Tre anni dopo, Capgemini torna… “sul luogo del delitto”. Dopo aver realizzato, nel 2017, una prima indagine per capire il trend di diffusione a livello mondiale dei tool di intelligenza artificiale su circa un migliaio di imprese, valutando l’impatto potenziale di queste soluzioni sullo sviluppo organizzativo e di business, ecco che, con un’indagine realizzata tra marzo e aprile di quest’anno su un campione di circa 950 aziende con almeno un miliardo di dollari di fatturato annuale, rinnova la fotografia. Per analizzare i progressi, i freni alla diffusione, le diverse fasi di maturità e capire l’impatto a breve termine del Covid-19 sugli investimenti in AI.
Da uno studio ricchissimo di dati proviamo a delineare alcune direttrici guida, tenendo presente che non si tratta di un’analisi solo sulle indicazioni di spesa, ma si punta a capire quale sia il reale impatto sui risultati: nella capacità di innovazione e nell’incremento di fatturato; nell’efficienza organizzativa e nel risparmio di costi; nell’aumento del livello di sicurezza e nel conseguente impatto sulla fiducia del brand, e così via.
Innanzitutto, va sottolineato che se il 53% delle organizzazioni ha ormai lasciato la fase pilota e di PoC, sono ancora solo il 13% (nello studio i cosiddetti AI at scale leaders) le aziende che sono state in grado di raggiungere, misurandoli con chiarezza, sostanziali benefici diffondendo molteplici applicazioni di AI attraverso i differenti team funzionali dell’azienda.
Perché questa percentuale ancora relativamente bassa? Perché è un problema di determinazione al cambiamento. Diffondere l’AI in impresa (con analytics evolute basate su AI e machine learning), significa spingere queste soluzioni fino a un utilizzo business oriented totale e diffuso (e non solo parziale o nella ricerca, con singoli piccoli progetti, di efficienza operativa); per questo devono essere introdotte e utilizzate in modo esteso e a vari livelli practice Agile, destrutturando, almeno in parte, rigidi modelli organizzativi e processi. Poi serve utilizzare moderne piattaforme tecnologiche dedicate a queste soluzioni; adattare corretti modelli operativi e di governance per allineare le iniziative AI agli obiettivi strategici; misurarne l’impatto ed essere in grado di modificare practice consolidate ma talvolta inefficienti; sviluppare adeguati skill diffusi sia all’interno dell’organizzazione sia ricorrendo a un ecosistema di partner per portare davvero i dati e le soluzioni di AI al centro della cultura di impresa e della sua azione sul mercato. Tuttavia, come rimarca lo studio, la metà del campione che ha lasciato la fase prototipale già significa molto nella direzione di un cambiamento del substrato infrastrutturale di impresa verso questo tipo di soluzioni (figura 1).
Il Covid-19 rischia di aumentare il gap relativo ai trend di diffusione dell’intelligenza artificiale
Nell’analisi dei settori, tra quelli che più stanno impegnandosi nella trasformazione digitale in chiave AI troviamo il Life-science (scienze biologiche), dove la maturità e la diffusione delle soluzioni riguarda il 27% del campione (le società farmaceutiche hanno sviluppato significativi progetti in aree quali sviluppo nuovi farmaci, diagnostica, analisi dati da fonti quali genomica, wearable, social media, sperimentazioni cliniche, riconoscimento immagini e monitoraggio remoto dei pazienti), seguito dal Retail, con il 21% e dai Consumer product e Automotive, entrambi con il 17%.
Tuttavia non si può non considerare l’impatto che la pandemia sta avendo sul percorso di diffusione di queste tecnologie. Se infatti i leader AI non hanno rallentato le iniziative (confermate per il 78% della fascia) e per alcuni, probabilmente proprio per la situazione contingente hanno addirittura accelerato nella diffusione di tecnologie AI, tra le organizzazioni in difficoltà in questa fase di rallentamento del mercato, ben il 43% ha sospeso gli investimenti in progetti di AI per mancanza di un immediato impatto sul business, mentre un altro 16% ha interrotto ogni investimento in quest’ambito (figura 2).
