Con i suoi stimati 100 milioni di utenti mensili, ChatGPT diventerebbe l’app B2C con la crescita più rapida mai registrata. Mentre crescono sia gli entusiasti che i critici, questo step evolutivo di GPT-3 non sembra aver finito di stupire.
OpenAI, infatti, ha da poco lanciato ChatGPT Plus, un nuovo servizio in abbonamento che assicura un accesso più rapido al modello, senza rischiare di non poterlo utilizzare per eccesso di richieste. Nei prossimi mesi, inoltre, è in programma il rilascio di un’app mobile, per avvicinare chi ha lo smartphone sempre in mano, e di un’API, per quelle startup intenzionate a creare nuovi prodotti AI, basati sulle sue capacità.
Ogni settore segue attentamente la sua evoluzione, domandandosi se si vivrà un’escalation o una disruption, ma le big coinvolte stanno già lavorando su GPT-4. Il next step atteso e, per gli esperti del MIT, la vera protagonista del 2023. Per ora, i loro sforzi sono concentrati sulla sua possibile integrazione in un motore di ricerca. Una mossa che potrebbe mettere in discussione equilibri e supremazie di un settore da tempo stagnante.
Bing ragionerà con GPT-4: la scelta di Microsoft
Beneficiando del diritto di distribuire in esclusiva i prodotti di OpenAI, Microsoft è già passato ai fatti, o quasi. Sembra infatti prossima a integrare GPT-4 nel motore di ricerca Bing nelle prossime settimane. Rispetto ai predecessori GPT-3 e ChatGPT, questo modello linguistico dovrebbe mostrare capacità di generare testi migliori, ma anche risposte più ampie ed esaurienti.
Non si tratta più di affinare la ricerca, migliorando meccanismi esistenti. GPT-4 farebbe irruzione nella pagina Web di Bing, presentandosi agli utenti come “un assistente, un planner personale e un partner creativo”. Avrà le sembianze di una chat, a completamento della classica barra di ricerca, e permetterà di porre domande in modo più naturale. Ciò significa, lato utente, poter inserire frasi di anche 1000 caratteri, domande più complesse e “umane” e richieste più specifiche, o legate a esempi o eventi già noti.
Questi update potrebbero comparire in primavera, li si attende curiosi di testarne l’uso, consapevoli di avere a che fare con modelli linguistici imperfetti e, soprattutto, non sempre aggiornati. Per lo meno nel caso di quelli di OpenAI che, per ora, operano come fossero rimasti intrappolati nello spazio temporale in cui è stato effettuato il loro training. Per fare un esempio, per la versione iniziale di GPT-3, addestrata con news e testi estratti dalla rete fino al 2019, il presidente degli Stati Uniti risulta essere ancora Donald Trump. Un limite non trascurabile, in un mondo in continua evoluzione, per un’applicazione come un motore di ricerca a cui si chiede proprio reattività, last news e aggiornamenti real-time. Microsoft, al momento, non sembra preoccuparsene: vuole iniziare a innovare Bing, facendole compiere questo passo in avanti rispetto ai competitors. Un passo azzardato, forse, ma che ha il merito di scatenare numerosi tentativi di emulazione e di riaprire la competizione.
Le risposte incerte di Google e Baidu
Effettivamente, Google ha subito avvertito il fiato sul collo della rivale. Per difendere la sua posizione dominante nella ricerca online, ha avviato una serie di test “di contrattacco”. Oltre a vagliare modelli linguistici di grandi dimensioni alternativi e competitivi, sta anche studiando veri e propri prodotti AI che migliorino la “search experience”. Ne ha fatto la sua nuova mission, lanciando il progetto dal nome in codice “Atlas“, e sperimentando una chatbot chiamato “Apprentice Bard”. Questo “apprendista bardo” è basato su LaMDA, il modello linguistico di Google incentrato sulla conversazione, e sarebbe in grado di fornire risposte più aggiornate di GPT-4. Un pro che porta con sé anche un contro. Essendo stato costruito con dati di dialogo, infatti, LaMDA avrebbe ancora qualche problema di “comprensione” delle strutture linguistiche complesse. Il primo inciampo di Bard non si è fatto attendere ed è costato decisamente caroad Alphabet. Una risposta sbagliata del suo algoritmo, infatti, ha provocato un crollo dell’8% delle azioni dell’azienda.
Se Google non resta a guardare, non lo fa nemmeno Baidu che ha annunciato un chatbot simile a ChatGPT entro marzo. Esordirà in modo indipendente e verrà integrato nel motore di ricerca cinese in un secondo momento, mirando a dare risposte più esaurienti e “conversazionali” rispetto a semplici e freddi link.
Tra chi rischia di sbagliare i fatti, chi di fraintendere le richieste dell’utente, chi di dare risposte logorroiche, tutti i motori di ricerca sembra abbiano ancora parecchia strada da fare. Questi annunci, infatti, sono solo l’inizio di uno sgomitare che, probabilmente, li vedrà protagonisti ancora per diversi mesi, se non anni. Il loro spirito di competitività, potrebbe diventare un forte traino per lo sviluppo di nuovi modelli linguistici sempre più efficaci, ma anche affidabili. A beneficio di un utente che, quasi in tutto il mondo, può scegliere cosa e dove cercare.