Spaziando tra “le magie” abilitate dall’intelligenza artificiale, andando a caccia di quelle che più colpiscono l’immaginario delle persone, oltre che delle aziende che vogliono potenziare il proprio business, si incorre nella Vesuvius Challenge. Questo concorso mondiale, nemmeno lanciato dal nostro Paese, tocca particolarmente le delicate corde degli italiani, soprattutto se appassionati di storia e di letteratura. In realtà dovrebbe interessare tutti, perché mira ad imparare a leggere il patrimonio di opere storiche che potrebbero potenzialmente stravolgere la nostra conoscenza del passato e, perché no, impattare anche sul nostro futuro.
È proprio all’interno di questa challenge che uno studente di informatica di 21 anni ha appena vinto un premio da decine di migliaia di dollari per essere riuscito a decifrare parti di un testo all’interno di una pergamena proveniente dall’antica città romana di Ercolano. Frammentata e carbonizzata, era finora tra quelle considerate illeggibili fin dall’eruzione vulcanica del 79 d.C., la stessa che seppellì Pompei. Una delle tante: in quella che è l’unica biblioteca rimasta intatta dell’antichità greco-romana ce ne sarebbero centinaia e centinaia ancora da decifrare.
Il machine learning supera i raggi X
Il giovane protagonista si chiama Luke Farritor, studia all’Università del Nebraska-Lincoln e con il suo algoritmo di apprendimento automatico è riuscito a individuare alcune lettere greche sparse su diverse righe del papiro, arrivando anche a identificare una intera parola, πορϕυρας (porphyras), che significa “porpora”. Addestrando la sua rete neurale con le sottili differenze su piccola scala presenti nella struttura della superficie, ha vinto il premio “prime lettere” di 40.000 dollari che chiedeva di riconoscere più di 10 caratteri in un’area di 4 centimetri quadrati di papiro.
La Vesuvius Challenge ne prevede una serie, quello principale, da 700.000 dollari, per la lettura di quattro o più passaggi di un rotolo arrotolato, deve ancora essere assegnato. Si tratta di una sfida di importanza mondiale creata da chi da anni cerca di sfruttare la tecnologia per potenziare la conoscenza dei tesori storici e archeologici spesso rimasti “muti” ma ricchi di preziose informazioni.
Uno dei suoi ideatori, Brent Seales, da tempo stava cercando di accedere al contenuto di questi papiri, “scartando virtualmente” i sottilissimi strati che li rendevano illeggibili, puntando sulla tomografia computerizzata (TC) a raggi X. Un metodo piuttosto valido, ma solo per rotoli scritti con inchiostri contenenti metallo, perché reagiscono illuminandosi intensamente. Quelli dei resti più antichi custoditi a Ercolano sono a base di carbonio, hanno la stessa densità nelle scansioni del papiro su cui si trovano, quindi non vengono rilevati con questa tecnica. Anche i tentativi di scansione a massima risoluzione delle immagini ottenute coi raggi X si sono rivelati deludenti. È in questo contesto che nasce quindi la Vesuvius Challenge, oggi vi partecipano quasi 1.500 squadre e ogni volta che viene vinto un premio, anche secondario, il codice vincente viene rilasciato perché tutti possano costruirci sopra. Una sfida collettiva, sempre più basata sull’intelligenza artificiale, che permette di condividere anche osservazioni e commenti. E nel caso di Farritor sarebbe stata proprio la frase di un altro concorrente ad aiutarlo a notare che in alcune immagini l’inchiostro era occasionalmente visibile a occhio nudo. Su questo segnale il giovane studente ha concentrato i propri sforzi potenziando l’algoritmo a cui stava lavorando e ottenendo man mano il riconoscimento di sempre più lettere, fino a raggiungere il target del premio.
Un futuro ricco di passato grazie all’AI
Questa vittoria sta suscitando entusiasmi sia negli appassionati di AI, sia nel mondo degli studiosi di storia e culture antiche. Per loro, l’algoritmo di machine learning di Farritor (e tutti gli eventuali altri che saranno premiati) rappresentano la chiave di accesso a informazioni finora rimaste inaccessibili per millenni, su papiri accartocciati che è tuttora difficile credere di riuscire a leggere. Eppure si sta rivelando possibile, con l’aiuto dell’intelligenza artificiale.
Challenge a parte, la speranza è quella di poter continuare a investire su questa tecnologia applicata allo studio dei resti archeologici e storici non ancora “letti”: potrebbero emergere scoperte impattanti da numerosi punti di vista.
All’interno della stessa biblioteca di Ercolano, ci sono ancora i segreti contenuti in tutte le altre pergamene latine e greche conservate, soprattutto relative alla scuola filosofica epicurea. Ma ci sono anche più di 600 rotoli ancora intatti conservati nella Biblioteca Nazionale di Napoli e in altri musei in giro per il mondo, oltre ad altri papiri che ci si aspetta di trovare nei piani inferiori della biblioteca, ancora da esplorare.
Non è la prima volta che l’AI da una mano agli storici, ma stavolta sembrerebbe abbia fatto “un colpo grosso”. Già lo scorso anno lo si poteva intuire, con il lancio di Ithaca, uno strumento AI in grado di individuare data e origine di iscrizioni greche antiche non identificate e di suggerire testi per colmare eventuali lacune. Ne sarebbero in arrivo altri simili ma per altre lingue, dal coreano all’accadico, usato nell’antica Mesopotamia. Il piano generale è quello di aprire la “biblioteca invisibile” di testi che sono fisicamente presenti tra noi, ma che nessuno può vedere, scoprendo cosa gli antichi ci hanno lasciato scritto.