Prospettive

Ploutos, l’innovazione data driven, sostenibile e comportamentale per l’agrifood europeo

In tre anni il progetto europeo Ploutos si propone di riequilibrare la filiera agroalimentare facendo leva sui dati, comportamenti e modelli di business convenienti e collaborativi per sviluppare nuove modalità di innovazione che agiscano sinergicamente su questi tre aspetti. Il Politecnico di Milano vi partecipa supportando questo processo di innovazione affinché sia sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale e ha l’arduo compito di dimostrare i benefici insiti nella condivisione dei dati. Tutti gli 11 casi pilota di Ploutos sono frutto di un processo di co-creazione e co-design e ciascuno rappresenta una sfida a sé stante, da vincere, contro la mancanza di interoperabilità e la resistenza rispetto a logiche innovative e, soprattutto, data driven.

Pubblicato il 06 Set 2021

Food Sustainability

Iniettare nel settore agroalimentare nuove tecnologie 4.0 quasi meccanicamente, man mano che ne vengono sviluppate, non dà frutti: è necessario sostenere questo tipo di innovazione data driven guidando il settore verso un nuovo modo di operare sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale promuovendo nuovi modelli di business e comportamentali. Il progetto Ploutos nasce nell’ambito di Horizon2020 per agire in modo così ampio unendo le forze di oltre 30 partner provenienti da 15 diverse nazioni europee con l’ambizione non solo di sovvertire le logiche del comporto agroalimentare ma anche di implementare un modello di innovazione sinergica e sostenibile che possa poi essere esportato anche in altre filiere.

Ribaltare le logiche dell’agrifood puntando su una triplice sostenibilità sinergica

Basato su una logica di sustainability oriented innovation, Ploutos è stato finanziato nell’ambito di Horizon 2020 con oltre 8,5 milioni di euro, è partito a ottobre del 2020 ed entro l’autunno del 2023 si pone l’obiettivo di ribilanciare la filiera afroalimentare grazie alle nuove tecnologie promuovendo il ruolo dell’agricoltore oggi ancora molto marginale e vittima delle pressioni sui prezzi effettuate dalla GDO.

Il modello di innovazione sostenibile proposto, per funzionare deve essere implementato in modo sinergico su tre direttrici principali: “mentre si introducono tecnologie data driven nei diversi contesti, da un lato devono essere sviluppati modelli di business collaborativi che rendano tale innovazione sostenibile e dall’altro devono essere affrontate le resistenze a livello comportamentale per permettere agli strumenti e ai servizi 4.0 di attecchire realmente”. A spiegarlo è Sandra Cesari De Maria, project manager del progetto e ricercatrice del Politecnico di Milano che è stato coinvolto da diversi punti di vista in Ploutos diventandone uno dei principali partecipanti.

“Ci sono vari partner che si occupano di supportare le tre direttrici del progetto, quella tecnologica è coordinata dall’ICT greca Neuropublic che per ogni caso pilota mette a valore le conoscenze dei soggetti coinvolti e agevola la scelta delle tecnologie più idonee. Noi, come Politecnico di Milano, siamo invece responsabili dello sviluppo del modello di innovazione sostenibile che contempla tutti e tre gli aspetti, economico, sociale e ambientale: abbiamo un ruolo di coordinamento e una visione più generale e ampia dei casi pilota e del progetto stesso” spiega Cesari De Maria aggiungendo anche la Ploutos Innovation Academy, sempre gestita dal Politecnico e nata per favorire il trasferimento di conoscenze e di buone pratiche tra i vari casi pilota e la co-crezione di soluzioni. “Soprattutto nella fase vera di sperimentazione sarà il meccanismo per sostenere l’implementazione di approcci innovativi in modo che il settore agroalimentare diventi più sostenibile”.

