Il supercomputer Summit di IBM, in forza all’Oak Ridge National Lab del Tennessee, si sta impegnando nella lotta contro l’epidemia di Covid-19.
La sua potenza computazionale, pari a 200 petaflop di picco (equivalenti a 200 milioni di miliardi di calcoli al secondo) permette ai ricercatori di districarsi tra miliardi di dati. In particolare, la selezione dei composti che, in laboratorio, vengono messi a contatto con il virus per capirne la reazione, resta un processo lento senza l’ausilio dei computer in grado di restringere il numero di potenziali variabili. Persino in questo caso le sfide non cessano perché ogni variabile può essere composta da milioni, se non miliardi, di dati unici e aggravata dalla necessità di condurre simulazioni multiple.
Grazie a Summit, i ricercatori sono già stati in grado di simulare 8mila composti entro la prima decina di marzo per modellare ciò che potrebbe influire sul processo di infezione e ne hanno identificati 77 con il potenziale di compromettere la capacità del Covid-19 di attaccare e infettare le cellule ospiti.
Summit si contraddistingue per una capacità di elaborazione dei dati che è abilitata da 4608 nodi server IBM Power Systems AC922, ciascuno dotato di due Cpu IBM Power9 e sei Gpu NVIDIA Tensorcore V100, con la potenza di un milione di laptop di fascia alta. In due anni ha guidato ricerche pionieristiche in ambiti differenti: per la comprensione delle origini dell’universo, le missioni spaziali e la crisi degli oppiacei con cui gli Stati Uniti hanno dovuto fare i conti.