Per l’impresa che attualmente misura il poprio sviluppo competitivo sulla dinamicità di reazione al variare delle condizioni di mercato, il controllo dei processi è uno degli elementi centrali della propria strategia. Di conseguenza, la misura delle performance degli stessi processi, diventa l’asse portante del nuovo Service level Agreement. In generale, e in particolare nell’It, infatti, si conosce ciò che si può misurare. E si misura solo ciò che si può valutare in base a un sistema di riferimento. Perciò, prima ancora di definire gli indici è necessario individuare l’unità di misura. E poiché l’azienda è una realtà molto complessa, con una molteplicità di domìni funzionali, occorre usare diverse categorie di indicatori.
Un’azienda dalla vasta esperienza in ambito Data Warehouse, Business Intelligence e Scorecard, quale è Sas (www.sas. com/italy), per valutare le prestazioni dei sistemi It applica una metodologia che individua tre diversi ‘livelli’ da monitorare: l’Operational Level (Ol), il Service Level (Sl) e l’Agreement Level (Al). Scendiamo nel dettaglio per capire come questi tre livelli, aspetti diversi di una medesima realtà, interagiscano e possano tra loro comunicare.
Un warehouse per una visione globale degli Sla
Gli Operational Level misurano le prestazioni degli apparati, dei dispositivi, dei sottosistemi, dati preziosi per il dimensionamento ottimale dell’infrastruttura It e rivolti soprattutto agli amministratori dei sistemi. Cruciale è la capacità di garantire la qualità, la fruibilità e l’integrabilità dei dati ottenuti. Con It Resource Management, Sas offre la possibilità di collezionare dati relativi alle risorse It tradizionali (sistemi, applicazioni, rete e così via) per sviluppare un Service Level Warehouse, base informativa a supporto delle decisioni per la gestione dei processi tecnologici. I Service Level misurano invece le prestazioni dei servizi: la base di calcolo è rappresentata dagli Operational Level (e qui sta la criticità degli Ol per la definizione della qualità dei dati), i risultati contestualizzano gli indici individuati dagli Ol e sono rivolti soprattutto ai Service Manager e agli uffici qualità. A questo livello, però, la definizione degli indicatori è più complessa e non può prescindere da una conoscenza ragionata dei processi di business e delle tecnologie implementative utilizzate. Il dialogo tecnologia-business che caratterizza la dimensione propositiva del Service Level Agreement nasce proprio qui, dagli indicatori di Service Level. Per Sas misurare automaticamente un livello di servizio significa codificare la definizione ottenuta e impostare i metadati necessari all’estrazione, trasformazione e caricamento (Etl) dei dati necessari all’analisi, dai Key performance index ai dati operazionali.
Gli Agreement Level, infine, misurano le prestazioni relative agli accordi, ai contratti cioè stipulati tra cliente e fornitore; ambito di elevata complessità in cui si cercano indicatori di rendimento, condizioni e clausole da verificare, calcolo di penali o diritti di recessione. Si costruisce un glossario, condiviso dalle parti, che definisce dettagliatamente la struttura del contratto e i termini delle condizioni stabilite. è ancora attraverso il Service Level Warehouse che, utilizzando un processo Etl realizzato a misura dei metadati che codificano le definizioni stabilite dal glossario, si misura automaticamente l’Al, L’analisi così generata (con report fruibili via Web) è destinata ai responsabili del contratto e ai responsabili della gestione del rapporto con i clienti, uffici legali compresi.
Dalla sintesi dei tre livelli risulta quindi un sistema di management degli Sla che offre una visione sincronica dei processi di negoziazione, definizione e gestione dell’analisi della qualità dei servizi It e delle implicazioni contrattuali nel rapporto fornitore-cliente che da questi derivano.
Misurare la qualità dei processi
Il Sistema Qualità organizzato sulle norme Iso 9000:2000, indica con chiarezza quanto proiettata ai processi sia l’impresa contemporanea. E poiché il miglioramento delle performance aziendali è il frutto di un progressivo miglioramento della qualità globale dell’azienda (nel tradizionale significato di “qualità = fare ciò che si promette”), ne segue che occorre sviluppare la qualità dei processi per migliorare le prestazioni globali. Il monitoraggio dinamico delle prestazioni diventa così uno strumento proattivo di pianificazione perché fornisce all’azienda la misura della qualità dei processi critici per l’impresa.
