Tavola rotonda

Intelligenza collaborativa e AI: sfide e opportunità per i CIO nell’era dello Human to Machine (H2M) 



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Costruire un futuro in cui le macchine non sostituiscono l’uomo, ma lo potenziano azionando un’intelligenza collaborativa di cooperazione e crescita reciproca. La sfida? Trovare il punto di equilibrio tra le abilità delle macchine e quelle degli esseri umani, valorizzando le capacità di entrambi 

Pubblicato il 11 ott 2024



Intelligenza collaborativa TR Digital360 Awards
Un momento della tavola rotonda “Intelligenze a confronto” durante la tre giorni dei Digital360 Awards e del CIOsumm.IT 2024

Nel tempo, il termine intelligenza collaborativa è stato utilizzato in diversi contesti e da vari autori, spesso in relazione a studi sull’organizzazione e la gestione delle HR. Il concetto è stato influenzato da studi di psicologia sociale, scienze cognitive e, più recentemente, dalle dinamiche delle interazioni uomo-macchina.

Le ultime derive dell’AI in generale, e della GenAI in particolare, evidenziano un nuovo tipo di sinergia tra le intelligenze umane (uso il plurale per sottolineare la diversità e la ricchezza delle capacità cognitive presenti in ogni individuo) e le capacità computazionali delle macchine che eccellono nell’elaborazione rapida di dati e nell’individuazione di pattern. Dallo Human to Machine all’augmentation, lo sviluppo tecnologico dirompente sta creando le reazioni più disparate, dalla curiosità alla completa destabilizzazione.

L’evoluzione del concetto di intelligenza collaborativa

Ieri, nell’interazione tra esseri umani e tecnologie lo Human to Machine (H2M) faceva riferimento a una relazione unidirezionale, in cui l’essere umano si limitava a interfacciarsi con la macchina, spesso percepita come uno strumento passivo. ML e DL hanno rivoluzionato la complessità e il potenziale della moderna interazione uomo-macchina.

Da tecnologia che esegue ordini o elabora dati su richiesta, l’AI oggi è diventata un’entità capace di apprendere, adattarsi, co-creare e comunicare.

In questo contesto, il concetto di intelligenza collaborativa corrisponde meglio alla dinamica che sta trasformando il panorama del lavoro. Ma bisogna affinare i percorsi di apprendimento per permettere agli individui di interagire efficacemente con le macchine, integrando nel loro processo decisionale la generazione automatica di analisi e suggerimenti che vanno interpretati e ponderati. Il tema è stato affrontato in una tavola rotonda intitolata “Intelligenze a confronto” durante la tre giorni dei Digital360 Awards e del CIOsumm.IT 2024, organizzato a Lazise dal Gruppo Digital360 e Aused.

“La tecnologia non è solo un elemento abilitante dei processi ma contribuisce al miglioramento della vita dei dipendenti perché libera tempo – ha spiegato Rosalba Agnello, Head of SAP Success Factors, SAP Italia -. Il tempo, in senso stretto, è una risorsa finita e non può essere comprato nel modo in cui acquistiamo beni materiali. Investire in strumenti o software che automatizzando processi ripetitivi e noiosi permette alle persone di usare al meglio il valore aggiunto delle loro competenze e delle loro esperienze. La letteratura dei business case offre tantissimi esempi in cui l’AI aiuta a migliorare il lavoro delle persone. Nell’ambito delle risorse umane, ad esempio, dal fare un job posting al match tra curricula e posizione, dall’analisi delle performance alle compensation, la tecnologia si conferma un notevole acceleratore funzionale e operativo. Ciò che rimane un fondamentale è capire che, sempre e comunque, la validazione e, quindi, la responsabilità finale devono rimanere umane”.

Rosalba Agnello
Rosalba Agnello, Head of SAP Success Factors, SAP Italia

Dalla relazione unidirezionale alla co-creazione

Lo Human to Machine si avvale di un’intelligenza collaborativa a più marce, che ridefinisce i ruoli e le responsabilità all’interno delle organizzazioni. La tecnologia favorisce un’interazione bidirezionale in cui le persone e le macchine possono lavorare insieme in modo più efficace, mettendo a fattor comunque le reciproche competenze. Questo approccio non solo migliora l’efficienza e l’efficacia dei processi, ma spiana la strada a innovazioni che nessuna delle due parti potrebbe raggiungere da sola.

“Il tocco umano è fondamentale e l’unicità delle persone fa la differenza – ha sottolineato Marco Mazzucco, Chief Digital & Innovation Officer di Davines -. Nel lungo, se lasciamo fare tutto alla tecnologia, rischiamo di perdere i nostri comportamenti distintivi e la possibilità di arricchire le nostre competenze. L’intelligenza automatica deve essere vista come un supporto e un differenziale competitivo, non come una scorciatoia. A guidare il cambiamento sono e devono essere le persone che vanno valorizzate, non sostituite. Non dobbiamo sperare che la tecnologia faccia il lavoro al posto nostro. Le aziende devono usare queste nuove tecnologie per aiutare i talenti a splendere”.

