Fondato nel 2000, giusto all’alba del XXI secolo, Nextplora è un istituto di ricerche di mercato. Questa almeno è l’espressione che ne definisce il settore di appartenenza. Ma sotto questa ‘etichetta’ sta una realtà che rappresenta un modo del tutto nuovo di raccogliere e creare informazione. “Fino ad ieri, ma c’è chi dice fino ad oggi – esordisce Massimo Nicolini, managing director della società – l’identità di un istituto di ricerca si definiva sulla capacità di produrre un bene raro, cioè il dato. Ora invece si opera in condizioni dove il dato è sovrabbondante e ci si deve interrogare su come questo dato, che non è creato da noi, è destrutturato e, per così dire, si trova allo stato brado, si possa coltivare e analizzare. Un secondo elemento riguarda il modo e lo strumento con cui si raccoglie e crea informazione, cioè il questionario, un approccio che negli ultimi anni ha mostrato la corda”. Capita infatti che sebbene la gente sia sempre disponibile ad essere intervistata, la possibilità di esporre e condividere le proprie opinioni tramite le reti sociali inneschi un fenomeno di disintermediazione. Nel senso che chi ha qualcosa da dire, nel bene e nel male, su un servizio o su un prodotto oggi fa prima a scrivere direttamente al fornitore che non a rispondere a un questionario.
La ricerca che parte dalla gente
Ed è proprio partendo da questa seconda considerazione che, nel 2010, in Nextplora si è cominciato a pensare a una nuova modalità d’interazione con il mercato: “Avendo un panel di circa 60 mila utenti registrati, ai quali peraltro continuiamo a rivolgere le nostre domande tramite questionari strutturati, abbiamo voluto mettere queste persone nelle condizioni di interagire in modo libero, portandoci le loro opinioni senza che noi dovessimo prima porre loro delle domande”. È importante notare come questo approccio diretto ribalti il modello stesso della ricerca, che da reattivo e top-down, dove il questionario traduce dubbi e domande che si è preventivamente posto il committente, diventa proattivo e down-up, dove le risposte giungono da opinioni ed idee espresse dagli utenti-consumatori.
“Abbiamo quindi creato – prosegue Nicolini – un sito che è in pratica un piccolo social network, dove ai nostri panelisti, o a chiunque voglia iscriversi, è data la possibilità non solo di dire liberamente le proprie opinioni ma di fare innovazione, nel senso di avanzare proposte per migliorare prodotti e servizi che vengono condivise, votate e commentate dagli altri utenti”. Con il vantaggio, in primo luogo, di rafforzare e vivificare il rapporto con il proprio panel, un asset, osserva Nicolini, che “è un vero asset economico della società”, e quindi va valorizzato. E poi di raccogliere informazioni che vanno al di là dei prodotti o servizi in discussione per estendersi all’intero settore d’industria. “Partendo da idee sui passeggini – esemplifica Nicolini – si può arrivare a parlare in generale dei prodotti per l’infanzia”. Il che porta a un terzo vantaggio: la possibilità di comporre community dedicate, ossia gruppi relativamente ristretti (80-100 persone al più) di persone scelte in base a date caratteristiche in grado di avviare discussioni su tematiche dove le idee delle aziende e dei loro potenziali utenti si possano incontrare in un percorso che Nicolini definisce di “co-creazione”.
Una infrastruttura per la crescita
È facile capire però come un tale ecosistema di rapporti possa rapidamente creare un enorme volume d’informazioni. Per esempio, circa duemila “utenti unici”, cioè depurati da ricorrenze multiple riferibili alla stessa persona, hanno pubblicato su un dato argomento circa 11 mila idee, ciascuna delle quali nel formato di un testo lungo in media più di 700 caratteri. Se si fossero dovute stampare ne sarebbe uscito un libro di oltre 3.500 pagine. Un mare di parole che, per poter giungere a una qualche informazione valida, vanno lette e interpretate nel loro significato non tanto letterale quanto correlato al tema del discorso e al linguaggio usato. Un compito impossibile da farsi ‘a mano’, anche disponendo di schiere di ricercatori, nei tempi necessari al time-to-market dei committenti. Occorreva, in poche parole, una soluzione tecnologica in grado di svolgere rapidamente un’analisi semantica su grandi volumi di dati non strutturati. E occorreva anche, per motivi di sicurezza e di proprietà delle fonti (un panel che, ripetiamo, è un capitale della società) che questa soluzione operasse ‘in casa’, integrandosi con i processi e la piattaforma operativa della società. Facile intuire come, in questo quadro, si sia pensato che la proposta di Altilia, che aveva già in precedenza preso contatti con Nextplora per un servizio di analisi delle conversazioni on-line, potesse essere sviluppata e applicata all’analisi delle community e della rete sociale di cui l’istituto aveva bisogno.
Una cosa fondamentale per capire il senso della scelta fatta, che operativamente risale alla metà del 2013, sta nella versatilità della piattaforma analitica proposta. Come Nicolini tiene a precisare: “Noi non avevamo ‘un’ progetto, ma tanti progetti: le community di ricerca on-line cambiano ogni volta nella struttura e nelle finalità. Ci occorreva quindi una piattaforma il più possibile customizzabile, in funzione anche degli sviluppi futuri. La soluzione Altilia – prosegue il managing director – non solo si adattava a un processo già esistente ed era installabile e gestibile al nostro interno, ma era ed è riutilizzabile per altri scopi. Questo ci dà la possibilità di aprire nuove eventuali opportunità di business facendo leva su uno strumento che sicuramente ha dalla sua una grande flessibilità. In un settore come il nostro, dove si lavora per progetti ad hoc, poter contare su una soluzione che si può rapidamente adattare a casi sempre tra loro diversi è un vantaggio fondamentale, che ad un anno dalla sua adozione ha dimostrato dare concreti vantaggi di business”.
Lavorare oggi per il domani
Stante l’adattabilità ai processi operativi preesistenti, l’adozione della piattaforma analitica Altilia in Nextplora non ha avuto impatti sull’organizzazione del lavoro se non positivi. “La possibilità di sintetizzare in modo intelligente una grande mole di parole ci permette di accelerare la messa a punto dei progetti basati sulle community, che sono molto onerosi da sviluppare nelle loro diverse fasi, ciascuna delle quali si basa sui temi emersi nelle fasi precedenti”. In pratica bisogna, in poche ore, cogliere il significato di migliaia di parole dette in una settimana per farne oggetto del dibattito successivo. Tanto più questo lavoro preparatorio sarà rapido e accurato, quanto più alleggerito risulterà il lavoro dei veri e propri ricercatori. Sempre in tema di scarso impatto organizzativo aiuta anche il fatto che l’uso della tecnologia Altilia non abbia richiesto grandi competenze interne, tanto che per istruire i processi analitici sul sistema aziendale è bastato formare una sola persona, che già aveva un background di analisi dei dati. Sviluppi futuri? “Prima di tutto – risponde NIcolini – c’è ancora lavorare sulla capacità da parte nostra di trarre il meglio da una tecnologia che già, per il fatto di poterne disporre al nostro interno, ci dà un vantaggio competitivo ma che può dare altre opportunità. Una frontiera, per esempio, sta nel coniugare l’analisi semantica al cognitive computing. I processi di autoapprendimento di un sistema cognitivo ne affinano la capacità di trarre una più profonda conoscenza dei significati latenti in ciò che dicono le persone. Se riesco a trasformare questa sensibilità in numeri, legando cioè l’aspetto qualitativo a quello quantitativo che mi deriva dalle attività individuali registrate nel mio data base, mi si aprono scenari infiniti”.