E’ in questa chiave che va interpretata la dimensione progettuale dei Service Level Agreement e sempre in questa chiave va letta l’adozione di un sistema Slm. Misurare le performance, infatti, permette di tradurre il percorso di miglioramento compiuto in un sistema di misura standardizzato, riconosciuto e condiviso dai partner impegnati (l’eterno binomio cliente-fornitore).
Per realizzare tutto questo è necessario disporre di un sistema di Service Level Management. Abbiamo preso ad esempio, Computer Associates (www.ca. com) con il suo Unicenter Service Level Management, una soluzione particolarmente adatta alle aziende It e ai service provider. Contempla funzioni web-based di monitoraggio del network e delle applicazioni e di reportistica automatica, destinata soprattutto agli amministratori dei sistemi informativi e indicate per ambienti ad elevata complessità, in cui siano cruciali le misure di performance, di disponibilità e dei tempi di risposta.
L’identificazione di non conformità e dello scostamento dai livelli attesi permette inoltre interventi proattivi: disporre dei dati relativi al controllo dei parametri considerati dal Service Level Agreement garantisce maggior flessibilità di reazione a chi deve individuarne e valutarne gli effetti sul business, ottimizzando i costi degli interventi operativi necessari. Il controllo costante dei parametri complessi permette inoltre la verifica dei servizi erogati da una molteplicità di fornitori; diventa allora possibile intervenire nelle aree di disservizio applicando le azioni correttive necessarie. Il monitoraggio di tempi e livelli prestazionali, infine, permette di evitare le penalità che il mancato rispetto di un Sla comporta, oltre a facilitare il controllo amministrativo ordinario. Il Service Level Management di Ca raccoglie dati da una molteplicità di database, applicazioni e network, dimostrando versatilità proprio nell’ambito più delicato del sistema, quello dell’individuazione delle fonti e della raccolta dei dati. Diagrammi, con animazioni in 2-D e 3-D, descrivono le metriche selezionate; la reportistica è personalizzata e l’adozione della tecnologia Unicenter Business Process Views permette di sviluppare report per i processi di business più critici. L’elemento unificatore è rappresentato dal portale (Unicenter Enterprise Portal), un vero e proprio ‘cruscotto’ dello Sla, che consente la fruizione coerente di report, analisi, notificazioni, aggiornamenti.
Orchestrare la gestione dei sistemi e la visione di business
L’obiettivo di offrire risposte alle pressanti richieste dei responsabili dell’It, ai quali il top management chiede di ridurre i costi, ma di garantire al tempo stesso prestazioni crescenti utilizzando la stessa infrastruttura, si traduce nella necessità di sottostare a Service Level Agreement stringenti, gestire un’aumentata complessità senza aumentare il numero di collaboratori, incrementare la flessibilità per rispondere più velocemente alle necessità del mercato. L’offerta di Tivoli, attraverso le novità e gli update dei prodotti nelle principali aree (availability, security, optimization, provisioning), va dunque ad affrontare le problematiche legate alla gestione delle tipiche attività che la maggior parte dei fornitori di system management cercano di risolvere, quali l’amministrazione e il controllo delle risorse It, dei processi di business e degli utenti. «Ma mentre alcuni vendor privilegiano l’uno o l’altro di questi tre aspetti, Tivoli non solo offre soluzioni di livello adeguato per tutti, ma si focalizza anche sulla gestione delle relazioni che li collegano», ha sottolineato Giovanni Lanfranchi, direttore of Rome Software Group Laboratory della business unit Ibm.
L’aspetto più innovativo dell’offerta Tivoli sembra in effetti la creazione di un nuovo livello che si colloca fra le attività di gestione dei sistemi (con gli ultimi annunci migliorate nelle loro funzionalità), che seguono un’ottica tipicamente Edp, e il livello del business service mangement, che si allinea invece al punto di vista dei responsabili delle strategie di business dell’impresa. «La principale missione del nuovo layer è orchestrare le sottostanti attività per offrire una visone di business management accurata, efficace e real time», prosegue Lanfranchi, che indica in Orchestrator il ‘pezzo forte’ con cui Tivoli contribuisce al business on demand.
In effetti questa soluzione, integrata nell’offerta Tivoli a seguito all’acquisizione della canadese Think Dynamics, rappresenta non solo un tassello importante nella realizzazione della strategia Ibm dell’on demand, ma anche un passo verso il futuro paradigma del cosiddetto ‘autonomic computing’ (vedi l’articolo in questo stesso numero di ZeroUno – ndr), che si realizza, per dirla in estrema sintesi, attraverso la progressiva capacità dei sistemi di autodiagnosi e autogestione, sulla base degli obiettivi identificati da chi deve amministrarli.
