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Dal futuro al presente: l’AI come leva per ripensare il business



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Il SAP Executive Summit 2025 ha invitato CIO e decision maker a ribaltare la prospettiva: non più partire dall’oggi per immaginare il domani, ma mettere il futuro al centro per interpretare il presente e definire le priorità d’azione. Il ruolo dell’intelligenza artificiale 

Pubblicato il 28 mar 2025

Vincenzo Zaglio

Direttore ZeroUno



Carla Masperi al SAP Executive Summit 2025

Con il titolo evocativo “Prima domani”, SAP ha dato un segnale chiaro: per affrontare le sfide attuali serve una visione prospettica e strutturata, in cui l’intelligenza artificiale non è solo uno strumento, ma un elemento “embedded”, invisibile, che permea i processi aziendali.

Il titolo del Sap Executive Summit 2025, “Prima domani”, evoca un messaggio importante che riflette bene la postura necessaria in questa fase di trasformazione. Come ha spiegato Carla Masperi, amministratore delegato di SAP Italia, “bisogna attivare un circolo virtuoso tra presente e futuro, per preparare meglio il primo guardando al secondo”. Al centro di questa riflessione, inevitabilmente, c’è l’intelligenza artificiale: una tecnologia abilitante, destinata a trasformare non solo i processi aziendali, ma anche i modelli organizzativi e i ruoli delle persone.

Le tre dimensioni del cambiamento con l’AI: economia, imprese, sostenibilità

L’AI, oggi, è riconosciuta come leva fondamentale per tre grandi sfide che coinvolgono aziende e istituzioni: la crescita economica, la resilienza dei sistemi produttivi e la sostenibilità. “L’AI contiene in sé il potenziale per aumentare la produttività, cambiare i processi decisionali e alleggerire attività manuali a basso valore aggiunto”, ha osservato Masperi. In un paese come l’Italia, segnato da una demografia decrescente, l’AI può rappresentare un’importante leva compensativa, soprattutto sul fronte della produttività del lavoro.

Anche sul piano ambientale, l’AI può contribuire in modo significativo: “La capacità predittiva dell’AI può aiutare a migliorare il waste management, supportare l’economia circolare e generare insight a supporto di strategie sostenibili”, ha aggiunto. Si tratta di una trasformazione profonda, che richiede tuttavia un’infrastruttura adeguata, un approccio orientato ai dati e la capacità di inserire l’AI nei processi in modo nativo.

La frammentazione come barriera all’AI

A frenare l’adozione dell’AI non è tanto la tecnologia, quanto la frammentazione: delle architetture IT, dei processi organizzativi e dei riferimenti normativi. Masperi ha individuato tre livelli critici: all’interno delle aziende, lungo le filiere e nei framework globali.

A livello aziendale, la frammentazione si traduce in silos applicativi e dati non armonizzati. “L’AI prospera solo in presenza di dati coerenti e connessi”, ha sottolineato. Le piattaforme fluide e le architetture cloud-native aiutano a superare questi limiti, ma il cambiamento richiede anche una forte volontà di semplificazione e standardizzazione.

Nelle supply chain, la frammentazione ostacola la collaborazione e l’efficienza. Un ecosistema integrato è essenziale per valorizzare l’AI lungo tutti gli snodi produttivi.

Infine, sul piano normativo, il proliferare di regolamenti sull’AI rappresenta un ulteriore ostacolo: “Oggi ci sono centinaia di framework diversi, spesso non armonizzati. Serve uno sforzo sovranazionale per garantire regole chiare ma non penalizzanti”.

Dalla GenAI alla Agentic AI

Un passaggio importante riguarda l’evoluzione dall’AI generativa – oggi diffusa soprattutto per casi d’uso focalizzati sull’utente singolo – verso la Agentic AI, ovvero agenti autonomi capaci di operare su processi complessi e distribuiti, con il coinvolgimento di più persone

“L’Agentic AI introduce la possibilità di orchestrare processi end-to-end tra più utenti, con agenti che interagiscono tra loro e forniscono all’utente finale insight articolati, lasciando a quest’ultimo la decisione”, ha spiegato Emmanuel Raptopoulos, Chief Revenue Officer SAP per APAC, EMEA & MEE. Un cambiamento che può portare miglioramenti di efficienza fino al 30% nei processi interfunzionali.

