Occhi puntati sull’intelligenza artificiale e sulle magie e i capricci di quella generativa. Lo sono tutti, sia con lo sguardo da utenti “consumer”, sia, in certi casi, indossando le lenti di chi vuole fare leva su questa tecnologia per fare business. Questo alto livello di attenzione, che non accenna a calare, non si traduce sempre in concreti investimenti. Non spesso e non ovunque.
Promotore del Global AI Safety Summit 2023, il Regno Unito ne è la dimostrazione. C’è chi ha interrogato le sue imprese, scoprendo infatti che aleggiano ancora molte perplessità a riguardo.
Investimenti bloccati ai livelli di 5 anni fa
Senza in alcun modo negare una forte curiosità in merito agli sviluppi tecnologici e applicativi dell’AI, le aziende inglesi sembrerebbero in gran parte restie a scommetterci del denaro. Ciò è quanto emerge da un’indagine condotta dalla società di servizi digitali Nash Squared su un campione di 1.185 leader IT che sottolinea come solo una su dieci abbia implementato su larga scala qualsiasi tipo di AI. Ancora più significativo è il fatto che questa percentuale è la stessa degli ultimi 5 anni quindi, per ora, la “rivoluzione AI gen” si sta limitando alle intenzioni e alle prospettive, senza andare a toccare più di tanto i budget IT.
Questo dato va associato ad altri che creano un contesto più completo e comprensibile di ciò che sta avvenendo nel mondo del business. I numeri riguardano il Regno Unito, ma potrebbero rispecchiare un approccio imprenditoriale più astrattamente trasversale, proprio come lo è la tecnologia che fa da protagonista. Nella stessa indagine, infatti, si riporta che solo il 12% dei leader IT intervistati ritiene la propria organizzazione realmente pronta ad affrontare le esigenze dell’AI generativa. Non c’è da stupirsi di questo loro “sentiment”, visto che solo il 21% ha una specifica policy relativa all’AI e il 37% non se ne sta per nulla occupando.
Fino a qui sembrerebbe che la nuova ondata tecnologica abbia solo sfiorato le aziende britanniche, ma non è così. Se si esplora meglio la situazione, si trova chi si sta muovendo. Lo sta facendo però molto cautamente, sperimentando le potenzialità AI attraverso progetti su piccola scala, in corso in quasi metà delle aziende, anche se solo raramente di AI generativa.
In attesa di regole “segnavia” più chiare
Svolta in autunno, questa ricerca non fa che confermare il trend fotografato da Gartner prima dell’estate. Quello di un’AI molto interessante, ma ancora poco meritevole di investimenti concreti lato spesa IT.
All’interno di una spesa mondiale di 4,7 migliaia di miliardi di dollari prevista nel 2023, infatti, l’AI non ha un forte peso secondo i dati Gartner. Quando compare, è soprattutto per via dei vendor, per ora i più propensi a spendere per lo sviluppo dell’AI. Molto meno lo sono i loro clienti che, forse in ottica futura, tendono però a prediligere i provider che con maggiore destrezza provano a utilizzare l’AI. Per ora non ci investono direttamente, quindi, ma vogliono avere a che fare con chi potrà permettere loro di farlo nei prossimi mesi o anni.
Gli analisti prevedono che l’AI diventerà presto un must have per tutti gli operatori di mercato e una commodity per le aziende. Ma a rendere tutto ciò un orizzonte lontano e non attuale sono soprattutto le preoccupazioni legate alla privacy dei dati, che frenano quasi il 40% dei leader IT. Uno scoglio noto da tempo e che appare sempre più ingombrante e frenante, uno scoglio inevitabile visto quanto sono essenziali i dati stessi per l’AI. Appena sarà risolto, almeno parzialmente, si potrebbe assistere è una valanga di investimenti nell’AI, motivo per cui una regolamentazione e una data governance dell’AI sono più importanti e urgenti che mai. Agli imprenditori servirebbe un framework con regole etiche e linee guida che dia una rotta all’ecosistema imprenditoriale nei prossimi passi e che li faccia sentire meno disorientati di fronte alle incognite dell’innovazione tecnologica. Perché possa continuare a essere una leva per il business e non un destabilizzatore.