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Il digitale accelera, VMware dà la direzione: cloud e Zero Trust, ESG e smart working

Non solo effetto pandemia, non solo rimbalzo economico, dietro all’accelerazione digitale in corso ci sono una pressante necessità e un desiderio forte di evolvere sia da parte delle aziende che da parte della pubblica amministrazione. Questa spinta al cambiamento, così evidente e travolgente, come testimoniano anche i numeri di Anitec-Assinform del 2021, ha bisogno di essere direzionata in modo corretto affinché le risorse umane, finanziarie e tecnologiche siano investite al meglio. È con questo intento che VMware presenta le proprie previsioni per il 2022, mettendo in primo piano sicurezza e cloud ma anche nuovi modelli lavorativi e l’attenzione per l’ambiente.

Pubblicato il 23 Feb 2022

CradlePoint

Non si può più tornare indietro: è una costatazione, non una scelta. Mentre lo è puntare sui trend e le tecnologie che stanno plasmando i nuovi mercati in modo trasversale, veloce e disruptive come il cloud, lo smart working, lo Zero Trust e la sostenibilità. Proprio in un momento di grande accelerazione come questo, in cui non mancano i finanziamenti e sia le aziende che le istituzioni hanno il desiderio e grandi strategie di ripresa, è strettamene necessario non gettarsi nella corsa con foga ma fermarsi a guardare ciò che ci aspetta nei prossimi anni per aumentare il passo, sì, ma nella giusta direzione. A sottolinearlo è VMware, con le sue previsioni per guidare il cambiamento di tutto il suo attuale e futuro ecosistema nel 2022.

Mercato Digitale 2021: non solo rimbalzo, la crescita continuerà

Questo 2022, ancora in parte da immaginare, è iniziato con delle ottime premesse date da un 2021 in cui il mercato digitale, secondo i dati Anitec-Assinform, si è affermato definitivamente come uno dei maggiori traini per l’economia e il principale fattore abilitante per la trasformazione e l’evoluzione di tutti i settori, compresa la PA. Da una crescita del 2,1% tra il 2018 e il 2019, dopo una flessione causa pandemia solo dello 0,6%, si è passati infatti ad un +5,5% del 2021, per un valore di mercato di 75,5 miliardi di euro che segna un aumento di 4 miliardi rispetto al periodo pre-pandemia.

Tranne quelle legate alle Telco, tutte le componenti del settore beneficiano di questo tasso di crescita registrato nel 2021, soprattutto i dispositivi e i sistemi (+10%), che rappresentano anche in volume la fetta più vasta del mercato, seguiti da E-content e Adv (+8,6%), Software (8%) e Servizi IT (7,9%).

Passando ai digital enabler, a dominare il panorama sono l’intelligenza artificiale e la blockchain, con una crescita in percentuale maggiore del 25%. In termini di volumi, grazie al contributo dell’industria e del manifatturiero, a prevalere è il cloud computing assieme all’IoT. Anche se il suo mercato vale a oggi circa 1 miliardo ed è cresciuto “solo” del 12%, la cybersecurity resta però un digital enabler su cui tenere gli occhi puntati, come spiega Eleonora Faina, Direttore Generale di Anitec-Assinform, presentando i dati. Ciò è dovuto “non solo all’esplosione di connettività post pandemia, ma anche alla trasformazione digitale e alla migrazione al cloud e a modelli di lavoro ibrido che in alcuni casi era già in corso ed è solo stata accelerata”.

Anitec-Assinform ha registrato infatti una costante crescita degli investimenti con un tasso sempre a due cifre, in particolare per la consulenza e per i servizi MMS e cloud, i primi in volume con un investimento stimato di 655 milioni di euro per il 2022. Nonostante nascano dall’allarmante aumento degli attacchi di cybercrime registrato negli scorsi mesi, questi sono dati in un certo senso rassicuranti, perché denotano una crescente consapevolezza del rischio che oggi tutte le organizzazioni corrono.

“Soprattutto nella PA e nei servizi pubblici, in cui un attacco potrebbe mettere a repentaglio la sicurezza dell’intero Paese, è molto importante che siano effettuati interventi adeguati di cybersecurity” sottolinea Faina. “Ancora oggi il 77% degli eventi di cybercrime risulta legato a criticità organizzative, processi inadeguati, fattore umano e vulnerabilità nella supply chain, tutte cause su cui è possibile intervenire per migliorare la propria postura di sicurezza”.

Una falla importante da colmare è poi quella delle figure professionali dedicate: il 32% delle aziende non ha un responsabile di cybersecurity interno specializzato e “la mancanza di una leadership forte favorisce gli attacchi” commenta Faina. “Le aziende devono strutturarsi e se ne stanno rendendo conto. C’è una forte crescita della domanda di nuove professionalità legate alla sicurezza e all’AI (+32%) in un mercato come quello del digitale, che ad oggi in totale in Italia ha 51mila nuove posizioni aperte”.

