In ambito intelligenza artificiale i talenti sono concentrati soprattutto in tre Paesi europei: il Regno Unito (24%), la Germania (14%), la Francia (12%), mentre l’Italia detiene appena il 7,32% del totale, collocandosi in una posizione medio-bassa rispetto alla media europea anche se si valuta in rapporto alla forza lavoro, dove realizza un modesto 0,71. Sulla base di questo parametro emergono invece sei Paesi cocome l’Irlanda (3,5), un primato spiegato probabilmente con la presenza di aziende tecnologiche internazionali, Finlandia (2,18), Cipro (1,91), Lussemburgo (1,88), Svezia (1,84) e Olanda (1,81). È quanto emerge dal rapporto Rapporto Linkedin Economic Graph AI Talent in the European Labour Market, di recente pubblicazione, ricavato dai dati sul mercato del lavoro e le competenze della piattaforma Linkedin (figura 1).
In Europa i talenti AI operano soprattutto nell’università e nella ricerca
A differenza degli Usa, dove la maggiore concentrazione dei talenti di intelligenza artificiale è nelle grandi aziende tecnologiche, nelle aziende native digitali e nelle startup, in Europa la concentrazione maggiore è in alcune grandi aziende tradizionali e, soprattutto, nel mondo accademico e nei centri di ricerca. Fa eccezione il Regno Unito, probabilmente per la presenza degli headquarter europei di molte multinazionali del settore tecnologico. La ricerca più avanzata in UK, rispetto alla media dei Paesi europei, fa diventare questo Paese attraente per le aziende leader e tecnologiche, la cui presenza contribuisce a dare supporto ai centri universitari più avanzati, generando un circolo virtuoso. Microsoft, ad esempio, supporta fortemente la ricerca AI dell’Università di Cambridge (figura 2).
Negli altri Paesi europei, come pure negli USA, i talenti di intelligenza artificiale sono presenti soprattutto (per i 76%) in 3 settori: tecnologa, istruzione e ricerca, produzione. Altri settori dove si trovano talenti e progetti in campo AI sono finanza, hardware e reti, salute.
Ogni Paese investe in risorse competenti nell’AI in base ai propri settori di punta. Così la Germania, paese guida nella produzione e nell’industria automobilistica, assorbe la metà di tutti i talenti AI in questi settori. La stessa tendenza vale per la finanza nel Regno Unito, la produzione in Italia e Svezia, l’assistenza sanitaria in Belgio e le telecomunicazioni in Finlandia.
Livello di studio e tendenze alla mobilità
Anche il livello di formazione differisce fra USA ed Europa, dove i lavoratori AI hanno in media un livello di istruzione più elevato. La maggior parte dei lavoratori nel campo AI in Europa possiede un master o un dottorato (56%), rispetto a poco più di un terzo dei lavoratori AI negli USA (34%), dove la maggior parte (62%) ha solo una laurea (figura 3).
Il mercato del lavoro per i talenti AI è per sua natura internazionale: quasi la metà (42%) ha studiato in un’università situata in un paese diverso da quello dove attualmente lavora. Ciò può essere dovuto in parte alla natura relativamente giovane del pool di talenti dell’AI, ma probabilmente deriva anche dal fatto che non tutte le economie offrono le stesse opportunità ai lavoratori dell’AI di mettere in pratica le proprie competenze. È interessante che la ricerca di LinkedIn abbia rilevato che la maggior parte dei talenti che lavorano nel settore dell’AI, oltre che negli Stati Uniti, hanno studiato presso Università del Regno Unito, Francia, Germania e Italia. Qui dovrebbe riflette che, a causa delle scarse opportunità di collocazione lavorativa fuori dal mondo dell’università e della ricerca, gli esperti AI formati in Italia sono costretti a migrare, mentre l’Italia non è capace di attrarre talenti da altri Paesi.
Gender gap, lo strano caso dell’Italia
Gli USA e l’UE sono accomunati dalla scarsa presenza femminile fra i talenti AI, scarto che caratterizza in generale le discipline STEM. La percentuale europea di donne nel settore AI è del 16% rispetto al totale dei lavoratori, percentuale che si discosta poco dal 20% che caratterizza gli USA. Nonostante alcune differenze fra Paesi, la presenza femminile nell’AI in Europa non supera il 30%.
Singolare il caso dell’Italia che, pur avendo il tasso di partecipazione delle donne alla forza lavoro più basso d’Europa (52,5%, secondo International Labour Organization, 2017), contrariamente a quanto ci si aspetterebbe ha invece, con il 25%, uno dei minori gap gender nel segmento AI ed è preceduta solo da Lettonia e Finlandia.
Una possibile spiegazione, applicabile in generale alla presenza di donne nelle attività STEM, è il ruolo chiave svolto dalla presenza di modelli autorevoli, capaci aumentare la partecipazione delle donne alle discipline scientifiche. Lo studio segnala, a questo proposito, la presenza in Italia di un certo numero di ricercatrici pioniere nel settore AI che potrebbero aver avuto un ruolo di stimolo (figura 4).
Il basso numero di talenti femminili nell’AI è in ogni caso un problema urgente. Una presenza diversificata tra i lavoratori nelle tecnologie emergenti è cruciale per lo sviluppo del settore e risulta particolarmente importante per i prodotti AI, dato il potenziale di parzialità (bias) nei confronti di membri di diversi gruppi sociali, economici o politici.
Suggerimenti e conclusioni
Dall’analisi emergono in conclusione alcune problematiche chiave:
- una distribuzione dei talenti AI non uniforme nei Paesi UE che vede la concentrazione nell’Europa Occidentale e nelle aree urbane, con una forte disparità di genere ed età;
- un ritardo rispetto agli USA, che vede solo la metà delle presenze a fronte di una popolazione doppia; una disparità che, almeno nel breve, aumenterà con la Brexit;
- una scarsa diffusione ad ampio raggio in tutti i settori industriali, con una concentrazione nei servizi software e IT, nell’istruzione e ricerca;
- le competenze necessarie per sviluppare o attuare sistemi di AI rimangono scarse e limitate a un segmento della forza lavoro con un’istruzione superiore;
- se la capacità di formare, attrarre e trattenere i lavoratori dell’AI diventerà, come probabile, diventerà un elemento differenziante, i territori e i paesi con una bassa presenza dei lavoratori dell’AI e un basso livello di implementazione dell’AI, rischiano di restare indietro se con corrono rapidamente ai ripari;
- riqualificando la sua forza lavoro con le competenze necessarie, l’UE potrebbe potenzialmente raddoppiare il suo pool di talenti AI.
Da queste considerazioni seguono alcuni suggerimenti ai governi e all’UE nel suo complesso:
- adottare le migliori pratiche a livello dell’UE;
- preparare la diffusione dell’AI in nuovi settori;
- cercare di risultare attraenti per i lavoratori dell’AI, favorendone l’immigrazione;
- effettuare investimenti strategici nei Paesi dove minore è la concentrazione di lavoratori AI (Est e Sud Europa);
- aiutare l’aggiornamento di aziende e cluster;
- colmare il divario di genere;
- allineare il curriculum e la formazione agli standard del settore;
- potenziare il talento in aree “vicine all’AI ” per sviluppare il capitale umano.
Per un aggiornamento sul mercato italiano dell’intelligenza artificiale, ricordiamo che giovedì 20 febbraio verranno presentati i dati della ricerca dell’Osservatorio Intelligenza artificiale del Politecnico di Milano.