Tavola rotonda

GenAI tra hype e realtà: l’urgenza di una governance del dato



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Il problema è l’integrazione delle informazioni. “L’AI è come l’elettricità: bisogna capire come sfruttarla”. Le considerazioni di ARIA, ASST Niguarda, Banco BPM, Fastweb, e SAS durante l’evento CXO SAS  

Pubblicato il 1 apr 2025

Vincenzo Zaglio

Direttore ZeroUno



GenAI governance
In foto, partendo da sinistra: Angelo Tenconi, SAS, Davide Masi, Banco BPM, Antonio Barone, ARIA, Ella Cocchi, ASST Niguarda, Alessandro Magnino, Fastweb + Vodafone

“Finora tutte le wave ICT sono state guidate dalla regolamentazione o dalla tecnologia. Con la GenAI, invece, tutti vogliono soluzioni di AI e tutti si sentono competenti. Il problema è che non è così”.

Davide Masi, Head of Risk, Data and AI Applications di Banco BPM, sintetizza con lucidità il momento che stanno vivendo imprese e pubbliche amministrazioni rispetto all’intelligenza artificiale generativa: da un lato l’entusiasmo generalizzato, dall’altro la difficoltà di distinguere il valore concreto dalla suggestione tecnologica. Un entusiasmo che spesso genera l’illusione che l’adozione dell’intelligenza artificiale sia semplice o immediata, quando invece richiede metodo, governance e competenze multidisciplinari. 

Durante l’evento SAS CXO, in una tavola rotonda con la partecipazione di rappresentanti di aziende di punta come Banco BPM, Fastweb, ASST Niguarda, ARIA e SAS, il tema dell’adozione consapevole dell’AI è stato affrontato con sguardo critico e propositivo.

I focus principali? La centralità della data governance, la necessità di modelli solidi di implementazione, l’importanza della sperimentazione e il ruolo decisivo della trasformazione organizzativa.

Data governance e qualità del dato: la condizione abilitante 

Il dato come asset strategico, non come sottoprodotto 

Uno dei concetti più ricorrenti è che senza una gestione strutturata del dato, ogni progetto AI rischia di fallire. Antonio Barone, CDO di ARIA – la società in-house della Regione Lombardia che governa l’infrastruttura informativa pubblica lombarda – ha sottolineato con decisione come “il problema fondamentale oggi sia l’integrazione delle informazioni”. Il valore dell’intelligenza artificiale si manifesta solo se si riesce a costruire un’informazione composita e coerente, che nasce dal contributo di molteplici fonti e stakeholder. In assenza di questo lavoro, “l’AI rischia di diventare una “black box” inutile”.

Il caso della sanità, raccontato da Ella Cocchi, Direttore dei Sistemi Informativi Aziendali di ASST Niguarda, è emblematico di quanto sia complesso e al tempo stesso strategico il tema del dato. Con la prospettiva dei Giochi Olimpici Invernali 2026, ASST Niguarda sta lavorando a un ecosistema digitale in grado di garantire supporto clinico in tempo reale su un’area molto estesa e distribuita tra quattro regioni.

Questo comporta la creazione di una rete integrata tra sedi ospedaliere, villaggi olimpici e strutture mobili, in cui l’interoperabilità del dato diventa condizione imprescindibile per prendere decisioni tempestive e coordinate. “Il dato – spiega Cocchi – deve arrivare in modo tempestivo, deve essere standardizzato e provenire da fonti diverse, interoperabili, altrimenti l’AI non è in grado di supportare decisioni critiche in ambito clinico”.

Dalla qualità alla cultura del dato 

La sfida, come sottolineano i relatori, non è solo tecnica. “Serve una crescita culturale sulla qualità del dato” ha insistito Barone, richiamando l’attenzione sulla necessità di lavorare non solo sulla raccolta, ma anche sulla preparazione e contestualizzazione dei dati.

“Non possiamo dare per scontato che il dato sia pronto all’uso”, ha aggiunto. “Serve un lavoro a monte su che cosa raccogliamo, come lo facciamo e perché. Questo è un punto debole soprattutto nella pubblica amministrazione, ma non solo”.

ARIA ha attivato un programma triennale di data governance, basato su un modello centralizzato che progressivamente si estenderà a tutte le strutture regionali, coinvolgendo 18 assessorati e ambiti diversi, dalla sanità al turismo. L’obiettivo è rendere il dato non solo disponibile, ma anche fruibile in modo trasversale, funzionale alle decisioni e alle policy pubbliche.

