Gli aspetti più critici dell’information management sono stati discussi all’interno della Tavola Rotonda “Big data & IoT: dai dati alle informazioni a nuove opportunità di business”, di recente organizzata da ZeroUno in collaborazione con Software Ag.
“Alimentati dall’Internet of Things, i dati aumentano – ha esordito Valentina Bucci, giornalista di ZeroUno – e la vera sfida è sfruttare il patrimonio informativo, passando dall’analisi all’azione. Il tema evidenzia tre aspetti: come sfruttare le grandi moli di dati per innovare prodotti e servizi; come evolvere processi, organizzazione e cultura aziendali nel nuovo scenario; quali caratteristiche devono soddisfare le piattaforme tecnologiche a supporto dei big data. Secondo l’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence del Politecnico di Milano , – ha continuato Bucci – il percorso verso la data-drive enterprise è lungo, ma tracciato: il mercato degli analytics in Italia è cresciuto del 15% nel 2016; il 40% dei Cio italiani considera big data e analytics la principale priorità di investimento 2017; la figura del data scientist è presente in 3 grandi aziende su 10”. Partendo da questi argomenti, il dibattito ha generato interessanti spunti di riflessione.
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Legacy, standard, privacy… ecco le barriere!
Oltre alla difficoltà di trovare la direttrice vincente, tra i principali deterrenti all’IoT sono da annoverare l’integrazione con il legacy e la mancanza di standard.
“L’IoT è oggi un’ ’accozzaglia’ di applicazioni – ha dichiarato Giulio Beltrami, Gruppo Lavoro It Systems Architect di Aica Milano -, tendenzialmente poco costose, ma tutte isolate. Per superare le barriere all’integrazione, fondamentale risulta la figura dell’architetto applicativo in grado di definire un disegno organico”.
- Il legacy è un ostacolo superabile – ha affermato Peralta -, ma bisogna effettuare valutazioni oculate, perché l’esistente ha un costo e bisogna capire dove e quando si deve mantenere o si può ‘spegnere’ un sistema a favore di tecnologie nuove”.
- “Dare valore al legacy – ha suggerito Francesco Maselli, Direttore Tecnico di Software AG Italia – non è semplice e l’architettura ha un ruolo chiave. Così anche un sistema legacy basato su mainframe può essere abilitato per i nuovi scenari, a seconda del contesto tecnologico che gli viene costruito intorno”. “Ad esempio – ha aggiunto Fabio Todaro, VP Sales & Country Representative – il successo del caso Octo Telematics [che ha realizzato con Software Ag una piattaforma d’integrazione per acquisire dati di guida da oltre 4 milioni di veicoli all’interno di un cloud distribuito, ndr] risiede proprio nell’integrazione: non abbiamo rinnegato il legacy. Il nostro stesso core business si è spostato e si basa oggi sulla capacità di integrazione”.
- Sulla necessità di adattare l’esistente ha concordato anche Fonso di Banca Popolare di Milano: “Non è vero che va sostituito completamente il legacy per erogare servizi digitali e dialogare con i nuovi touch point [sottintendendo che è possibile integrare il mainframe anche con soluzioni per l’erogazione di servizi digitali innovativi ndr]. Inoltre, i tempi di trasformazione non sarebbero adeguati a soddisfare il business”.
- La testimonianza di un operatore Tlc ha messo in luce l’ostacolo della compliance. Le Telco hanno sempre dovuto gestire grandi volumi di dati provenienti da reti e dispositivi. Tuttavia, i vincoli di privacy bloccano l’utilizzo (e la redditività) di questo ricco patrimonio informativo e il nuovo Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali ha aggiunto ulteriori barriere.
- Alla privacy si lega il tema della security: “Demandare sempre più intelligenza ai sensori – ha detto Maselli di Software Ag – significa dover affrontare problematiche di sicurezza sempre maggiori. Nel comparto automotive, l’IoT permette lo sviluppo di nuovi servizi al cliente, ma comporta anche rischi importanti, ad esempio se attori esterni si impossessano del comando del veicolo. Gli stessi protocolli di comunicazione devono essere sicuri e compliant, ma il proliferare di standard non aiuta nella scelta corretta”.
Come abilitare il giusto cambio di mindset
Oltre alla tecnologia, l’altro fattore imprescindibile per la realizzazione dei progetti big data riguarda il coinvolgimento dell’azienda a tutti i livelli. Come diffondere l’approccio data-driven?
- “Oltre ad avere un management visionario – ha raccontato Giuseppe Messina, Analista di Business & Sr Developer Coordinator di Sky Italia -, si deve pensare alla presenza di ‘champion’ che abbiano il compito di distribuire la cultura legata alla customer experience all’interno dell’azienda”. L’interrogativo finale di qualsiasi progetto riguarda l’utilità per il cliente. “Crediamo molto nella customer experience, che funge da fattore di traino per il cambio di mindset. Ogni cliente è fondamentale e il prodotto è fortemente legato alla sua esperienza”. In questo contesto, la partnership It-business è essenziale, con il data scientist che funge da anello di congiunzione.
- “Nella stanza dei bottoni – ha concluso Maselli di Software Ag – c’è sensibilità verso big data e IoT, non necessariamente sostenuta dal calcolo del Roi. Si guarda all’innovazione e quasi tutte le aziende hanno intrapreso un percorso di trasformazione. Questa chiarezza di vision permette anche a noi fornitori di lavorare in modo collaborativo con il cliente. Il nostro stack tecnologico (standard, aperto, integrato, future-proof) è valido, ma la consapevolezza all’interno del board aziendale di un approccio data driven e di collaborazione con il cliente aumenta esponenzialmente le possibilità di successo dei progetti”.