I dati si rivelano sempre più fondamentali per prendere decisioni informate e migliorare i servizi al cittadino, andando a concretizzazione quelle smart city di cui da anni si parla. Nonostante metà dei comuni sopra i 15mila abitanti stia sviluppando progetti di questo genere e il 72% delle grandi città si sia dotato di una figura dedicata alla smart city, una percentuale ancora troppo elevata (più del 40%) non sta utilizzando come dovrebbe i dati.
Lo rivela l’Osservatorio Smart City del Politecnico di Milano, nel convegno “Smart City – Le città al centro della ripartenza”. La ragione, suffragata dall’indagine svolta dallo stesso Osservatorio, è l’insufficiente percezione della necessità di valorizzare i dati soprattutto per la mancanza di competenze (principale ostacolo per il 65%), seguita dalla scarsa comprensione del valore dei dati e dalla carenza (almeno percepita) di strumenti IT adeguati. Resta tuttavia quasi assente la cultura della partnership e la creazione di un ecosistema che aiuti le città ad ottimizzare l’impiego dei dati.
In positivo, va detto che gran parte dei comuni che ancora non utilizzano i dati nei progetti smart city vorrebbero farlo. Le città che usano i dati ne finalizzano l’impiego soprattutto al miglioramento dei processi interni (57%), al supporto delle decisioni di politiche pubbliche (46%), all’offerta di servizi migliori al cittadino (36%).
Valorizzazione dei dati a supporto alle decisioni
L’Osservatorio ha individuato singoli esempi virtuosi di impiego dei dati che andrebbero però visti in un’ottica integrata al fine dello sviluppo della smart city.
Un’applicazione nota è il cestino intelligente che, monitorando lo stato del proprio riempimento, permette di ottimizzare il percorso di raccolta rifiuti, con ricadute positive in termini efficienza e di impatto ambientale. Analogamente, lo smart metering consente di prevenire gli sprechi, evidenziando, ad esempio, perdite di acqua.
I dati sono fondamentali anche per supportare decisioni pubbliche, come nel caso della progettazione della viabilità, grazie a dati che indicano i flussi di traffico nei diversi periodi del giorno o dell’anno, provenienti anche da terze parti come gli operatori di sharing mobility.
Il comune di Venezia, ad esempio, grazie ai dati forniti dalle compagnie telefoniche, ha potuto monitorare il flusso dei turisti evidenziando l’incongruità fra i pernottamenti effettivi e i pernottamenti dichiarati da alberghi e B&B, mettendo così in luce un problema di evasione fiscale.
L’esempio della smart control room
Lo stesso Comune di Venezia ha sviluppato una smart control room, che centralizza i dati provenienti da diversi ambiti (flussi video provenienti dalle diverse centrali e sensori distribuiti sul territorio), li elabora, garantendo il pieno rispetto della privacy, li mette a disposizione degli operatori responsabili e li visualizza in un luogo unico dedicato al monitoraggio. Il sistema, realizzato da Venis Spa in collaborazione con TIM, può così disporre di dati relativi al flusso pedonale, ai parcheggi, al trasporto pubblico e privato su strada e su acqua per fornire sia indicatori sintetici (KPI che il city manager può utilizzare) sia previsioni di cosa può accadere nel corso della giornata, necessarie per attuare interventi tempestivi.
La condizione per far sì che una città intelligente prenda decisioni sulla base dei dati raccolti è l’interoperabilità, realizzata sia abbandonando le logiche verticali delle singole applicazioni (gestione luce, parcheggio, rifiuti, monitoraggio energetico) sia dotandosi di una piattaforma che metta a disposizione un layer che integri anche quanto già realizzato in precedenza. Lo evidenzia Ivana Borrelli, Responsabile Marketing Offerta IoT/5G Verticals di TIM, a partire dall’esperienza della collaborazione nella realizzazione della smart control room del Comune di Venezia.
Le sfide dell’interoperabilità, della privacy e della sicurezza
La smart control room può essere vista come l’evoluzione delle attività di telecontrollo spesso sviluppate in modo frammentato su singole problematiche, come l’illuminazione. Il salto verso una logica smart city comporta la capacità di tenere in considerazione tre elementi: la piattaforma software di telecontrollo, l’infrastruttura di rete su cui transitano i dati e la componente elaborativa, preferibilmente affidata al cloud.
Lo evidenzia Claudio Laino, Country Manager, Schréder che considera una vera rivoluzione la capacità di realizzare una piattaforma in grado di gestire, non solo l’illuminazione pubblica e quanto vi è connesso, ma applicativi IoT, propri o di terze parti, relativi ai più svariati ambiti. La condizione è però il rispetto degli standard internazionali nati per garantire l’interoperabilità e la comunicazione biunivoca fra nodi. La piattaforma, a sua volta, deve essere aperta ad accogliere e interfacciarsi con applicazioni di terze parti.
Sono queste alcune condizioni per valorizzare i dati, che non vanno però interpretati come il nuovo petrolio da sfruttare ma scommettendo sulla trasformazione del tipo di dati da impiegare, dove gli stessi cittadini dovrebbero essere visti come una fonte primaria. Lo suggerisce Manuela Polcaro, Technology Business Development Manager, Oracle, che evidenzia la necessità di condivisione e di responsabilità. Quest’ultimo requisito è centrale soprattutto per garantire la privacy e la sicurezza, particolarmente delicate quando si opera con informazioni critiche e sensibili, come ad esempio quelle sanitarie.
I suggerimenti per un miglior uso dei dati
L’Osservatorio offre, in conclusione, alcune indicazioni sintetiche per aiutare le città nella valorizzazione dei dati e favorire la realizzazione della smart city:
- adottare una strategia chiara per l’impiego dei dati, con la consapevolezza che vada commisurata a una visione a 360 gradi degli obiettivi della smart city;
- creare le competenze, facendo crescere le risorse interne, ricorrendo a partner esterni, coordinandosi con le in-house regionali, definendo altre collaborazioni;
- non limitarsi a mettere a disposizione open data, ma acquisire dati utili da partner e provider esterni in un’ottica di ecosistema;
- prestare grande attenzione al rispetto della privacy (in particolare in caso di adozione di sistemi AI), alla sicurezza dei dati e alla loro interoperabilità, nonostante siano ancora spesso presenti, nelle amministrazioni, sistemi legacy verticali.