In un contesto socio-economico caratterizzato dai servizi digitali e dai Big data, l’information governance è un requisito principe per lo sviluppo di prodotti ed esperienze innovativi, su cui si basano engagement del cliente e differenziale competitivo. Ma come si costruisce un sistema di data management fluido, affidabile e allineato al business? Forrester suggerisce un framework strategico per partire con il giusto passo, alla luce di tre fattori: culture, competency, capability. Secondo l’analista, il primo ostacolo a un’iniziativa di data governance è di matrice culturale: se da un lato la condivisione dei dati oltre il perimetro aziendale (ad esempio, con clienti e partner) è fondamentale per restituire velocità di azione, dall’altra il management teme le implicazioni di sicurezza e compliance.
Il tema delle competenze, invece, si lega alla condivisione interna dei dati. Per alzare i livelli di conoscenza del business sul business (“strech competency” esorta Forrester) e migliorare il decision-making, è necessario che gli utenti aziendali abbiano accesso ai dati grezzi (non puliti e preaggregati), per trarre il maggior numero possibile di informazioni utili alla loro attività. Saranno gli end user a decidere se avranno bisogno di un intervento dell’It per esplorare “the raw, messy stuff” (la massa disordinata di dati grezzi).
Le capability tecnologiche sono il terzo asset su cui puntare. L’utilizzo di dati destrutturati (interni ed esterni all’azienda) è decisivo per il processo decisionale, anche se spesso limitato per questioni di sicurezza e normative. Un’infrastruttura It elastica alla base può comunque facilitare il loro impiego per ottenere preziosi insights di business.
Secondo Forrester, Il primo step per un’iniziativa di data management è ottenere il consenso dagli “strateghi” del marketing e dagli executive dello sviluppo prodotto, figure chiave nell’era del consumatore (in passato, questi progetti coinvolgevano più tipicamente Cfo insieme a figure legate a sicurezza, compliance e operations). Come fare? Stressando il link tra data governance, ottimizzazione della customer experience e quindi profitti.
Bisogna quindi definire le policy per gestire dati in aumento per quantità e tipologia. Forrester suggerisce una matrice 2×2 per classificare i dati in base alla loro provenienza (interna o esterna all’azienda) e alla loro affidabilità. Si definiscono quindi quattro quadranti ovvero categorie di dati (figura 1) su cui lavorare per costruire un sistema di policy differenziate.
Il terzo punto è definire un’architettura di data management adatta alle nuove esigenze analitiche e di business. Se la maggioranza delle aziende è ferma ai fogli Excell e ai dati provenienti dagli Erp (organizzazioni che Forrester definisce Data Collectors), alcune si stanno spostando verso l’uso degli strumenti analitici (definiti Investors) con l’obiettivo di diventare Innovator, ossia aziende che sfruttano gli open data in modo intelligente e dinamico, nonché soluzioni di data visualization per accelerare le decisioni, prevedere la domanda e aumentare l’ingaggio. Con l’introduzione dei system of engagement (email, strumenti di collaboration, social media ecc.) accanto ai system of records (Erp, Crm, Hr che utilizzano dati coerenti e strutturati), i criteri per la gestione delle informazioni devono basarsi sulle esigenze dei decision maker e dei clienti, piuttosto che sulle fonti / tipologie di dati.
Da qui, deriva il quarto elemento del framework di Forrester, che concerne la delivery applicativa: l’It deve trovare il giusto tradeoff tra livelli accettabili di data quality e security, velocità di time-to-market per servire le esigenze di business e agilità, ovvero abilità di recepire i requirement in continuo cambiamento. La sicurezza e la consistenza dei dati, insomma, non devono ingessare l’innovazione digitale (figura 2).