PNRR, un’opportunità vincolata alla concretezza di PA e imprese

Osservando l’impatto del digitale nei diversi settori, se le banche assieme alle Telco e ai Media dominano in termini di valore, è la pubblica amministrazione (sia centrale che locale) a svettare nella classifica dei tassi di crescita percentuali. In questo ambito, il pensiero non può che correre al PNRR, che dedica quasi il 40% dei fondi potenzialmente in arrivo proprio alla digitalizzazione, in particolare della PA.

Nel migliore dei mondi possibili, in cui il Paese riuscirà a utilizzare tutte le risorse in arrivo, Anitec-Assinform ha stimato una crescita del mercato digitale di oltre 22 miliardi in tre anni, per raggiungere un valore di 97 miliardi di euro nel 2024. Il contributo del PNRR si avvertirebbe soprattutto in un +10% nel 2022 ma continuerebbe comunque a far aumentare il volume del digitale ogni anno di almeno 7,8 miliardi.

Figura 1: scenario ottimistico tracciato da Anitec-Assinform sull’impatto del PNRR sul Mercato Digitale nei prossimi 3 anni

Più credibile e quasi altrettanto soddisfacente, lo scenario intermedio tracciato dall’associazione in cui l’Italia spende il 70% delle risorse del PNRR. In questo caso nel 2024 il mercato digitale varrebbe 93,5 miliardi di euro (+20 rispetto al 2021) e tra il 2021 e il 2022 ci sarebbe comunque un evidente balzo in avanti, seguito da aumenti constanti e non trascurabili, attorno ai 5 o 6 miliardi di euro.

Figura 2: scenario intermedio tracciato da Anitec-Assinform sull’impatto del PNRR sul Mercato Digitale nei prossimi 3 anni)

“E’ una enorme opportunità sia per il nostro tessuto produttivo che per l’amministrazione pubblica in cui è però necessario un impegno importantissimo per tradurre le risorse in effettivi progetti” spiega Faina. “Guardiamo al PNRR con fiducia, quindi, ma anche tenendo conto di una serie di bias che, nonostante le riforme che lo accompagnano, rappresentano degli scogli come la capacità di spesa degli enti locali e la lungimiranza di programmazione degli investimenti delle imprese. Saranno necessarie tante azioni di accompagnamento e i risultati che vedremo rifletteranno quanto il Paese sarà in grado di reagire in modo propositivo e trasformarsi nella direzione indicata dal piano”.

Il 2022 accelera Cloud e Zero Trust, smart working e ESG: le previsioni VMware

L’accelerazione digitale di cui si parla a livello globale, quindi, anche in Italia è realtà e non un semplice desiderio post pandemia, e ci sono investimenti ingenti a supportarla, non solo i miliardi del PNRR ma anche quelli di DigitalEurope e del NextGenerationEU.

“I fondi per la ripartenza non mancano, è importante capire come possono essere usati al meglio” spiega Raffaele Gigantino, Country Manager VMware Italia. “Non solo sappiamo che non si torna indietro, ma abbiamo anche imparato molto dalla pandemia che ha mostrato come investire sul digitale sia essenziale. È un mercato che crescerà con un tasso doppio rispetto al PIL italiano e anche verso gli utenti è una scelta ormai obbligata”.

A confermarlo è anche la ricerca di VMware Digital Frontiers, che mostra come il 44% dei consumatori sia pronto a passare a un brand concorrente nel caso di una esperienza digitale non all’altezza delle aspettative. Le imprese sono avvisate, possono accelerare, ma in che direzione? VMware indica quelle fondamentali guardando alle tendenze dei prossimi mesi, in cui si continuerà a sentire parlare, e in modo sempre più concreto e maturo, di smart working, cloud e Zero Trust.

Mentre in giro per il mondo si sperimentano modelli di ogni tipo, dalla settimana di 4 giorni a orario flessibile o formule miste con percentuali personalizzate, ad affermarsi sembra essere ormai l’approccio ibrido. Una formula che lascia libertà di scelta di orario e gestione delle presenze alle singole realtà e accresce l’esigenza di avere a disposizione strumenti sempre più agili e sicuri per la collaborazione a distanza, insistendo soprattutto sul mindset, sul quale c’è ancora tanto lavoro da fare.

Claudia Angelelli, Senior Manager Solution Engeneering VMware SEMEA, punta l’attenzione sul tema della sorveglianza, un fattore critico su cui i numeri sono piuttosto scoraggianti. Il 36% delle aziende ha attivato delle procedure in tal senso e il 45% si sta organizzando per farlo. Secondo lo studio “The Virtual Floorplan: New Rules for a New Era of Work“, condotto da Vanson Bourne per conto di VMware, tra le varie modalità messe in atto ci sono anche il monitoraggio dell’attenzione tramite webcam, il monitoraggio delle e-mail, così come la sorveglianza video, e addirittura i software keylogger.

