sulla rivista scientifica Urban Science. Le telecamere per le videoregistrazioni installate dall’Azienda Mobilità Ambiente e Territorio (AMAT) in piazza Duca d’Aosta, di fronte alla Stazione Centrale, sono state la fonte primaria di dati. Circa 2 milioni di fotogrammi, a intervalli di un secondo, da cui i ricercatori sono riusciti a identificare in modo univoco i pedoni con una precisione di circa il 70%.
Non ne conosciamo i nomi, come spiegato da ENEA, ma le velocità e gli orari. Nello specifico, è emerso che durante le ore diurne (07-10) c’è massimo movimento, tranne di venerdì quando la “movida” anima le ore serali (17-20). Altri picchi nei giorni lavorativi sono stati registrati tra le 9 e le 12 e tra le 16 e le 17 mentre nel fine settimana solo tra le 09 e le 11.
Per tradurre in numeri la “fretta” a cui i milanesi vengono spesso associati, presso gli accessi alla metropolitana si può stimare una velocità media molto elevata in uscita (circa 0,77 m/s), meno in entrata (0,65 m/s).
Sono dati che possono sembrare poco significativi, magari solo curiosi, per chi non deve assicurare sicurezza e vivibilità ai propri cittadini. Chi ha questo compito, invece, li brama per poter capire come intervenire dal punto di vista sia emergenziale che di pianificazione urbanistica/viaria per migliorare la fluidità dei movimenti in una data area.
Il progetto pilota si è concentrato su una piazza, ma vale anche per centri commerciali, aeroporti e stazioni ferroviarie, oppure per spazi che ospitano grandi eventi come concerti, fiere, mostre o uno dei tanti “Saloni” che riempiono il calendario e le vie di Milano.
Terminato qualche anno fa, il progetto resta un patrimonio tecnologico pronto per essere trasformato in uno strumento di supporto decisionale per amministratori pubblici. “Le sue possibili principali applicazioni, oltre a quelle legate alla PA locale, sono soprattutto in ambito di sicurezza, marketing e commercio. Si può porre una soglia all’affollamento oltrepassata la quale scatta un alert alle forze dell’ordine – immagina Karagulian – Oppure si possono studiare le mappe di calore per individuare i posizionamenti più strategici per realizzare o promuovere un punto vendita, un locale o un servizio promettente”.