Per capire come l’intelligenza artificiale viene percepita nel nostro Paese, Citrix (fornitore di soluzioni cloud computing e per la virtualizzazione) ha realizzato una ricerca con l’istituto OnePoll, intervistando un campione di 500 lavoratori della conoscenza distribuiti in tutta Italia con una età compresa tra 18 e 55 anni. La maggior parte degli intervistati (68,2%) pensa prima di tutto che l’intelligenza artificiale influenzerà significativamente il loro modo di lavorare nei prossimi 5 anni e il 50,7% ritiene che comunque l’impatto sia positivo.
Solo il 7% crede che le ricadute sulla propria attività saranno negative, mentre il 41,64% sostiene che i risvolti possibili saranno sia positivi che negativi.
In particolare, quasi la metà del campione (49,60%) crede che i lavoratori saranno in grado, con il supporto dell’intelligenza artificiale, di svolgere mansioni più complesse, ma solo il 3,8% pensa che si verranno a creare nuovi posti di lavoro.
Tra le paure legate all’intelligenza artificiale, spiccano invece la perdita di posti di lavoro (37,2%) e l’evoluzione verso un ambiente di lavoro “disumanizzato” (36,2%)
“Questi dati – ha affermato Andrea Dossena, Country Manager di Citrix Italia – dimostrano che la portata dell’intelligenza artificiale non è ancora pienamente compresa dalle persone che lavorano, nonostante siano perfettamente consapevoli che si tratta di un elemento destinato ad avere conseguenze importanti sul loro modo di operare” .
Lavorare con l’intelligenza artificiale, quali competenze necessarie
La ricerca di Citrix mostra che i lavoratori italiani non vogliono necessariamente competere con i robot e l’intelligenza artificiale, nonostante le paure legate alla possibile perdita del posto di lavoro. Quando infatti si chiede loro quale superpotere vorrebbero avere a disposizione per la propria attività, solo il 14,8% afferma di volere una “super intelligenza”.
Quello che davvero vogliono, invece è riuscire a sviluppare competenze precise nei prossimi 5 anni. In particolare, per ben il 43,8% del campione, queste competenze riguardano la tecnologia, mentre il 31,4% sceglierebbe la creatività e solo il 10% una soft skill come l’empatia.
“I lavoratori italiani – ha concluso Dossena – pensano di non essere abbastanza preparati per riuscire a padroneggiare un’IT destinata a diventare sempre più complessa nel giro di pochi anni. Questa percezione potrebbe cambiare se si adottassero ambienti di lavoro dove le soluzioni IT siano facilmente integrate e offrano un’esperienza utente gratificante. E proprio questo sono offerti i workspace intelligenti: la tecnologia più avanzata a servizio della produttività.”