Marco Mazzucco
Marco Mazzucco, Chief Digital & Innovation Officer di Davines

Il valore dell’intelligenza umana rispetto allo sviluppo dell’AI

In un’epoca in cui l’AI sta rapidamente permeando diversi aspetti della nostra vita e del lavoro, accettare che la tecnologia, oltre a potenziare le competenze delle risorse umane, riesca ad amplificare il loro valore è un elemento cardine per un’innovazione costruttiva. Se ben utilizzata, l’Intelligenza Artificiale oltre a migliorare l’efficienza aziendale, contribuisce a supportare obiettivi più ampi e sostenibili.

“L’AI non è un tool: è qualcosa che sta entrando nella nostra vita e fa qualcosa di diverso rispetto all’essere umano – ha commentato Aldo Chiaradia, CIO di Guala Closures -. Per evitare di rimanere intrappolati in meccanismi superficiali ed evitare errori bisogna evangelizzare le persone su un uso più consapevole e critico dell’AI. Come possono le persone che lavorano nelle aziende usare al meglio questi strumenti? La risposta risiede in una sperimentazione continua. Ma bisogna affinare la capacità di discernere il valore reale delle risposte fornite dall’AI, usando la saggezza umana, fatta di esperienza ma anche di intuizione. Oggi chi sa usare bene la GenAI, sa riconoscere le allucinazioni, è in grado di valutare se la risposta è contestuale oppure è un semplice copia e incolla, e procede più spedito nel perseguimento dei suoi obiettivi”.

Aldo Chiaradia
Aldo Chiaradia, CIO di Guala Closures

Tradurre la teoria in pratica per capitalizzare le esperienze

Nel momento in cui l’Intelligenza Artificiale diventa sempre più pervasiva nelle operazioni aziendali, la capacità di tradurre le teorie in pratiche è fondamentale per cogliere al meglio tutte le opportunità applicative, evitando il rischio di soccombere all’automazione. L’AI non deve essere vista unicamente come una sofisticata tecnologia, ma come un vero e proprio attivatore di esperienza che permette alle aziende di capitalizzare le proprie conoscenze e competenze.

“Al di là delle infrastrutture, che sono un discorso a parte, personalmente non vedo la necessità di utilizzare nuove specializzazioni – ha ribadito Chiaradia -. Gli strumenti di AI sono talmente facili da utilizzare che le persone devono solo studiare e imparare il modo giusto di conversare con l’AI. Attraverso l’uso di casi di studio concreti e condivisi, le organizzazioni possono trasformare l’AI da concetto astratto a strumento pratico ed efficiente”.

Questi esempi applicativi, infatti, costituiscono un prezioso banco di prova, dimostrando come l’AI possa essere applicata in contesti reali per risolvere problemi specifici e generare valore.

Nel viaggio della conoscenza l’AI è un mezzo molto veloce

“Abbiamo compreso che la preparazione alla conoscenza è una sfida continua – conclude Agnello -. Oggi, siamo in grado di valutare se le risposte che riceviamo dai sistemi siano adeguate o meno. Tuttavia, come vendor, ci viene chiesto di semplificare i processi, il che può rappresentare una criticità. L’AI ci supporta nell’interpretazione dei dati e dei processi, ma richiede una notevole sensibilità informatica per garantire una governance efficace. Un approccio eccessivamente strutturato, ad esempio, potrebbe portare a un appiattimento delle dinamiche aziendali. Ribadisco: è fondamentale mantenere sempre una supervisione umana attiva e consapevole, coniugando la qualità dell’esperienza umana con gli obiettivi dell’organizzazione, contribuendo a un ambiente di lavoro più coeso, gratificante e produttivo”.

La sinergia tra intelligenze umane e capacità computazionali rappresenta una potente forza trasformativa, capace di ridefinire i confini di ciò che è possibile in molti campi, dall’economia alla scienza, dall’arte alla medicina. Dunque, è vero che la velocità di calcolo e di analisi dell’AI mettono in risalto i nostri limiti. Tuttavia, la sfida non stabilire chi arriva prima, perché è evidente che una macchina sarà sempre più veloce di un uomo. Con l’AI, possiamo superare i nostri limiti, a patto di avere chiaro lo scopo, ovvero la direzione in cui vogliamo andare. Perché il viaggio della conoscenza appartiene all’uomo, non alle macchine. In questo contesto, la tecnologia è un mezzo che dobbiamo imparare a guidare per percorrere questo viaggio più rapidamente.

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