Ragionando sull’evoluzione delle relazioni tra persone e macchine, ci si imbatte anche in numerose disquisizioni in merito alle dinamiche del lavoro di squadra. In contesti aziendali, in quelli in cui si stanno creando dei “team misti”, ci si chiede se alcuni processi tipici in team 100% umani si possano ritrovare anche in presenza di “colleghi robot”.
Finora, quasi di default, si è indagato su atteggiamenti e tendenze positive, costruttive, funzionali all’aumento della produttività dell’azienda. L’obiettivo, comprensibile e prioritario, era valutare se la robotica potesse rappresentare una spinta per il business.
Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Frontiers in Robotics and AI sposta ora l’attenzione sugli aspetti negativi che un innovativo team misto può replicare tra quelli umani che ben conosciamo. In particolare, l’alert compare in vista di sospetti atteggiamenti di “social loafing”, la pigrizia sociale.
Stesso sforzo, stesso tempo, meno attenzione
Con questo termine, gli psicologi indicano la tendenza a prendere la strada più facile, nel momento in cui si sa che c’è qualcun altro in grado di intervenire per salvare la situazione. Per comprendere se si presenta anche quando questo “qualcun altro” è un robot, il team di ricercatori ha condotto un esperimento nell’ambito di una ispezione industriale simulata dei difetti.
Divisi in due squadre, i partecipanti avevano il compito di individuare malfunzionamenti o errori sulle schede di alcuni circuiti. A una è stato detto che nessuno prima aveva osservato la scheda, all’altra invece che già un robot chiamato “Panda” l’aveva controllata.
Durante l’ispezione i ricercatori hanno monitorato il tempo e l’accuratezza con cui i partecipanti hanno lavorato. A tutti è stata chiesta un’auto-valutazione dei propri livelli di sforzo dopo il compito, commentando quanto si fossero sentiti responsabili del risultato.
Valutando le performance dei partecipanti, è emerso che quelli che pensavano di star collaborando con il robot hanno trovato in media 3,3 difetti, ben meno rispetto ai 4,2 medi rilevati dagli altri che sapevano di lavorare da soli. Un risultato da contestualizzare: tutti hanno impiegato circa lo stesso tempo e, a detta loro, si sono sentiti molto responsabili del compito, terminandolo convinti di aver ottenuto buoni risultati. Durante il monitoraggio esterno dell’attività non sono state riscontrate differenze di gruppo nella quantità di sforzo investito nel compito per nessuna delle misure oggettive dello sforzo. Sembrerebbe infatti che tutti abbiano controllato l’intera superficie prendendosi il tempo per cercare difetti.
Cosa ha fatto la differenza? I ricercatori sono giunti alla conclusione che quelli che sapevano che “ci aveva già guardato il robot”, hanno cercato con meno attenzione. Sono caduti vittime, quindi, del social loafing.
Per manufacturing e logistica un alert per la sicurezza dei lavoratori
Più o meno consapevolmente, i partecipanti all’esperimento associati a Panda si sono fidati del suo operato e hanno trascurato il proprio compito, “guardando ma non vedendo”. È esattamente ciò che accade in fenomeni di social loafing umano. Ora sappiamo che esiste anche quello “robotico”, con uno scarico di responsabilità simile.
Questo risultato apre una riflessione sul valore del lavoro di squadra in sé: può spingere a ottenere buoni risultati, ma può anche produrre un calo di motivazione, dato che il contributo individuale non è sempre così visibile. La comparsa del social loafing anche in contesti misti uomo-macchina, innesca invece una preoccupazione in merito nell’ambito della sicurezza sui luoghi di lavoro.
In ambiti come quello del manufacturing e della logistica si sta introducendo molto rapidamente l’automazione per massimizzare l’efficienza. Guardando allo studio, spunta quindi il timore di un possibile aumento degli infortuni. L’eccessiva fiducia nelle prestazioni di un robot potrebbe portare spingere i lavoratori umani a trascurare le precauzioni di sicurezza standard. Emergono anche alcune preoccupazioni sulle performance che potrebbero calare per una generale mancanza di controllo della qualità. Entrambi i pericoli non farebbero che potenzialmente aumentare in presenza di turni più lunghi, mansioni di routine e ambienti di lavoro con pochi controlli e feedback sulle prestazioni dei singoli.
Tutto ciò non vuol frenare l’evoluzione tecnologica e la diffusione operativa di modelli collaborativi uomo-macchina, ma suggerisce di considerare maggiormente gli effetti di gruppo che potrebbero verificarsi nei team misti, anche quelli indesiderati. Perché la componente umana resta umana, con i suoi pregi e i suoi difetti, compresa la possibilità di cali motivazionali, evitabili, rimediabili, ma da non trascurare.