Ibm e cinque università americane copiano il cervello umano

Pubblicato il 25 Nov 2008

Importante passo in avanti nel cognitive computing, l’evoluzione dell’intelligenza artificiale. Ibm, grazie anche a un finanziamento di 4,9 milioni di dollari della Defense Advanced Research Projects Agency (Darpa) ha intrapreso un progetto di ricerca – in collaborazione con alcune università americane – in aree quali sinaptronica, scienza dei materiali, circuiti neuromorfi, simulazioni con supercomputing e ambienti virtuali. Il progetto, denominato “Cognitive Computing via Synaptronics and Supercomputing (C2S2) ”, parte dallo studio dei micro e macro circuiti computazionali essenziali del cervello per arrivate a progettare computer ultracompatti e a basso consumo in grado di comportarsi come la mente umana e con un’architettura basata su componenti realizzati con nanotecnologie che imitano il funzionamento dei neuroni e delle sinapsi.

Secondo Idc, ogni anno la mole di informazioni a disposizione delle aziende e delle organizzazioni di diversa natura aumenta a un ritmo del 60%, rendendo di fatto sempre più difficile eseguire analisi e prendere decisioni senza ritardi rilevanti. Il cognitive computing (a differenza dell’intelligenza artificiale, che prendeva in esame aspetti specifici dell’attività cognitiva umana e animale per cercare di riprodurla in sistemi computerizzati) punta a realizzare sistemi olistici in grado di emulare il cervello umano a livello di autonomia nella raccolta delle informazioni, selezione, interpretazione in base al contesto, capacità di autoapprendimento, velocità di elaborazione e addirittura capacità di giudicare e provare sensazioni. Oltre che sul piano del software, lo sforzo di innovazione prevede lo sviluppo anche di nuovi tipi di sensori, attuatori e altri materiali, in modo da rendere possibile la realizzazione di circuiti neuromorfi. I dispositivi così realizzati potranno essere installati nelle situazioni più disparate e fatti colloquiare tra loro e con sistemi di supercomputing per eseguire in un batter d’occhio elaborazioni complesse per settori come, per esempio, la finanza o la meteorologia. Per queste attività di ricerca, fino a questo momento, ci si era affidati a grandi supercomputer basati su architetture tradizionali,come lo stesso BlueGene di Ibm, che è riuscito, grazie ad appositi programmi, a emulare il piccolo cervello di un topo.

Alle attività di ricerca, guidate da Dharmendra Modha, manager dell’iniziativa di cognitive computing di Ibm, partecipano esponenti delle università di Stanford University, University of Wisconsin-Madison, Cornell University, Columbia University Medical Center e University of California- Merced.

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