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Next Gen AI: il motore del cambiamento

Dopo il rally di inizio anno, la curiosità nei confronti dell’AI si è un po’ “seduta”. Ma questo non deve trarre in inganno: la prossima ondata AI promette di essere molto più pervasiva

Pubblicato il 16 Nov 2023

Immagine di Deemerwha studio su Shutterstock

Si può dire che il 2023 sia stato l’anno di consacrazione dell’intelligenza artificiale agli occhi del pubblico mainstream. L’enorme risonanza mediatica ricevuta a inizio anno dal fenomeno Chat GPT e il susseguente rally borsistico di tutte le azioni del comparto AI (Nvidia in primis) ha fatto sì che per un certo periodo le problematiche legate all’intelligenza artificiale fossero diventate un argomento di conversazione quotidiana.

Se l’interesse negli ultimi tempi sembra essersi ridimensionato, non per questo lo sono anche gli sforzi degli sviluppatori e dei produttori di sistemi basati su intelligenza artificiale. Anzi, la ricerca e lo sviluppo sono sempre più attivi e, grazie alle risorse computazionali sempre più potenti, stanno proponendo soluzioni che saranno in grado di dare un significativo impatto a diversi ambiti della tecnologia e del nostro stile di vita. Gli ambiti di impiego sono svariati. Prendiamone ad esempio due, che spaziano da contesti familiari alla nostra quotidianità, come ad esempio la gestione del traffico, ad ambiti estremamente specialistici, come la chirurgia robotica.

Applicazione dell’AI nella medicina chirurgica

Attualmente certe operazioni chirurgiche delicate vengono eseguite con l’ausilio di bracci robotici, che replicano i movimenti del chirurgo filtrandoli dal tremore che, anche se molto ridotto, potrebbe compromettere il risultato di interventi di alta precisione. L’impiego dell’AI permetterà non solo ai bracci robotici di replicare movimenti umani, ma anche di assistere il chirurgo emettendo alert e dando feedback in tempo reale sullo stato dell’intervento, fino ad arrivare all’elaborazione autonoma di pattern di incisioni.

L’AI potrà prendere decisioni chirurgiche autonome elaborandole su modelli tridimensionali basati su big data ed analisi deep learning. L’intelligenza artificiale può infatti assorbire una quantità di dati maggiori di quanto possa apprendere un chirurgo umano durante la sua carriera, e accedere in tempo reale a una sterminata base dati in cloud, infinitamente maggiore alle esperienze che la memoria di un uomo può immagazzinare nel corso di tutta la sua vita professionale.

Controllo del traffico per strade più sicure

Le centrali di gestione del traffico utilizzano tecnologie di analisi video coadiuvate dall’AI, che analizza i dati raccolti in tempo reale per prevedere i modelli del traffico e coadiuvare nella creazione di una rete capace di gestire il costante aumento del numero e delle tipologie di mezzi in circolazione. I sistemi basati sull’intelligenza artificiale possono essere utilizzati per identificare incidenti stradali, rilevare guidatori contromano, eccessi di velocità o blocchi della circolazione.

Una volta rilevate, queste informazioni possono essere utilizzate per organizzare un intervento sul posto o per dirigere il traffico su percorsi alternativi. Se questo è il presente, in un prossimo futuro l’evoluzione del deep learning permetterà a queste centrali di impiegare l’AI non solo per l’analisi dei dati raccolti, ma anche per l’applicazione di software in grado di decidere azioni preventive o correttive con ridotta supervisione umana.

Il denominatore comune

La reazione istintiva provocata dalla lettura di questi due use case potrebbe essere, più che un’entusiasta fiducia nelle “magnifiche sorti e progressive”, un senso di disorientamento o di disagio. Secondo alcuni studi psicologici, questa è una reazione comprensibile dettata dall’istinto di autoconservazione umano. Le implicazioni dell’intelligenza artificiale possono intimorire perché chiedono all’uomo di delegare alla macchina certe azioni che ha sempre ritenuto non delegabili.

Se avete mai avuto occasione di salire su una Tesla in modalità auto pilota, la reazione iniziale è un misto di stupore e preoccupazione, proprio perché istintivamente è difficile accettare di delegare a un volante che si muove da solo la propria sicurezza stradale. L’analisi dei dati relativa a milioni di casi di guida, come a decine di migliaia di operazioni chirurgiche, evidenzia però che anche le attività basate su un complesso flusso decisionale, seppure in ambiti diversi, sono riducibili a un unico comune denominatore: un’ampia base dati (equivalente digitale dell’esperienza umana) e la velocità di esecuzione. Questi sono i due fattori che determinano l’abilità di un bravo pilota a reagire a un animale che attraversa all’improvviso la strada, o di un chirurgo di gestire un valore vitale fuori range. E, se c’è una cosa in cui la tecnologica eccelle, è proprio la raccolta dati e la velocità con cui elabora flussi decisionali basandosi su di essi.

L’invasione silenziosa

Le applicazioni dell’AI scivoleranno con più o meno clamore nella nostra quotidianità, affiancandoci nelle nostre routine lavorative e casalinghe. Le ridotte dimensioni dei wafer di silicio rendono disponibile anche ai device di piccola taglia una potenza di elaborazione sempre crescente, che permetterà all’AI di intrufolarsi nei nostri elettrodomestici, di farsi sempre più sentire dall’orologio che portiamo al polso, e di interagire con noi in qualsiasi luogo e situazione della nostra giornata.

Lo step culturalmente disruptive avverrà quando l’AI smetterà di darci “semplicemente” suggerimenti, ma inizierà a eseguire azioni prendendo decisioni autonome sotto limitato controllo umano. Il limite a questa escalation è solo nel surriscaldamento delle GPU video, le stesse schede di plastica e circuiti che venti anni fa sembravano solo un passatempo per nerd e che ora sono proiettate verso una sorta di dominio del mondo.

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