In Italia il 56% delle grandi imprese ha già avviato progetti di Artificial Intelligence (AI) anche se ancora in fase embrionale. La maggioranza è orientata a soluzioni di Intelligent Data Processing (il 35% dei casi) e di Virtual Assistant/Chatbot (25%), mentre sono quasi assenti le applicazioni a sostegno dei processi interni delle aziende. I settori più avanti nell’adozione di progetti di intelligenza artificiale sono banche, finanza e assicurazioni, automotive, energia, logistica e telco. Sono questi alcuni dei risultati evidenziati dall’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano, basato su una ricerca che ha analizzato 721 imprese e 469 casi di utilizzo di AI, riferibili a 337 imprese internazionali e italiane.
Il principale valore della survey deriva dallo sforzo non circoscritto alla definizione di AI o alle frontiere della ricerca, ma all’analisi delle aree applicative e loro densità, dei progetti concreti in campo, dei percorsi di adozione.
Per farlo sono state identificate otto classi di soluzioni, fra loro molto eterogenee, all’interno delle quali sono stati collocati i casi analizzati, evidenziando che i progetti di cui più si parla non sono necessariamente quelli a cui le aziende rivolgono la maggior attenzione (figura 1).
Le categorie sono così state aggregate:
- Autonomous Vehicle (7% dei progetti); si riferisce a qualunque mezzo a guida autonoma adibito a qualunque tipo di trasporto su strada, marittimo o lacustre, aereo… compresi i droni.
- Autonomous Robot (4% dei progetti), in grado di muoversi, manipolare oggetti ed eseguire azioni senza intervento umano, traendo informazioni dall’ambiente circostante e adattandosi a eventi non previsti o codificati.
- Intelligent Object (7% dei progetti), in grado di eseguire azioni e prendere decisioni senza richiedere l’intervento umano, interagendo con l’ambiente circostante e sensori e attuatori e apprendendo dalle azioni delle persone che interagiscono con essi.
- Virtual Assistant/Chatbot (25% dei progetti); consistono in agenti software in grado di eseguire azioni ed erogare servizi a un interlocutore umano, basandosi su comandi e richieste recepiti attraverso una interazione in linguaggio naturale.
- Recommendation (10% dei progetti). Si tratta di soluzioni orientate a indirizzare le preferenze, gli interessi, le decisioni dell’utente, basandosi su informazioni da esso fornite, in maniera indiretta o diretta.
- Image Processing (8% dei progetti), per analisi di immagini o video per il riconoscimento di persone, animali e cose presenti nell’immagine, il riconoscimento biometrico e, in generale, l’estrazione di informazioni dall’immagine/video.
- Language Processing (4% dei progetti) prevede capacità di elaborazione del linguaggio, per la comprensione del contenuto, la traduzione, fino alla produzione di test in modo autonomo, a partire da dati o documenti forniti in input.
- Intelligent Data Processing (35% dei progetti); in questa categoria rientrano le soluzioni che utilizzano algoritmi di intelligenza artificiale su dati strutturati e non strutturati, per estrarre l’informazione presente nel dato e per avviare, in conseguenza, reazioni.
Non sempre i settori dove i progetti sono più numerosi corrispondono a uno stato maggiore di avanzamento. Infatti le aree con progetti più avanzati sono le recommendation (62%), il language processing (50%) e il virtual assistant/chatbot (40%), oltre al più generico intelligent data processing (42%) (figura 2).
La ragione per cui molti progetti sono ancora allo stato embrionale deriva dalla necessità di investire risorse importanti (non solo di tipo economico) nelle fasi iniziali. Sono infatti raramente disponibili soluzioni già pronte e viene richiesto molto impegno sia in fase preparatoria (infrastrutture, patrimonio informativo, competenze e cultura) sia in corso d’opera (addestramento del sistema e miglioramento) per garantire il successo di un progetto. L’impegno non si ripaga in tempi brevi, ma solo successivamente con ritorni anche importanti in termini di know-how accumulato e di vantaggio competitivo difendibile.
