I bot risponditori basati sull’Artificial Intelligence (AI) possono essere di grande aiuto nella relazione con i clienti ma, per riuscire a migliorare le proprie capacità di comprensione, necessitano di molta pratica. A questo fine è fondamentale l’analisi dei cosiddetti “scarti”, ossia gli eventi che generano la non comprensione delle richieste degli utenti e determinano generalmente l’interruzione della conversazione.
Poste Italiane ha messo a punto una metodologia e un’organizzazione di lavorazione degli scarti per trasformarli in valore e aumentare così la capacità di autoapprendimento di questi assistenti digitali. Il risultato è l’ampliamento del vocabolario dei bot, la crescente abilità di comprendere le richieste fatte nelle diverse sfumature dialettali italiane, l’aumento delle soluzioni proposte.
In occasione del convegno presentazione del Report 2022 dell’Osservatorio Artificial intelligence del Politecnico di Milano, Silvia Pontarelli, responsabile dei modelli assistenza clienti di Poste Italiane, illustra l’esperienza degli ultimi due anni, durante i quali ha guidando la trasformazione del customer care. In questo periodo l’impiego dell’AI, sotto forma di voicebot e chatbot, ha svolto un ruolo centrale per migliorare le relazioni fra i clienti e l’azienda. “L’obiettivo era rendere l’utente sempre più autonomo nella richiesta di assistenza su problematiche semplici, liberando l’operatore a vantaggio di attività più complesse”, spiega Pontarelli. Poste Italiane ha scelto di esportare questa trasformazione su tutti i canali, su tutte le unità di business, su tutti i comparti.
Il lock down ha impresso un ulteriore impulso, che si è tradotto nella scelta di attivare il voice bot per i servizi PostePay e per fornire informazioni importanti ai clienti come, ad esempio, il momento più opportuno per ritirare la pensione agli sportelli evitando gli assembramenti. “Abbiamo deciso di utilizzare i voice bot per poter gestire una scalabilità importante” ricorda Pontarelli. “Ci siamo però inizialmente scontrati con la resistenza dei clienti al loro utilizzo e abbiamo dovuto registrare tassi elevati di abbandono della conversazione. Tuttavia, non ci siamo arresi, forti della consapevolezza che ogni novità può generare timore e necessita di tempo per essere assimilata”.
Poste ha così deciso di mettere a disposizione dei clienti informazioni e mezzi per aumentarne la fiducia. Ha, in particolare, attuato una comunicazione esplicita per spiegare al cliente come usare il mezzo e, per rassicurarlo, ha garantito l’intervento di un operatore umano in caso di fallimento del sistema automatico. “In brevissimo tempo siamo riusciti a portare a bordo la maggior parte dei clienti, ad aumentare in modo significativo i livelli di soddisfazione, a mettere in moto un circolo virtuoso di miglioramento delle conversazioni”, sottolinea.
Lo scarto genera valore
Poste Italiane, a partire dall’esperienza di circa 30 milioni di conversazioni supportate da AI nel corso del 2021, può oggi condividere quanto fatto su un tema come lo scarto, solo apparentemente accessorio ma in realtà di estremo valore. “Oggi l’economia e la società ci hanno abituato a un concetto nuovo di scarto, a cui viene attribuita un’accezione positiva, qualcosa che può essere recuperato attraverso il riciclo, una trasformazione utile per generare nuova vita e nuovo valore, come accade ad esempio per la carta, la plastica e il vetro” è la premessa di Pontarelli per arrivare al concetto di scarto inserito nel contesto dell’AI.
In questo caso il riferimento è a quelle parole ed espressioni nella conversazione con il cliente non comprese dal chatbot o dal voicebot. Con il dovuto parallelismo con gli esempi di riciclo a cui siamo abituati, lo scarto deve divenire un elemento di valore da recuperare per migliorare la comprensione dell’AI e da re-introdurre nell’economia circolare del dato stesso per generare sostenibilità ai fini della capacità di comprensione.