Attraverso il contributo di Orchestrator (il cui nome completo è Ibm Tivoli Intelligent ThinkDynamic Orchestrator) l’azienda è in grado, avendo predefinito policy di gestione e di Service Level agreement per le diverse aree aziendali, di ‘orchestrare’ le attività It a livello enterprise con lo scopo di ottimizzare l’efficienza e la produttività dell’infrastruttura It.
Grazie ad un ciclo di elaborazione che ottimizza in modo automatico la previsione delle necessità di risorse sulla base degli obiettivi di Sla predefiniti, il software è in grado di prevedere i carichi di lavoro dei sistemi e coordinare le azioni conseguenti. Queste possono servirsi del Provisioning Manager, un sistema che automatizza la pianificazione delle capacità, il processo di assegnazione delle risorse e la misura della performance per l’intera infrastruttura. Il software agisce in una logica just-in-time, assicurando a ciascuna applicazione le risorse di cui ha bisogno in quel momento ed evitando il rischio di ‘overprovisioning’ che si può avere in caso di assegnazione statica.
Le proposte tecnologiche relative all’It on demand sono per Ibm la base necessaria a dar corpo alla propria strategia per il cosidetto ‘business on demand’, che Giorgio Merli, Country leader di Ibm Business Consulting Services, inserisce nella prospettiva dell’impresa virtuale, un modello che le aziende dovrebbero avere come scenario di riferimento per sfruttare a proprio vantaggio la dinamicità crescente dei mercati.
Nuova competizione e impresa virtuale
ZeroUno: Si parla da anni di impresa virtuale, ma è sempre restato un modello teorico. Perché proprio in questa fase dovrebbe diventare realtà?
Merli: Oggi le cose accadono più velocemente e le catene del valore si evolvono in modo dinamico. Anche le relazioni e i ruoli diventano sempre più variabili: i fornitori diventano clienti e i concorrenti partner a seconda delle circostanze. La prospettiva è l’attivazione di ‘business relationship on demand’, secondo una logica di collaborazione proattiva fra partner. Le imprese devono saper sfruttare queste tendenze avendo la consapevolezza che oggi le differenze nelle capacità di performance tra un’azienda di successo, un’azienda che riuscirà solamente a sopravvivere ed un’azienda destinata a scomparire, sono relativamente piccole. Il fattore determinante per il successo, in tale situazione, è la capacità di generare valore in modo differenziante agli occhi del cliente e del mercato. Un piccolo vantaggio in tal senso è capace di generare un’elevata differenza come impatto sul risultato aziendale.
In questo contesto, la capacità di aumentare la reattività dell’impresa variabilizzando i costi fino a generare prodotti e servizi virtuali, grazie appunto all’attivazione on demand del sistema dei fornitori-partner, diventa dunque un elemento strategico. Ciò significa in pratica la possibilità di ottenere componenti, lavorazioni o servizi quando questi servono, senza impegni o ordini preventivi ma gestendone la fornitura direttamente all’interno della organizzazione dei fornitori-partner. Ciò comporta anche la scelta di esternalizzare parte dei propri processi pagando a consumo e ottenendo gli adattamenti e gli sviluppi necessari per essere più competitivi sul mercato. La conseguenze per il cliente finale è un prodotto-servizio capace di adattarsi meglio alle sue esigenze: potrà ad esempio pagare una polizza auto “a consumo”, sulla base delle ore di effettivo utilizzo del mezzo, od ottenere un Cd, con i brani da lui scelti al momento dell’acquisto.
ZeroUno: Ma le soluzioni It sono già in grado di supportare queste nuove relazioni variabili? O non rischiano di rappresentare un freno, anziché di abilitarle?
Merli: La componente tecnologica è il presupposto per costruire un nuovo modo di fare business. L’azienda, per diventare on demand, ossia offrire alle sollecitazioni del mercato la risposta giusta al momento giusto dovrà disporre di una tecnologia basata su open standard e sistemi integrabili, capace di gestire i picchi, impiegare sistemi capaci di autodiagnosi e di autogestione, secondo il paradigma dell’autonomic computing. Un obiettivo che può essere realizzabile, senza investire in nuovi asset tecnologici permanenti, adottando un modello a consumo per usufruire di software, hardware e servizi It, secondo il modello utility, tipico ad esempio della fornitura di gas, luce, acqua.(E.B.)