La musica giunge alle nostre orecchie sotto forma di minuscoli pacchetti di fononi. Si tratta di particelle quantistiche, fondamentalmente indivisibili, per definizione, o almeno finora così sono state considerate. In futuro potremmo cambiare idea, perché c’è un gruppo di ricercatori della Pritzker School of Molecular Engineering (PME) dell’Università di Chicago che ha deciso di provare a dividere un fonone. Ha utilizzato un beamsplitter acustico, determinato a dimostrarne delle particolari proprietà quantistiche che lo renderebbero una base ideale per realizzare un nuovo tipo di computer quantistico. I risultati di anni di studio sono incoraggianti e ora hanno trovato spazio sulla rivista Science.
L’inaspettata divisione del fonone
Al centro della scoperta del team di ricerca ci sono due esperimenti, sempre effettuati con il beamsplitter. Il primo ha portato all’induzione di uno speciale stato di sovrapposizione quantistica, il secondo alla creazione di un’interferenza tra due fononi. Entrambi risultati importanti per il futuro del quantum computing.
Per mostrare la scissione di un fonone in una superposizione, con il beamsplitter si è provato a dividere a metà un fascio di suoni, trasmettendone metà e riflettendo l’altra metà verso la sorgente. Con i fotoni si procede similmente. In questo caso, si deve operare a temperature estremamente basse, utilizzando i singoli fononi delle onde acustiche di superficie che viaggiano sulla superficie di un materiale, il niobato di litio. Partendo dal presupposto di avere tra le mani una particella considerata indivisibile, è stato sorprendente vedere il singolo fonone entrare in una superposizione quantistica, ovvero in uno stato in cui viene riflesso e trasmesso allo stesso tempo. Si tratta di una inaspettata sovrapposizione quantistica che si è riusciti a trasferire dal fonone a due qubit, dimostrando di essere riusciti a ottenere uno stato di entangling quantistico.
Tradotto per chi non vive in contesti quantistici, ciò significa avere tra le mani la tecnologia necessaria per costruire un nuovo tipo di computer quantistico meccanico lineare.
Cercasi confine tra fisica classica e quantistica
Con il secondo esperimento, il team ha voluto dimostrare che i fononi si comportano come fotoni, concentrandosi sull’effetto Hong-Ou-Mandel. Questo fenomeno prevede che, quando due fotoni identici vengono inviati contemporaneamente da direzioni opposte in un beamsplitter, le uscite sovrapposte interferiscono in modo che entrambe le particelle si trovino sempre a viaggiare insieme, in una o nell’altra direzione di uscita.
In laboratorio si è ottenuto lo stesso comportamento anche con i fononi, osservandone l’interferenza. Non era scontato che accadesse, perché il portare i fononi in questo stato quantistico-entangolare implica che quadrilioni di atomi lavorino insieme in modo quantomeccanico. È proprio quello che è accaduto davanti agli occhi dei ricercatori, che oggi si chiedono e fanno domandare a tutto il mondo scientifico dove sta il confine “dimensionale” tra fisica quantistica e fisica classica.
Un dilemma che resta aperto, ma che non serve risolvere subito per poter iniziare a pensare a un nuovo computer quantistico a meccanica lineare basato sui “nuovi” poteri quantistici della superposizione e dell’entanglement scoperti per i fononi. Si potrebbe esplorare l’opportunità di eseguire nuovi calcoli, ma anche quella di usare i fononi in un computer quantistico ibrido che combini il meglio dei computer quantistici lineari con la potenza dei computer quantistici basati sui qubit.