È un dato preoccupante per il gap che si può estendere (poi difficile colmare) tra chi continua nello sviluppo di progetti AI e chi sta rallentando. Anche perché il Covid-19 sta cambiando in modo strutturale alcune abitudini sociali consolidate. Ad esempio, sempre una recente ricerca Capgemini dei primi mesi 2020 svolta su circa 1.000 executive ha messo in luce, nel 73% delle risposte, la convinzione che anche dopo la pandemia i consumatori preferiranno nuove modalità intelligenti di relazione, contatto e collaborazione (tutte tecnologie innervate di soluzioni di AI) evitando, laddove possibile, interazioni umane e ricorrendo ad assistenti vocali, riconoscimenti facciali, intelligent Bot, con una potenziale crescita di attività e transazioni on line.
Benefici: evidenza sullo sviluppo del business
Il tema della rilevazione dei benefici tangibili, derivati dall’uso dell’AI, è attuale e complesso. Non è infatti semplice capire quanto la tecnologia, da un lato, le differenti practice delle persone, dall’altro, o piuttosto l’insieme delle due cose incidano sui risultati finali. Tuttavia è chiaro, almeno per il gruppo dei leader AI, che il 97% di questi ha rilevato benefici quantificabili, e che ben il 94% ha dichiarato di avere avuto benefici che rispondevano appieno alle aspettative o addirittura superato quest’ultime (figura 3). I benefici sono distribuiti nelle diverse aree aziendali.
Lo studio rileva che, ad esempio, sempre tra i leader, il 79% ha rilevato un incremento di performance nelle vendite (contro il 32% delle imprese che hanno rallentato la diffusione di soluzioni AI), mentre resta bassa (36%), anche tra i leader AI, la rilevazione di benefici a livello operativo e di efficienza, eliminando task ripetitivi e manuali. Marcata è quindi nel campione l’efficacia dell’AI sullo sviluppo del business (figura 4 e 5).
Quattro principi per diffondere l’AI in impresa
Chiamateli princìpi, modelli o metodologie, di fatto l’introduzione di AI in azienda, perché dia risultati, non può seguire una normale implementazione di tecnologie IT, ma deve avere un contesto di trasformazione che valorizzi le potenzialità delle soluzioni. Capgemini, misurando su questi principi quanto il campione di aziende della ricerca sta facendo, ha definito quattro ambiti di riferimento:
1 – Empower
Definire approcci ed elementi base forti per consentire un facile accesso a dati certi e di qualità attraverso i giusti dati, le piattaforme di AI e i tools necessari accoppiando queste tecnologie ad adeguate practice Agile.
È inutile pensare allo sviluppo di applicazioni AI senza la messa a punto di una seria data governance strategy che preveda, tra le altre cose, comprensione e identificazione delle fonti di dati, data catalogs (metadati con funzionalità di ricerca e di gestione) per agevolare il lavoro collaborativo di data scientist e data engineering nell’analisi dei dati, considerando che la ricerca evidenzia come, sempre tra i leader AI, la terza ragione principale dell’implementazione di successo dell’AI in impresa sia stata proprio “la capacità di strutturare e armonizzare la complessità della raccolta dati dalle diverse fonti e piattaforme”. Il tutto su una base di data quality, data privacy e naturalmente, data security/protection.
2 – Corretto modello operativo
Esistono, a seconda delle diverse imprese, diversi modi di fondere correttamente nelle operations dell’azienda le soluzioni di AI.
Tuttavia, sollecita lo studio, serve considerare un approccio in cui sia presente un team centrale in grado di guidare e gestire le adeguate policy di attuazione e le strategie, con funzioni orientate a facilitare la collaborazione, l’ottimizzazione di risorse, assicurare l’evidenza rapida dei risultati, definire chiaramente una divisione di ruoli e responsabilità, in una dimensione collaborativa ed Agile, tra il centro e le business unit aziendali.
Forte governance ed executive sponsorship sono le condizioni imprescindibili per spingere la diffusione delle soluzioni e il loro utilizzo capillare e quotidiano. Questo modello di governance e policy centralizzate ma di execution distribuita, consente alle imprese di garantirsi velocità e autonomia, dando le giuste priorità, e di coinvolgere di continuo nei progetti le diverse business unit (figura 6).