“Questo tipo di atteggiamento provoca una fuga dei migliori talenti dalle aziende, uccide il clima di fiducia e di stima” spiega Angelelli. “È urgente e importante cambiare il modo di misurare il successo e ragionare per obiettivi introducendo buone pratiche come gli incontri regolari con i manager per una valutazione dei risultati concordati e per discutere i carichi di lavoro, associati a soluzioni tecnologiche innovative che facilitino la gestione dei progetti anche a distanza e in un contesto ibrido”.

Sempre più cloud, ma su più piattaforme

Accelerato dalla pandemia come quello dello smart working, anche il trend del cloud permarrà nei prossimi mesi con un approccio che sarà sempre più “smart cloud”, ovvero non più né cloud first né “this-cloud-only” e men che meno “no–cloud”. Ce lo indicano i numeri che Angelelli riporta: il 75% delle aziende ha più di un cloud e oltre il 40% almeno 3 o 4: “il multi-cloud è qui per restare, visto che le aziende apprezzano la libertà di poter sfruttare i servizi che meglio rispondono alle loro esigenze scegliendo da cloud diversi. Per questo è assolutamente necessario poter usufruire di una piattaforma multi-cloud per gestire tutte le applicazioni ovunque esse siano distribuite, per sbloccare il pieno potenziale di questo approccio ma tenendo allo stesso tempo sotto controllo i costi”.

Protagonista del 2021 (e lo sarà anche del 2022) è stata la cybersecurity, ma secondo le previsioni di VMware quello appena iniziato sarà l’anno dello Zero Trust. Secondo il rapporto Zero Trust di Okta, l’82% delle organizzazioni europee ha aumentato il proprio budget nel 2021 per prepararsi ad affrontarlo. Monitoraggio su tutti i soggetti quindi, perché di nessuno ci si deve fidare, e monitoraggio completo e a ciclo continuo, perché in ogni momento possono emergere dei rischi lungo la catena di supply chain. Non basterà, però, seguire queste direttive perché si affaccia sul mercato un nuovo trend di cybercrime emerso dal rapporto “Exposing Malware in Linux-Based Multi-Cloud Environments” appena presentato da VMware.

In questo studio si pone l’accento sulla vulnerabilità dei sistemi basati su Linux che “stanno rapidamente diventando il biglietto d’ingresso di un attaccante in un ambiente multi-cloud” spiega Angelelli. “Le attuali contromisure per i malware sono per lo più concentrate sull’affrontare le minacce basate su Windows e si rivelano molto meno efficaci se applicate ai workload basati su Linux, che gli hacker stanno sempre più prendendo di mira”. La tecnologia può dare una mano anche in questo caso, offrendo piattaforme di sicurezza trasformative che integrino completamente i loro processi aziendali, le applicazioni e i servizi. Oltre a tutto ciò, però, serve anche una sempre maggiore preparazione da parte anche dei provider e un aggiornamento continuo per poter supportare al meglio i propri clienti.

Dedicando una particolare attenzione al tema della data privacy, della cybersecurity e della sovranità del dato, tema principe soprattutto per la PA, VMware ha intensificato anche quest’anno il proprio impegno formativo verso i partner perché siano sempre preparati e, se possibile, un passo avanti nel proporre soluzioni ai loro clienti. Dopo le prime esperienze, l’azienda è pronta a lanciare delle nuove Academy tematiche assieme ad alcuni partner “per colmare quel gap di conoscenze che possono rallentare il Paese”.

Gigantino ha accennato a numerose iniziative in arrivo su questo ed altri fronti, ricordando come il team italiano sia in continua crescita – nel 2021 sono state assunte in media 20 persone a trimestre – e abbia visto anche un forte aumento del Diversity and Inclusion Index, cresciuto di 14 punti in un anno. Questo traguardo apre al tema degli ESG, un trend trasversale che VMware segue da anni. Tanto che nel 2021, per il terzo anno di seguito, è entrata come 44esima nella classifica “Clean200“, un ranking delle 200 migliori società quotate in borsa in tutto il mondo sulla base dei loro ricavi totali derivanti dall’energia pulita, secondo le valutazioni della Bloomberg New Energy Finance (BNEF).

Al di là del sostegno a organizzazioni no profit e all’impegno nel volontariato di decine di migliaia di suoi dipendenti in tutto il mondo, l’impegno di VMware per la sostenibilità ambientale è focalizzato soprattutto sul digitale e sul proprio ecosistema.

“Noi restiamo un’azienda tecnologica, la nostra mission principale è quindi quella di impegnarci al nostro interno per essere in grado di offrire ai nostri partner soluzioni, prodotti e servizi che siano sostenibili, aiutandoli a raggiungere i propri obiettivi di sostenibilità e dando loro l’opportunità di proporli ai loro clienti” spiega Gigantino, citando l’esempio della modernizzazione dei data center che riduce fortemente il consumo di energia.

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