Un modello scientifico per dimostrare che interoperabilità e collaborazione servono

Oltre al compito di identificare archetipi di modelli di business che possano essere di esempio, il Politecnico di Milano ha anche quello di dimostrare e quantificare in termini economici il valore generato dai dati e dalla loro condivisione. È un aspetto molto specifico ma allo stesso tempo chiave per il successo di Ploutos che, come molte altre iniziative di innovazione data driven, ha come punto debole la mancanza di interoperabilità indispensabile invece per rendere concrete e possibili le relazioni tra attori diversi, lo scambio di informazioni e lo sviluppo di modelli collaborativi.

“Mentre altri partner affrontano il problema dal punto di vista tecnologico, sviluppando data standard e un’architettura ad hoc per il caricamento dei dati e la condivisione di informazioni finalizzata all’ottenimento di un beneficio condiviso – spiega Cesari De Maria- noi lavoriamo per abbattere la resistenza comportamentale e lo facciamo in modo data driven”. Dopo aver approfondito quanto già presente in letteratura sulla valorizzazione dei dati e i suoi vantaggi e aver constatato l’assenza di un modello ad hoc, il Politecnico di Milano si è messo al lavoro sviluppandone uno da capo. “Il primo passo è stata l’identificazione dei fattori che abilitano la creazione di valore dal dato come la vision strategy, il tipo di tecnologia adottata, la cultura delle persone che la gestiscono e che devono stendere una data strategy – aggiunge Cesari De Maria – poi, a valle di tutto ciò, valutiamo i benefici generati a livello qualitativo considerando sia quelli di monetizzazione diretta sia quelli indiretti e anche a medio-lungo termine, legati ad aspetti più strategici. Il passo successivo sarà quantificare i vantaggi associando un valore monetario ai benefici che la condivisione dei dati ha portato al singolo e all’intero ecosistema. E’ un obiettivo ambizioso che esige un forte commitment da parte dei soggetti coinvolti nell’adozione dei nuovi modelli di business data driven e collaborativi, senza il quale si riuscirebbe a fare ben poco”.

Gli 11 “Sustainable Innovation Pilots” di Ploutos

La sfida dell’interoperabilità è tuttora in atto, sia dal punto di vista tecnologico che comportamentale, ma l’azione sinergica di Ploutos e di tutti i suoi partecipanti impegnati ad affrontarla da angolature diverse ma con lo stesso fine, ha già dato vita a 11 progetti pilota – chiamati “Sustainable Innovation Pilots” (SIP) – che mostrano chiaramente i risvolti applicativi di un progetto che rischierebbe di restare un meritevole ma sterile esercizio di stile posto all’intersezione tra economia e tecnologia.

Ispirato all’iniziativa francese “C’est qui le patron ?!”, c’è un progetto pilota che unisce soluzioni di smart farming, per tracciare la qualità e la sostenibilità dei prodotti in piena ottica “From Farm to Fork”, e una piattaforma di crowdsourcing, per coinvolgere i consumatori nel processo decisionale, con l’obiettivo di riequilibrare le logiche della filiera agroalimentare, premiare prodotti più sani e solidali e permettere a chi acquista di diventare “ConsumAttore”. Ora lo si sta implementando in Grecia per poi diffonderlo anche in Gran Bretagna, Germania e Belgio.

Pur essendo un elemento fondamentale in tutti i casi pilota avviati, la tracciabilità gioca un ruolo di primo piano in tre progetti in particolare che, in Spagna, a Cipro e di nuovo in Grecia puntano sui dati relativi alla produzione rispettivamente di ortaggi, vino e frutta per conoscerne e valorizzarne la qualità e la sostenibilità, in alcuni anche verso il consumatore finale.

Al centro del SIP avviato tra Serbia e Macedonia c’è invece la lotta contro lo spreco alimentare per mezzo di una piattaforma per la ridistribuzione e la donazione delle eccedenze in grado di allineare domanda e offerta, coinvolgendo agricoltori e supermercati ma anche banchi alimentari e mense. Grazie a strumenti di analisi dati basati su machine learning e intelligenza artificiale, diventa possibile anche lavorare in ottica previsionale mentre la collaborazione con un centro di compostaggio chiude il circolo virtuoso permettendo di recuperare il “non-donato” utilizzandolo come fertilizzante.

