Nonostante l’enorme progresso tecnologico, che fa sì che oggi un tablet spesso pochi millimetri abbia una capacità di elaborazione di tre ordini di grandezza superiore a quella degli armadi da milioni di dollari che guidavano le missioni lunari, dal punto di vista concettuale i computer sono rimasti quelli di cinquant’anni fa. Infatti l’architettura hardware di base è ancora quella che John von Neumann definì nel 1945; la logica dei linguaggi più diffusi è quella booleana e del processo condizionale (if…then…else) e l’innovazione delle Cpu multi-core si limita a una parallelizzazione che riguarda l’esecuzione dei processi, ma non la logica che vi sottende. Per questo i computer hanno bisogno di tutta la potenza di elaborazione disponibile per affrontare, con qualche fatica, realtà fatte di molte variabili eterogenee e di eventi correlati e contemporanei. Realtà che il nostro cervello invece tratta senz’alcuna difficoltà. Pensiamo a ciò che succede se, guidando nel traffico, ci arriva una telefonata: agendo in parallelo e in tempo reale, rileviamo e contestualizziamo eventi disparati, interpretiamo segnali visivi e sonori, eseguiamo stime e proiezioni cinematiche, distinguiamo espressioni linguistiche ambigue ed elaboriamo una risposta coerente (il più delle volte…). Ed è proprio alla struttura del cervello, il sistema di elaborazione più potente ed efficiente che si conosca (consuma solo 20 Watt), che Ibm si è ispirata per trovare una soluzione radicale al problema dei sistemi cognitivi.
Nell’agosto 2011 il gruppo di ricerca Ibm impegnato nel progetto SyNapse (Systems of Neuromorphic Adaptive Plastic Scalable Electronics), iniziativa cui partecipano anche i laboratori Hrl (ex Hughes Research) e il centro di ricerca Hp, ha presentato l’elemento costitutivo di un nuovo tipo di processore la cui architettura si basa su nodi di calcolo (detti neurosynaptics cores) interconnessi in una rete configurabile e scalabile. Il concetto è lo stesso delle reti neurali dell’intelligenza artificiale di vent’anni fa, ma il fatto che siano realizzate in un chip a livello di silicio ne moltiplica l’efficienza di più ordini di grandezza. Per sfruttarne le potenzialità in un sistema cognitivo occorre però un nuovo linguaggio di programmazione. Il team Ibm vi si è applicato creando dei “corelet”, gruppi logici di nodi neurosinattici rivolti a particolari funzioni: un corelet raggruppa i nodi che elaborano segnali sonori, un altro quelli cromatici e così via. Si può così scrivere un’applicazione senza programmare ogni singolo nucleo, ma solo conoscendone le funzioni. Ad oggi sono stati creati 150 corelet e sebbene il vero e proprio ‘chip cognitivo’ non sia ancora stato rilasciato, gli sviluppatori possono scrivere codice con il nuovo metodo e provarne il funzionamento su un simulatore. Ibm è pronta a rilasciare la tecnologia neurosinattica e i relativi strumenti ai suoi “fellow”, alle Università, ai business partner e ai clienti in modo da portare quanto prima i sistemi cognitivi fuori dai laboratori nel mondo reale.
Synapse: il chip neurale che pensa come noi
Dal punto di vista concettuale i computer sono rimasti quelli di cinquant’anni fa, per questo hanno bisogno di tutta la potenza di elaborazione disponibile per affrontare realtà che il nostro cervello invece tratta senz’alcuna difficoltà. Ed è proprio alla struttura del cervello, il sistema di elaborazione più potente ed efficiente che si conosca (consuma solo 20 Watt), che Ibm si è ispirata per trovare una soluzione radicale al problema dei sistemi cognitivi.
Pubblicato il 06 Mag 2014
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