Nel realizzare questo meccanismo, Poste Italiane si è interrogata su quale fosse il tipo di organizzazione preferibile e come identificare le persone più adatte per lavorare al recupero dello scarto con le finalità fin qui indicate. “Abbiamo sperimentato la necessità di dedicare specifiche figure alla gestione dello scarto, nel ruolo di trainer, ossia allenatori dell’AI. Abbiamo identificato operatori e operatrici del contact center che abbiamo poi riqualificato per metterli in grado abbracciare questo nuovo mestiere, rinnovando il loro ruolo e contribuendo a rendere questa attività sostenibile anche rispetto ai trend futuri”, precisa Pontarelli.
I fattori di successo
Un elemento fondamentale è stata l’indicazione di obiettivi chiari per la gestione dello scarto. Poste ha scelto di focalizzarsi su due KPI: l’autostima dell’AI che misura quanto il sistema si senta sicuro di aver compreso il cliente e l’accuracy, che indica la capacità dell’AI di non confondersi.
Nel periodo 2019-2021, il sistema ha intercettato 8 milioni di scarti che sono stati processati da un team di 40 trainer, distribuiti su 4 siti geografici, che coincidono con alcuni call center di Poste. Ne sono risultati livelli di confidenza e di accuracy del 92% e del 70% rispettivamente, in linea con i valori di mercato o addirittura superiori. Il processo è inoltre riuscito a migliorare anche gli indicatori di customer satisfaction che, per l’uso di voice bot, si è attestato su una valutazione di 9 su 10 (in una scala da 1 a 10), e di 4 su 5 (su scala da 1 a 5), per il chat bot. Questi risultati derivano da un campione numericamente significativo, risultato del feedback richiesto a fine conversazione a tutti i clienti che hanno interagito con il sistema.
Sono tre i fattori di successo che Pontarelli evidenzia: organizzazione e ruoli, strumenti, visione dello scarto solo come punto di partenza:
Sul versante organizzativo, il team che si occupa degli scarti, costituito dalle 40 risorse sopra indicate, ha il compito di estrarre, dal garbage in ingresso, valore in uscita. Fin dal momento del lancio dei bot risponditori basati su AI, l’idea era di analizzare tutti gli scarti per costruire gli strumenti e i processi futuri, sempre più specializzati e automatizzati. Già oggi l’organizzazione prevede l’evoluzione con un doppio livello di trainer: il primo che propone l’allenamento per l’AI a seguito dell’analisi degli scarti; il secondo, un nucleo più ristretto, che approva le proposte. “Ne risulta un’ulteriore specializzazione dell’organizzazione che sta dando i suoi frutti a livello sia di accuracy sia di autostima”, è il commento.
Sul terreno degli strumenti impiegati, si è introdotta l’automazione nell’analisi degli scarti per poter sostenere volumi sempre più elevati e si è realizzata un’evoluzione degli strumenti per acquisire gli scarti in tempo reale e poter disporre di materiale fresco, eliminando via via lo scarto puro che non serve più. “Si è scelto di lavorare su campioni stratificati di scarti – precisa Pontarelli – Abbiamo infatti capito che, invece di aggredirli a livello di popolazione complessiva, è preferibile lavorare su campioni rappresentativi delle variabili di riferimento. Ci siamo così potuti concentrare, in termini di tempo e valore, sull’analisi vera e propria e sulla regressione dello scarto in quanto tale”.
Lo scarto non è infine considerato l’unico elemento, ma è solo un punto di partenza di un percorso per il miglioramento dell’AI. Rientra infatti all’interno di un modello più ampio dove l’analisi dello scarto viene integrata con i commenti dei clienti, con l’osservazione continua di quanto fa il mercato, con le survey quantitative, con gli eventuali abbandoni che si verificano lungo la filiera se le persone non si fidano del bot o non vogliono interagire con l’AI.
Gli sviluppi futuri: sempre più valore dallo scarto
Poste Italiane prevede in futuro l’utilizzo dello scarto come elemento di clustering, considerandolo espressione di un comportamento del cliente. Verrà dunque inserito in logiche di segmentazione per personalizzare e specializzare i modelli di assistenza basati su AI e per fare previsioni. “Lo scarto avrà nuova vita nella prospettiva di una conversazione basata non solo sul dialogo ma che punti sempre più a logiche di autoapprendimento e di open AI”, prevede Pontarelli.