Da sempre l’innovazione viaggia più veloce e le normative, senza troppe speranze, ne rincorrono le ondate. Sta accadendo per l’ennesima volta: l’AI Act che l’Unione Europea sta ultimando, rischia di essere già vecchio. Non si tratta di un caso di obsolescenza programmata in ambito legale. Il problema è che la regolamentazione in questione non prende in considerazione l’universo delle AI generiche come ChatGPT. Peccato che sono proprio quelle che oggi spopolano e vanno già oltre ciò che viene preso in considerazione dai legislatori.
Indice degli argomenti
Un summit per regolare le AI pronte a tutto
Sono i membri stessi del Parlamento Europeo ad autodenunciare questo problema, sottolineando che sono necessarie nuove leggi dedicate. È evidente che quando l’idea dell’AI Act è nata, si era ben lontani dall’odierna situazione in cui ChatGPT, e simili, hanno fatto capolino nella vita di tutti. La tecnologia è imprevedibile e, anche stavolta, ha fatto un balzo in avanti più ampio del previsto, anche dal punto di vista mediatico.
La legge europea sull’IA è attualmente in discussione. I 12 legislatori che ci stanno lavorando hanno a gran voce fatto notare che questo strumento legislativo basato sul rischio, è stato concepito per coprire solamente casi specifici di utilizzo dell’AI ad alto rischio. Ben poco ha quindi a che fare con i modelli linguistici “large” che oggi stanno proliferando. All’unanimità emerge la necessità di un pacchetto complementare di regole preliminari in grado di gestire lo sviluppo e la diffusione di potenti sistemi di AI per scopi generali, ovvero che possono essere facilmente adattati a una moltitudine di scopi.
Con una esplicita e chiara lettera aperta, i legislatori si sono rivolti alla Presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen e al Presidente degli Stati Uniti Joe Biden per chiedere di organizzare un vertice globale sull’intelligenza artificiale. Sarebbe un modo per riunire attorno a un tavolo tutti coloro che stanno provando a normare le nuove frontiere raggiunte dall’AI. L’obiettivo comune dovrebbe essere quello di fare in modo che ogni soluzione presente e futura sia incentrata sull’uomo, sicura e affidabile.
Tutto il mondo vuol mettere le briglie all’AI
La lettera aperta non è il primo segnale di preoccupazione proveniente dal mondo dei legislatori. In modo frammentato e tutt’altro che coordinato, sono state già fatte delle mosse per cercare di mettere ordine e confini attorno all’AI. Se le Francia, il Canada e la Spagna hanno avviato indagini su ChatGPT, causa mancato rispetto della privacy, l’Italia è andata un passo oltre. Il nostro Garante per la protezione dei dati personali ha infatti temporaneamente bloccato l’accesso al chatbot, sbloccando la creatura di OpenAI solo dopo un confronto e l’adeguamento alle norme europee.
Anche fuori dall’Europa non mancano tentativi di regolamentazione di questa tecnologia. Il suo rapido sviluppo e la sua capillare diffusione, ha spiazzato un po’ tutti. India e Cina si stanno organizzando in termini di norme, restrizioni e “massimo controllo” da parte del governo. Con un altro stile, si stanno muovendo USA e Regno Unito. Quest’ultimo ha pubblicato un libro bianco che mira a regolamentare l’AI, facendo grande attenzione a non ostacolarne il business e a non scoraggiare chi ci vuole investire. Gli Stati Uniti, invece, hanno aperto una raccolta di “commenti pubblici”, per orientare le potenziali politiche di controllo dei sistemi di AI. L’idea, affatto malvagia, sarebbe quella di obbligare le aziende a sottoporsi a una valutazione indipendente dei prodotti di AI, prima della loro immissione sul mercato.