Le soluzioni di AI, per la loro natura di analisi e di autoapprendimento continuo, se correttamente implementate impattano in modo marcato sulle attività aziendali e sulla relazione azienda-consumatori. Per questo, sottolinea lo studio, va data una particolare attenzione alla creazione di un framework di governance focalizzato all’etica delle soluzioni implementate. Non si tratta di aspetti filosofici, ma di disegnare reali impatti sul business: le soluzioni devono essere sviluppate e utilizzate senza infrangere le regole di rispetto e di privacy delle persone; devono essere trasparenti, interpretabili, verificabili in modo che le indicazioni proposte da questi sistemi possano essere seguite con fiducia dagli utenti in quanto sicuri della loro affidabilità.
L’approccio etico all’AI, reso esplicito al mercato, rappresenta un sicuro viatico di credibilità dell’azienda rispetto ai consumatori, che si affidano con maggiore fiducia al brand e all’interazione con l’azienda e con i suoi prodotti/servizi. Questo è un punto che marca una chiara differenza tra gli AI leader e le altre aziende. I leader, infatti, nel 90% dei casi dichiarano di aver ben dettagliato come e perchè i loro sistemi producano determinati output, mentre tra le aziende con un’implementazione non pervasiva dell’AI lo dichiara soltanto il 29% (figura 7).
La diffusione delle soluzioni di AI, dice lo studio, passa inoltre da una vera collaborazione business-IT. I dati confermano che questi progetti non sono portati avanti dall’IT né dalle business unit, ma dalla combinazione e collaborazione continua tra queste due componenti (figura 8)
3 – Nutrire, far crescere
Servono, per questi progetti, diverse competenze e professionalità: dagli architetti che disegnano le soluzioni e le integrano nell’esistente infrastruttura IT, ai data engineer, data scientist, data strategist; poi figure esperte nella costruzione etica, figure di supporto al change management culturale e dei processi…Fondamentale quindi la collaborazione tra questi profili che non possono essere tutti presenti in azienda, ma si devono trovare anche all’interno di un ecosistema di partner che deve essere coltivato e fatto crescere con l’obiettivo della diffusione culturale e di utilizzo dell’AI in azienda. Importante anche coinvolgere senior strategic leader aziendali, sensibili e ingaggiati su questi progetti, per garantire l’effettiva diffusione a livello di impresa. Tutte figure non facili da reperire o da formare (figura 9).
4 – Monitorare e amplificare
Alcuni modelli di AI disegnati in azienda rischiano di diventare obsoleti una volta in produzione se non ben monitorati. Ad esempio un algoritmo di AI applicato al demand planning, se non di continuo governato (porre attenzione al cambiamento nella natura dei dati e alle relative informazioni/interpretazioni che ne derivano) va a condizionare a catena in modo errato l’inventario, la produzione, la pianificazione del lavoro, l’approvvigionamento, ecc.
Per questo le imprese devono mettere a punto modelli basati sulla comprensione della loro vulnerabilità a questa “deriva qualitativa” dei sistemi, usando piani di correzione e un sistema di monitoraggio qualitativo continuo, lavorando sull’affinamento costante delle tecniche di modellizzazione da implementare. E attivando sistemi di collaborazione, diffusione/amplificazione dei meccanismi di correzione sull’intero ecosistema.
Mai come l’attuale pandemia può determinare un cambiamento profondo nei modelli di interpretazione dei sistemi di AI rispetto ai parametri che definivano i mercati (trend della domanda mutato con differenti velocità nei vari segmenti di consumatori, ecc) prima del Covid-19. A pandemia finita, avremo dinamiche di vendita e di acquisto probabilmente differenti da quelle del passato. Anche su questi elementi andrà riparametrato il lavoro degli algoritmi. Con un’organizzazione aziendale però, che per tecnologie implementate, modelli organizzativi, competenze ed ecosistema di partner, sarà in grado di farlo in modo continuo nel tempo.