Più tecnico, ma decisamente fruttuoso per la filiera agroalimentare, anche il tema del mantenimento della qualità dei suoli che può trasformarsi per gli agricoltori in una fonte aggiuntiva di guadagno. Due progetti avviati in Olanda e in Slovenia, ruotano attorno a questo concetto ma con diversi obiettivi e caratteristiche. In Slovenia si mira a migliorare l’efficienza della distribuzione dei fertilizzanti e dei pesticidi mediante uso di tecniche di agricoltura 4.0 per definire un “passaporto del suolo” introducendo un meccanismo per valutarne la qualità associato a meccanismi di remunerazione per i benefici generati. Una piattaforma raccoglie dati provenienti da tecnologie di telerilevamento satellitare e classici rilievi del suolo e crea una “mappa di fertilizzazione” tarata sulle esigenze effettive del territorio, prevenendo così gli sprechi. In Olanda il focus è sui crediti di carbonio: essendo la loro misura diretta molto dispendiosa, l’obiettivo è sviluppare un modello che quantifichi agilmente il carbonio sequestrato dai suoli a seguito di una scelta di pratiche colturali più sostenibili, per poi permettere agli agricoltori commercializzare i crediti ottenuti.

I crediti di carbonio sono integrati anche in uno dei due SIP svolti in Italia dedicato alla filiera vitivinicola: al centro di questo progetto c’è un sistema di supporto decisionale per pratiche di gestione del vigneto a cui sono state aggiunte due funzionalità “extra”. Una è proprio per la valutazione dei crediti di carbonio e la seconda per l’assicurazione parametrica, data driven e molto utilizzata nell’agroalimentare per proteggere i raccolti da danni e perdite causati da inquinamento atmosferico, condizioni di siccità o grandine.

L’associare tale tipologia di copertura assicurativa al sistema di supporto decisionale è ciò che stato fatto sempre in Italia anche per la produzione del grano duro nel secondo caso pilota attivo sul territorio nazionale finalizzato a rendere più data driven anche questa importante filiera, ottimizzandone la produttività.

I due SIP avviati in Irlanda a alle Baleari, sono invece due dimostrazioni di come, agendo sull’agricoltura con un atto innovativo, esso possa riverberare anche in altri settori come ad esempio quello del turismo. L’idea di fondo di entrambi i casi pilota progetti è l’inserimento di tecnologie data driven per monitorare e tracciare la qualità e la sostenibilità sia ambientale che sociale di alcuni prodotti locali che possono non solo conquistare più consumatori ma anche diventare degli “ambassador” del proprio territorio attirando turisti interessati a esperienze enogastronomiche.

Farmer centricity, scalabilità e sostenibilità guidano lo sviluppo di ogni progetto Ploutos

Dopo un anno di avviamento, in cui sono stati stesi gli execution plan con il dettaglio di tempi, modalità di realizzazione, risorse coinvolte e possibili rischi, gli 11 SIP a ottobre del 2021 inizieranno la vera e propria fase di sperimentazione in cui il Politecnico di Milano si aspetta di essere ancora più coinvolto e impegnato. Questo perché, come spiega Cesari De Maria “l’approccio scelto è di co-creazione e co-design , le tecnologie non vengono mai imposte ma inserite in modo personalizzato rispetto al contesto, per dare vita ad un modello di innovazione che risponda alle reali esigenze di ogni singolo caso. Per questo le soluzioni prenderanno la forma più idonea nei prossimi mesi, durante la loro implementazione, diventando poi buone pratiche da condividere attraverso l’Academy in modo che tutti in progetti di Ploutos siano diversi ma sempre accomunati da tre fondamentali caratteristiche: la farmer centricity, per ribilanciare il ruolo della filiera, la scalabilità, perché possano essere replicabili ed esportabili, e la sostenibilità, nel suo triplice significato, priorità per cui il progetto è effettivamente nato”.

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