Superare il data divide: integrare dati strutturati e non strutturati

Per abilitare appieno questa evoluzione, è necessario colmare un’altra frattura: quella tra i dati strutturati (come quelli generati dai sistemi ERP) e quelli non strutturati (come email, documenti o segnali esterni). Raptopoulos parla di un vero e proprio “data divide”.

“La maggior parte dei modelli linguistici non è in grado di comprendere i dati applicativi senza una semantica di contesto”, ha osservato. “Un LLM può generare testo, ma non capisce una fattura perché manca il layer semantico”. Per questo SAP ha introdotto un livello intermedio, rappresentato dal Business Data Cloud, che connette i sistemi transazionali con i data lake esterni, mantenendo la semantica originaria grazie all’utilizzo di knowledge graph.

Lo schema presentato al Summit ha reso visivamente questo passaggio: un flusso che parte dai transactional systems, passa per gli insight trasformativi e arriva ai sistemi di agenti AI, alimentati da dati federati.

Il ruolo centrale del cloud

Il cloud rappresenta l’abilitatore imprescindibile per l’adozione dell’AI. “È l’unica tecnologia che abilita l’innovazione continua, necessaria per mantenere aggiornati modelli e algoritmi”, ha ribadito Masperi. Ma il cloud non è solo una questione tecnologica: è anche culturale e organizzativa.

Molte aziende italiane si trovano ancora su sistemi on-premise, spesso altamente personalizzati. Il passaggio al cloud richiede, in questi casi, un’attenta revisione dei programmi custom, molti dei quali – come rilevato da SAP – risultano obsoleti o inutilizzati. Da qui la spinta verso un approccio clean core, che semplifica la base applicativa in vista della transizione.

“Il tema non è se migrare, ma quando farlo e con quale percorso”, ha affermato Raptopoulos, ricordando che la mancata adozione del cloud comporta un crescente divario tecnologico: “Abbiamo clienti con sistemi fermi a cinque o sette anni fa. In un contesto che evolve così rapidamente, questo ritardo si traduce in perdita di competitività”.

L’adozione dell’AI: il fattore umano come leva (o ostacolo)

A fronte di un’AI sempre più pervasiva, uno degli aspetti più delicati è quello dell’adozione da parte delle persone. Come ha evidenziato Masperi, il rischio principale è che il cambiamento venga percepito come una minaccia o sottovalutato nella sua portata organizzativa. Il passaggio dalla GenAI alla AgenticAI, in particolare, impatta direttamente su processi complessi e multi-attore, rendendo ancora più necessario il coinvolgimento attivo di utenti, team e manager.

SAP sta affrontando questo tema con strumenti dedicati (quali WalkMe, Signavio, Lineax) per monitorare l’utilizzo, suggerire percorsi ottimali e facilitare l’onboarding sui nuovi processi. Ma accanto alla tecnologia, serve anche un mindset culturale aperto, capace di valorizzare l’AI come strumento di semplificazione e miglioramento del lavoro. “Le giovani generazioni lo cercano, i senior devono imparare a riconoscerne il valore”, ha osservato Masperi.

Oltre i POC: in Italia 250 aziende già operative

La buona notizia è che l’AI non è più solo una sperimentazione. In Italia, oltre 250 aziende hanno già attivato casi d’uso di AI generativa, e la tendenza è verso un passaggio rapido alla fase di produzione. Dalla lettura automatica dei contratti alla gestione di contenziosi, passando per supply chain, HR e finance, le applicazioni crescono in quantità e qualità.

“Il mercato ci chiede di uscire dalla logica del POC e di entrare in quella dell’utilizzo concreto”, ha affermato Masperi. Un passaggio che richiede piattaforme solide, dati ben strutturati e una governance orientata al valore. L’AI embedded – visibile all’utente solo nei risultati – è la direzione verso cui SAP sta andando, rendendo l’innovazione tecnologica il più possibile immediata, trasparente e integrata.

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