Confrontando il comportamento delle imprese italiane con quelle europee, si evidenzia che, nonostante sia inferiore il numero di progetti avviati (56% contro il 70% di Francia e Germania), si prediligano ambiti applicativi maturi, dove i benefici siano maggiormente documentati e più rapidamente realizzabili. Il 52% del totale delle applicazioni risulta dunque a regime, mentre il restante 48% si suddivide in idee progettuali, progetti pilota e in implementazione. In termini di aree di applicazione, le imprese italiane sono allineate con il comportamento internazionale: al primo posto le applicazioni orientate al cliente, innanzi tutto i virtual assistant/chatbot.
L’artificial intelligence journey, per scegliere la roadmap
Per accelerare e accompagnare il cammino delle imprese nella fase di avvicinamento all’intelligenza artificiale, l’Osservatorio Artificial Intelligence ha sviluppato un modello a livello sia di singola impresa sia di sistema. Il primo per supportare l’organizzazione nella comprensione delle dimensioni di cambiamento nel percorso di adozione di soluzioni di AI, il secondo per capire la maturità delle imprese italiane e misurare, nel tempo, il completamento del percorso. Le imprese possono utilizzare il modello proposto che consente di valutare il loro posizionamento (e anche auto-valutarsi) analizzando cinque dimensioni: metodologie e algoritmi, organizzazione e competenze, cultura aziendale, relazione con il cliente, dati e patrimonio informativo. Queste scelte derivano dall’analisi sui casi esaminati e dalle esperienze nella relazione con le singole imprese oggetto della ricerca. Per ciascuna di queste dimensioni vengono definiti quattro livelli di maturità.
Who's Who
Giovanni Miragliotta
Uno degli esempi portati da Giovanni Miragliotta, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence, riguarda il caso della dimensione metodologie e algoritmi: “Si può spaziare dal caso in cui la conoscenza sia limitata, per cui si suggerisce l’impiego di applicazioni di off-the-shelf (per esempio per la traduzione di speech text) fino ad arrivare, in casi di maturità delle competenze, allo sviluppo in casa delle logiche, degli algoritmi e della combinazione dato-metodologia che diventa proprietà intellettuale dell’azienda portando differenziale competitivo”.
L’impatto sul lavoro e sull’occupazione
La ricerca ha affrontato anche i timori sulle ripercussioni negative dell’intelligenza artificiale sull’occupazione analizzando le precedenti rivoluzioni industriali: “Nel passato, a partire dalla prima rivoluzione industriale, l’automazione ha messo fuori gioco alcune fasce di lavoratori, ma, al tempo stesso, ha fatto scendere i prezzi e aumentare la domanda che a sua volta ha generato nuova occupazione in un circolo positivo virtuoso”, sostiene Miragliotta.
Per capire in cosa la fase attuale differisca dal passato si sono analizzate le opinioni dei grandi istituti di ricerca internazionali, studiosi ed esperti che hanno posizioni molto differenziate. Queste hanno però una base comune: non si deve parlare di posti di lavoro, ma di task all’interno di una certa posizione lavorativa. Così facendo emerge che per un dato stato di maturazione solo alcune attività sono considerate automatizzabili, mentre il resto della professione resta del tutto “protetto”.
Ma cosa insegna l’analisi dei casi concreti? “Chi si sta avvicinando all’AI lo fa con forte consapevolezza e attenzione: si automatizzano mansioni ripetitive e pericolose. Nella fase di transizione, 8 imprese su 10, nell’introdurre l’AI hanno fatto crescere il numero di dipendenti, i 2/3 dei quali hanno professionalità di alto profilo; un tema che riporta al centro la necessità della formazione e della riconversione”, spiega Miragliotta.
Altre considerazioni riguardano i tempi lunghi dell’attuale fase di transizione (per garantire che le performance delle macchine superino quelle dell’uomo), tali da garantire la possibilità di riposizionare l’organizzazione e le competenze. Infine, il focus delle imprese nella selezione dei progetti AI non è tanto sull’efficienza interna quanto sulla capacità di offrire ai clienti migliori servizi e dare risposte alle esigenze percepite.
“Il tema dell’AI è di grande rilevanza e va affrontato senza eccessi di ottimismo né di diffidenza. Serve grande attenzione alla formazione permanente, evitando di mettere fuori mercato fasce rilevanti della popolazione; al tema regolatorio, non tanto per frenare l’accesso all’AI, ma per non spezzare il nesso fra miglioramento della produttività e sostegno della domanda; alla responsabilità di impresa in un progetto strategico che dia risposta alle preoccupazioni e alle aspettative della forza lavoro”, conclude Miragliotta.