La capacità di gestire e processare le informazioni è la chiave competitiva delle nuove imprese digitali. Tuttavia, la data analytics non è un processo scontato, ma piuttosto un obiettivo troppo spesso disatteso. Molte organizzazioni faticano infatti a sfruttare i dati disponibili per prendere decisioni: l’integrazione tra le fonti è difettosa, gli accessi alla conoscenza non sono amministrati correttamente, le misure di sicurezza risultano inadeguate, mancano competenze e figure specifiche, gli utenti non sono preparati all’uso intensivo delle informazioni.
Ecco perché, al fine di concretizzare le promesse dei sistemi analitici (scelte strategiche consapevoli, automazione ed efficienza operativa, innovazione di prodotto, marketing più efficace e così via), occorre pianificare un data journey strutturato e graduale. Solo così le aziende possono arrivare alla piena padronanza in materia di data & analytics, innervando qualsiasi attività di intelligenza.
Il valore economico delle informazioni
Il volume, la varietà e la velocità (intesa come frequenza di aggiornamento) dei dati rappresentano una vera e propria ricchezza per l’organizzazione. Il patrimonio informativo infatti si traduce in effettiva opportunità economica se adeguatamente trattato. Da qui deriva l’importanza di un approccio ben definito che permetta di valorizzare il mare magnum di dati al pari di qualunque altro asset reale.
L’infonomics (economia delle informazioni) fornisce un framework utile a concretizzare e quantificare il valore materiale dei dati. L’insieme delle teorie e degli strumenti proposti permette infatti di monetizzare le informazioni in modo diretto (i dati grezzi vengono venduti come qualunque bene materiale) e indiretto (ad esempio, gli insights possono portare alla razionalizzazione dei processi con significativi risparmi oppure a un aumento dei guadagni grazie a campagne di marketing mirate).
L’infonomics prescrive inoltre di gestire i dati alla stregua delle altre risorse aziendali, come elemento connaturato a qualsiasi processo, con figure preposte e specializzate, attraverso controlli di qualità periodici, calcolando sempre rischi e opportunità.
Infine, occorre un’attività di misurazione costante per quantificare l’apporto dei dati alla generazione dei profitti aziendali. Si arriva così a conoscere sia il prezzo di mercato effettivo di una determinata informazione sia i vantaggi economici derivanti dalle decisioni data-driven.
Gli elementi fondamentali della data strategy
Se l’obiettivo ultimo della data strategy è cogliere l’opportunità economica delle informazioni attraverso gli analytics, fondamentale allo scopo è concentrarsi su alcuni elementi essenziali:
- la capacità di selezionare i dati pertinenti alle finalità analitiche, escludendo le informazioni superflue che potrebbero vanificare o falsare i risultati;
- la costruzione di pipeline decisionali basate sugli insights, con la possibilità di apprendere evidenze nascoste e automatizzare alcune attività grazie all’intelligenza artificiale;
- l’integrazione di informazioni diverse per formato e provenienza, che permetta l’applicazione dei modelli analitici in contesti differenti, secondo principi di ripetibilità e flessibilità;
- l’assunzione di responsabilità da parte dell’azienda in relazione alla sicurezza e all’utilizzo conforme dei dati, anche al fine di ottenere la fiducia degli utenti.
L’indice di maturità nell’uso dei dati
Una volta definiti i punti cardinali della data strategy, il passo successivo è valutare lo stadio di partenza. Non tutte le aziende infatti si trovano allo stesso livello di maturità nell’utilizzo delle informazioni; pertanto la fase di assessment iniziale risulta indispensabile per tracciare un data journey di successo, secondo un approccio consequenziale e incrementale (si passa allo step successivo soltanto quando è stato conseguito il precedente).
Sintetizzando, le organizzazioni potrebbero distinguersi in cinque diverse categorie secondo la consapevolezza in materia di data & analytics:
- aziende senza nessuna iniziativa (o addirittura ipotesi) di valorizzazione del dato;
- aziende curiose sul tema ma senza un piano d’azione strutturato;
- aziende che hanno iniziato il data journey e utilizzano gli analytics solo su alcuni processi;
- aziende con un ricorso massivo alle soluzioni analitiche ma per attività di business tradizionale;
- aziende capaci di monetizzare le informazioni o per cui il dato è fonte di profitto.
Come anticipato, per stabilire la classe di appartenenza dell’organizzazione, occorre effettuare un esame che tenga conto di alcuni criteri fondamentali.
Il primo aspetto da considerare riguarda il modo e le finalità con cui vengono utilizzati i dati, valutando ad esempio, come gli insights impattano sul decision making oppure se esistono figure specifiche preposte all’analisi.
Si ispezionano quindi i fattori culturali, verificando qual è l’atteggiamento dei dipendenti verso l’utilizzo delle informazioni e degli strumenti analitici. In seguito, si indagano aspetti come la gestione dei dati e degli accessi (il modo con cui le informazioni vengono archiviate, protette e condivise) oppure la presenza o la mancanza di competenze interne in materia di data science. Un altro criterio da osservare è la propensione dell’azienda a un utilizzo etico delle informazioni, che metta al centro la compliance normativa e la tutela della privacy.
Bisogna poi fare alcune riflessioni sul legame tra utilizzo del dato e resilienza: gli analytics hanno permesso di anticipare crisi improvvise o di rispondere con più efficacia ad eventuali criticità? Il sistema aziendale di data management è in grado di reggere l’urto di una possibile emergenza?
Tenendo uno sguardo al futuro, occorre infine interrogarsi sulla capacità della data strategy di seguire i cambiamenti del business: i processi di gestione e analisi delle informazione attualmente implementati possono soddisfare le prossime esigenze aziendali?
La definizione della data strategy
Se il punto di partenza è chiaro, sarà più semplice costruire un percorso di avvicinamento all’uso corretto dei dati finalizzato al decision making consapevole e alla monetizzazione delle informazioni. È evidente che ogni azienda seguirà una road map personalizzata, che includa però un ampio ricorso a best practice consolidate.
Pianificare il data journey significa coinvolgere l’intera compagine aziendale, nonché qualsivoglia aspetto strategico e operativo. Ecco perché al tavolo di lavoro devono sedere figure con competenze multi-disciplinari e conoscenze che spaziano dalla tecnologia ai processi: data scientist, personale It, utenti di business e così via. Si rendono parimenti necessari la sponsorship della dirigenza così come l’engagement del singolo dipendente, senza distinzione di ruolo.
Solo con il coinvolgimento di tutta l’organizzazione sarà davvero possibile raggiungere lo stadio “data-driven” per cui ogni decisione è guidata dall’utilizzo consapevole delle informazioni, per innovare il business e accrescere i profitti.