Promettono, ma allo stesso tempo pretendono. Promettono di risolvere problemi che non vedrebbero soluzione con tecniche di calcolo tradizionali, ma pretendono che attorno a loro ci siano temperature prossime allo zero assoluto per farlo. Ecco uno dei principali motivi per cui i computer quantistici continuano a rappresentare una grande sfida, soprattutto dal punto di vista tecnologico.
Mentre giganti come IBM, Google e Amazon sono impegnati a costruirne di sempre più grandi e potenti, il mondo della ricerca si scervella per far rimpicciolire i sistemi di raffreddamento ivi impiegati. Sempre assicurando che i qubit restino a temperature a dir poco “gelide”.
Il segreto in una giunzione
Per ora, i dispositivi più in voga per creare freddo sono quelli a diluizione: si tratta di sistemi che, attraverso più fasi di raffreddamento, portano i circuiti a 1 Kelvin o meno grazie anche alla miscelazione di diversi isotopi di elio liquido.
Di fronte ai timidi risultati che questa strada sta portando, un team di scienziati finlandesi ha deciso di tentarne un’altra, puntando su refrigeratori puramente elettronici che nulla avrebbero a che fare con i fluidi criogenici. Il loro obiettivo è quello di ridurre di 10 volte le dimensioni e il consumo di energia dei sistemi di raffreddamento per quantum computer, anche semplificandone l’uso.
I nuovi dispositivi allo studio rientrano nella classe dei termoionici, disperdono il calore sotto forma di elettroni e anch’essi finora non si sono mostrati esenti da “grattacapi” applicativi. Il principale, quello che i finlandesi contano di aver risolto, deriva dal fatto che gli oggetti irradiano calore sotto forma di vibrazioni atomiche che viaggiano come quasiparticelle (fononi). Quando un dispositivo termoionico viene messo a contatto con l’ambiente circostante, c’è il rischio che il suo effetto refrigerante venga quindi totalmente annullato perché gli elettroni che irradia possono riscaldare tutto ciò che tocca “tramite fononi”.
La novità “disruptive” introdotta nei laboratori del Nord Europa mira a eliminare questa criticità controllando il flusso di fononi attraverso una giunzione tra componenti semiconduttori e superconduttori: gli elettroni possono saltare dai primi ai secondi, portando via il calore, ma i fononi vengono dispersi e bloccati dal dispositivo, rendendolo un isolante termico. Con questo “trucco della giunzione”, già nel 2020 gli scienziati hanno portato un chip di silicio a una temperatura pari alla metà di quella dell’ambiente circostante.
Più freddo possibile anche per lo spazio
Dopo i primi promettenti risultati, gli esperimenti sono proseguiti fino a ottenere giunzioni a tunnel di qualità sufficientemente elevata, per poi integrarle tridimensionalmente e impilare i refrigeratori sui chip. Tutto ciò è servito per ridurre le dimensioni dei dispositivi, mentre il team di ricerca ha introdotto tecniche di raffreddamento a più stadi per produrre cali di temperatura sempre più elevati.
Sforzi notevoli, ben direzionati e supportati dall’Unione Europea con un finanziamento di tre anni stanziato questa estate nell’ambito del progetto SoCool, per permettere al team di sviluppare un dimostratore commerciale della propria tecnologia.
Il business ambito riguarda il mondo del quantum computing ma non solo. Un sistema di raffreddamento innovativo, piccolo e semplice, a basso consumo energetico, potrebbe rivelarsi utile per i satelliti e le missioni spaziali. Le tante tecnologie di rilevamento e comunicazione abilitate sul campo finora “congelate” a causa della grande massa e delle dimensioni dei componenti criogenici necessari, potrebbero diventare praticabili e impiegabili nella quotidianità, stravolgendola.