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Delusione metaverso, ma Gartner salva l’AR

Separa i dati in silos, offre esperienze deludenti e richiede hardware costoso. Il metaverso non decolla, nemmeno per chi fa marketing rivolgendosi alla Gen-Z. Gartner ne prende atto, analizzandone l’insuccesso in chiave propositiva 

Pubblicato il 30 Ago 2023

Immagine di Eryx V su Shutterstock

Gli early adopter, che per il momento sono anche gli “only adopter”, sono quelle realtà che ci stanno coraggiosamente scommettendo, per potenziare il marketing e posizionare il proprio brand, coinvolgendo giovani clienti. Infatti il metaverso è ridotto a un cluster di centri commerciali virtuali e ambienti in cui ospitare eventi immersivi. Per il resto non si è rivelato particolarmente utile, nemmeno agli occhi di una società di analisi oggettiva come Gartner che al suo scarso successo ha dedicato un intero documento: “Emerging Tech: Adopter Anti-patterns – Metaverse Use Cases Are Plagued by Low Adoption“.

Si parte dalle interviste a 52 fornitori di metaverso e dall’analisi di 170 implementazioni di utenti, per individuare i punti deboli di questa innovazione tecnologica rimasta incompiuta. Non è riuscita ad appassionare nemmeno la Generazione Z che risultava l’unico possibile target semplice da conquistare, esente dal digital divide. Secondo Gartner, infatti, l’85% di questa fascia di popolazione “non è molto interessato ai marchi che operano nei metaversi”, mentre il 43% “dice di stare lontano dal metaverso perché non lo capisce”.

Realtà Virtuale poco sicura e con dati in silos

Il tallone d’Achille del metaverso, il primo aspetto che ne scoraggia l’adozione, sarebbe la deludente esperienza legata ai casi d’uso della realtà virtuale (VR). Se si va a escludere il settore del gaming, infatti, gli utenti si trovano scomodi a utilizzarla, oltre a non sentirsi affatto sicuri in termini di privacy e sicurezza.

C’è da mettere in conto anche il costo dello stesso hardware VR, elevato e non sempre bilanciato rispetto alle minime performance garantite. Molto c’è ancora da fare, da questo punto di vista, e la maggior parte delle sperimentazioni sono ancora in alto mare, limitando fortemente la scalabilità di questi ambienti VR.

Un difetto particolarmente sentito da chi vede nel metaverso una opportunità di marketing è poi rappresentato dai silos in cui sono “segregate” la maggior parte delle esperienze virtuali. Questo aspetto rende infatti complessa la gestione dei dati e la loro ottimizzazione ai fini di business.

Meeting virtuali scadenti e costosi

Il secondo punto debole del metaverso su cui puntano il dito i ricercatori di Gartner è lo squallore dei meeting virtuali. Dopo un primo approccio in cui li si trova una divertente novità, presto si rivelano una delusione e una fonte di distrazione inutile. Non è infatti mai stato messo in chiaro quale possa essere l’effettivo beneficio delle riunioni immersive, mentre i “contro” saltano agli occhi facilmente.

Secondo Gartner non aiuta la scarsa qualità degli avatar, non ancora abbastanza convincenti e troppo low-fi, tanto da presentare esperienze a dir poco stranianti. Può infatti capitare che l’espressione e il riconoscimento facciale non siano sempre ben sincronizzati con la persona reale, per esempio, rendendo le riunioni scomode, se non buffe. Certo, dipende da quanto è sofisticato l’hardware utilizzato, ma tutto ha poi un prezzo e oggi sembra non valga la pena di investirvi.

Se non si otterranno prodotti economicamente accessibili e allo stesso tempo capaci di offrire esperienze più avvincenti, entro cinque anni le tecnologie per riunioni immersive potrebbero sparire dal mercato.

Ciò in cui Gartner invece crede è la realtà aumentata (AR), in primis per risollevare le sorti di un settore in sofferenza come il retail. In questo ambito si potrebbero presto vedere dei risultati tangibili e incoraggianti. Non è detto che riguarderanno il metaverso, ma l’approccio delle aziende dovrebbe essere quello di cercare di trarre il meglio dalle tecnologie immersive, al di là delle mode e delle etichette.

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