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L’AI batte l’uomo alla guida dei droni. Non prendiamocela: ci darà una mano

Un nuovo sistema AI dell’Università di Zurigo ha bruciato i record nelle corse di droni. Ora apre ad applicazioni industriali e civili

Pubblicato il 22 Set 2023

Immagine di DRN Studio su Shutterstock

Tra gli sport nascenti in grembo alle tecnologie più all’avanguardia del momento ci sono le corse di droni First Person View (FVP – visuale in prima persona). Nella stagione 2022-2023 questa disciplina ha “stregato” oltre 320 milioni di spettatori a livello globale. Il livello di competizione si fa sempre più elevato, tra umani, ma sembra che nei prossimi anni il vero avversario da battere sarà lintelligenza artificiale. Tutto merito (o colpa) dell’Università di Zurigo che, con la complicità di Intel, ha realizzato un sistema AI totalmente autonomo con cui ha ottenuto il tempo più veloce sul tracciato predefinito a livello mondiale.

The winner is… Swift, grazie all’apprendimento ibrido

Se in alcuni ambiti risulta quasi scontato che le performance di una macchina superino quelle umane, in questo caso la sfida non era banale. Il robot doveva infatti volare ai suoi limiti fisici, stimando la sua velocità e la sua posizione nel circuito esclusivamente dai sensori di bordo.

Per vincerla i ricercatori hanno combinato l’apprendimento rinforzato (RL) in simulazione con i dati raccolti nel mondo fisico, sviluppando una soluzione autonoma basata in gran parte sulla visione artificiale. L’hanno chiamata Swift e, sulla rivista Nature, spiegano come sia in grado di mappare le letture sensoriali di bordo in comandi di controllo grazie al lavoro coordinato di due unità tecnologiche. Quella “di osservazione” rileva i dati raccolti in tempo reale da una telecamera simile a quelle utilizzate dai piloti umani ed effettua una “codifica a bassa dimensione specifica del compito”. Ciò significa che misura l’accelerazione e la velocità del drone e, attraverso una rete neurale artificiale, elabora questi dati per localizzare il drone nello spazio e identificare le porte di gara sul percorso. L’unità “di controllo” trasforma la codifica in espliciti comandi per il drone stesso: con l’aiuto di un’altra rete neurale identifica la migliore linea d’azione per completare il circuito di gara il più rapidamente possibile.

Sognando droni sempre più veloci e utili

La notizia della vittoria dell’AI sull’uomo in questa disciplina ancora di nicchia e accessoria sta facendo scalpore. Non si tratta di sensazionalismo: è la stessa comunità scientifica a considerarla una pietra miliare per la robotica e l’intelligenza artificiale. Il lavoro compiuto finora dal team di Zurigo potrebbe infatti favorire la diffusione di soluzioni basate sull’apprendimento ibrido anche in altri sistemi fisici. Le potenziali applicazioni nel mondo reale si basano sulla capacità di far volare i droni più velocemente, aumentandone quindi l’utilità, superando gli attuali limiti legati alla capacità della batteria. Se ne trarrebbe vantaggio nel monitoraggio delle foreste, nell’esplorazione dello spazio e nell’industria cinematografica, per esempio, come nelle missioni di ricerca e soccorso. Altri settori interessati che seguono in prima fila le gare in corso tra droni sono l’automotive, il militare e i produttori di robot domestici e industriali, in attesa di conoscere i futuri progressi di Swift.

Entusiasmo e clamore a parte, c’è di fatto ancora molto lavoro da compiere, anche a detta degli stessi ricercatori coinvolti. Finora, infatti, il modello AI è stato addestrato utilizzando l’apprendimento per rinforzo in un ambiente simulato, dove il sistema ha imparato da solo per tentativi ed errori. Le vere gare di droni si svolgono però in ambienti diversi, sia al chiuso che all’aperto, con ben sette porte quadrate da superare in ordine in ogni giro, completandone tre consecutivi il più veloce possibile. I droni autonomi devono quindi ancora imparare a gestire “disturbi” esterni come il vento, le condizioni di luce mutevoli, i segnali meno definiti e la presenza di altri droni. Si basano solo sulle misurazioni sensoriali a bordo, senza alcun supporto da parte di infrastrutture esterne, e mostrano ancora evidenti e comprensibili limiti nella generalizzazione e nell’adattabilità, quando le condizioni sono diverse da quelle per cui sono stati addestrati.

Nulla impedisce però di prevedere che ampi progressi possano essere compiuti, fino a ottenere prestazioni nettamente superiori a quelle umane. Sulla carta sembrerebbe scontato che ciò avverrà, e presto, per il semplice fatto che questi droni AI acquisiscono le informazioni di rilevamento più rapidamente rispetto ai piloti umani che si basano su immagini ritardate. Non resta che attendere di vedere le loro performance evolvere, per comprendere come trasformarle in utilizzi concreti e possibilmente virtuosi, anche fuori dalla sfera sportiva.

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