Durante il recente Cisco Live EMEA 2025, fra i tanti temi emersi ce ne sono 3 che per i CIO possono assumere un’importanza particolare: il processo di adozione dell’AI e i concetti di semplificazione e resilienza digitale. Ne abbiamo parlato con Enrico Mercadante, Managing Director Networking EMEA di Cisco.
Secondo una recente ricerca di Cisco, meno del 2% dei CEO si sente attualmente pronto per adottare l’intelligenza artificiale. Come valuti il divario tra le aspettative sull’AI e la realtà, specialmente considerando le difficoltà nel passaggio dal proof of concept all’implementazione operativa su larga scala?
Siamo ancora agli inizi, ma i miglioramenti avvengono quotidianamente in modo esponenziale. Il focus si sta spostando dalla sola elaborazione del linguaggio alla modellazione del mondo reale, puntando a utilizzare l’AI per semplificare la nostra interazione con esso. In Italia, l’interesse è palpabile, alimentato dall’hype, ma è fondamentale tradurre questo entusiasmo in applicazioni concrete. Anche in passato abbiamo vissuto momenti di hype. Con l’AI però questi cicli di hype sono molto più brevi. La posizione attendista non paga. Gli executive aziendali devono urgentemente sviluppare una strategia AI chiara per non perdere terreno nella competizione globale. Se un’azienda riesce a trovare la “ricetta” giusta per l’AI nel suo specifico mercato verticale, può distanziare significativamente i concorrenti. Questo richiede di superare il divario tra le aspettative iniziali e la capacità di implementare soluzioni efficaci, il che implica un change management di livello superiore.
Cosa intendi di preciso?
La tecnologia AI è in gran parte pronta, specialmente nel campo dei modelli linguistici. La sfida principale è il change management, che richiede una leadership forte, la capacità di prendere rischi calcolati e fare scelte coraggiose. È fondamentale integrare l’AI nei processi aziendali, prestando la massima attenzione a confidenzialità, cybersecurity e privacy.
L’integrazione dell’AI nei processi aziendali richiede un bel lavoro di allineamento fra aree aziendali e IT..
Sono convinto che l’AI faciliti l’allineamento tra business e IT, consentendo un’interazione in linguaggio naturale anziché attraverso complessi documenti formali. L’AI permette ai team di business e IT di collaborare più strettamente nella progettazione e nello sviluppo di nuovi servizi, accelerando i tempi di implementazione e garantendo che le soluzioni soddisfino le reali esigenze aziendali, lavorando per iterazioni. Questo approccio favorisce un change management più efficace, coinvolgendo attivamente i dipendenti e promuovendo una cultura di innovazione.
Come bilanciare la necessità di sperimentare con use case specifici e lo sviluppo di una strategia AI di ampio respiro?
È essenziale perseguire entrambi gli approcci. I POC e gli esperimenti tecnici facilitano la collaborazione fra team e aumentano la familiarità con l’AI. Vedere l’AI in azione, trasformando processi disegnati sulla carta in normalità, aumenta la confidenza nell’utilizzo della tecnologia. Parallelamente, è indispensabile una strategia a lungo termine per definire il vantaggio competitivo in un mondo trasformato dall’AI. Bisogna immaginare come l’azienda si differenzierà sul mercato tra cinque anni, sfruttando l’AI e altre tecnologie per creare un’offerta unica. Questo approccio “strabico”, come quello del camaleonte, permette di adattarsi al presente senza perdere di vista il futuro. L’introduzione dell’AI deve essere accompagnata da una strategia che consideri sia l’adozione di soluzioni esterne sia lo sviluppo interno, bilanciando i vantaggi di entrambi.

Il make o il buy sono in alternativa o possono procedere in parallelo?
Credo che il modello ibrido sia l’approccio ideale. Questo vuol dire adottare soluzioni AI “standard” per compiti generici e sviluppare internamente tool per gestire i dati sensibili e strategici, proteggendo così la competitività aziendale. Il volume di dati a disposizione delle aziende rappresenta una risorsa fondamentale per il progresso dell’AI, ma richiede un’implementazione tecnologica e una strategia ben definite. È fondamentale definire una data strategy che permetta di utilizzare i dati in modo efficace e sicuro. Mi aspetto che saranno gli agenti AI a occuparsi dei flussi operativi attingendo a un datalake comune. Ma questo datalake va creato
Hai parlato di “data strategy”. Qual è la tua valutazione sulla data strategy delle aziende italiane?
Le aziende italiane sono ancora indietro nella strutturazione di data strategy efficaci. Spesso, i dati sono isolati in silos tecnologici, rendendo difficile l’estrazione, l’analisi e l’utilizzo per prendere decisioni. L’acquisizione di Splunk da parte di Cisco, ad esempio, mira a creare un’interfaccia tra questi silos di dati, fornendo dashboard comuni per il management e facilitando l’accesso alle informazioni necessarie per le decisioni strategiche. Questo è un primo passo per superare la frammentazione dei dati, ma richiede tempo e un approccio strategico.
Come affrontano i CIO la complessità derivante dalla coesistenza di sistemi legacy e nuove tecnologie?
La complessità è una sfida inevitabile e intrinseca all’evoluzione tecnologica. Tuttavia, è essenziale gestirla efficacemente. Nelle reti, ad esempio, l’aumento degli endpoint e della superficie di attacco richiede un cambio di paradigma: bisogna spostare le risorse dalla gestione degli incidenti (spegnere gli incendi) alla costruzione di sistemi di prevenzione (sistemi antincendio), attraverso l’adozione di piattaforme integrate, l’automazione dei processi e l’implementazione di AI operations. Questo approccio permette di liberare risorse umane preziose per attività più strategiche, come la progettazione e l’implementazione di sistemi avanzati di cybersecurity e la gestione proattiva della rete. Si pensi alla supply chain: La supply chain digitale è diventata critica quanto la supply chain fisica; un’interruzione può avere conseguenze globali, come dimostrato da recenti incidenti. Pertanto, investire nella digital resilience è fondamentale per garantire la continuità operativa e la fiducia dei clienti e degli investitori. L’Italia è leggermente indietro rispetto ad altri paesi europei nell’adozione dell’automazione delle AI operations, ma è fondamentale recuperare terreno per rimanere competitivi.