Misurare il valore dell’AI: come l’elettricità, conta come la usi 

“L’AI è come l’energia elettrica: una tecnologia general purpose che può generare valore solo se incanalata. Bisogna capire come sfruttarla” osserva Barone. In altre parole, non è sufficiente implementare un modello, serve porsi la domanda giusta e alimentarlo con dati corretti e significativi. “Se dai in input dati sbagliati, l’output sarà sbagliato: garbage in, garbage out”, sintetizza Angelo Tenconi, Senior Director Customer Advisory di SAS. La metafora è semplice, ma efficace. 

Tenconi insiste sulla necessità di presidiare tutto il ciclo di vita dell’AI: dalla raccolta e gestione del dato alla decisione finale, passando per la creazione, il testing, il monitoraggio e l’eventuale retraining dei modelli. “I modelli – spiega – sono entità dinamiche, si degradano nel tempo, possono sviluppare BIAS o divergere rispetto agli obiettivi iniziali. Per questo la governance è centrale”.

Sperimentare (bene) in attesa della killer application 

Nel mondo bancario, il contesto normativo impone un approccio prudente ma non paralizzante. Banco BPM ha scelto una strategia di sperimentazione duale: da un lato l’adozione di soluzioni consolidate, dall’altro la collaborazione con startup e scale-up per esplorare il potenziale delle tecnologie generative. “Non esiste ancora una killer application per il nostro settore – ammette Masi – ma stiamo cercando di capire dove l’AI può realmente scalare. Intanto la usiamo già nel supporto agli operatori dei call center, con ottimi risultati in termini di produttività”.

Alessandro Magnino, Chief Strategy & Transformation Officer di Fastweb + Vodafone, propone una visione articolata in tre direttrici: sviluppo interno di asset proprietari (incluso un LLM italiano di prossima presentazione), adozione diffusa della GenAI all’interno dell’organizzazione (oltre 100 applicazioni attive) e supporto alla trasformazione digitale di aziende e PA.

“Le aziende non vogliono più solo sapere quanti parametri ha un modello – osserva – ma come può essere specializzato sul proprio contesto, come garantire la sicurezza dei dati e come restare conformi alla normativa”. Per questo motivo, Fastweb ha realizzato anche un’infrastruttura proprietaria basata su tecnologia Nvidia, capace di ospitare applicazioni AI in un ambiente controllato e conforme ai requisiti di sovranità del dato.

Una AI “Trustworthy by design” 

Uno dei messaggi chiave della tavola rotonda è che l’AI non può essere lasciata all’improvvisazione. “Abbiamo dovuto filtrare le richieste interne secondo criteri di fattibilità tecnica, valore di business e compliance – spiega Magnino – e creare un modello di AI governance per evitare una proliferazione incontrollata di progetti”.

Sulla stessa linea Tenconi, che ha illustrato l’approccio “Trustworthy by design” adottato da SAS: una funzione organizzativa dedicata valuta l’affidabilità dei modelli, la presenza di BIAS, la trasparenza del processo e la resilienza delle soluzioni in produzione. “Il vero rischio – avverte – è che qualcosa nato come proof of concept, pensato per un contesto limitato, venga esteso su scala enterprise senza le dovute verifiche. La governance è ciò che garantisce la qualità anche nel lungo termine”.

Dal dato alla decisione: strategia vs execution 

Un trend interessante è l’uso dei dati sintetici, che si rivela fondamentale in settori dove i dati reali sono insufficienti o inaccessibili (ad esempio per motivi di privacy). “Stiamo usando AI per generare dati sintetici in modo da integrare dataset parziali,” spiega Tenconi. È solo uno dei tasselli di un processo più ampio: “Gestire i dati endogeni ed esogeni, produrre modelli, integrarli nei processi legacy e arrivare alla decisione finale – spesso automatizzata – è la vera sfida.”

La visione dell’AI come supporto, più che come sostituto, è condivisa da tutti. “Un neoassunto può diventare efficace come un veterano, grazie a questi strumenti,” osserva Masi. E Magnino conclude citando “Cointelligence” di Ethan Mollick: “L’AI ci potenzia, non ci sostituisce. E quando affianca le persone nei processi decisionali, spesso la produttività e la soddisfazione crescono”. Il segreto è mettere insieme lo spirito critico con le nuove capacità dell’AI.

Il messaggio finale emerso dalla tavola rotonda è chiaro: l’intelligenza artificiale è un’opportunità enorme, ma solo se inserita in una cornice di governance solida, con dati affidabili e competenze diffuse.

La strategia deve stare nella linea di business, l’execution va centralizzata” sottolinea Masi, che ha anche rimarcato la necessità di formare e trattenere competenze rare come quelle dei data scientist e degli esperti di AI governance.

“Dopo anni di compliance e regolazione, oggi “ci si diverte” – conclude Masi – . Si sperimenta, si vedono risultati a ciclo corto. Ma per evitare derive o flop, la governance deve essere la stella polare”.

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