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Speech Analytics e Interaction Analytics: come supportare al meglio gli operatori del contact center

L’analisi dei dati non strutturati, vocali e testuali, permette alle aziende di comprendere al meglio il funzionamento del proprio contact center, intervenire per risolvere inefficienze e supportare al meglio gli operatori. Insieme a ComApp, scopriamo il reale valore di dati non strutturati come le conversazioni testuali e i silenzi nelle telefonate.

Pubblicato il 15 Feb 2022

Speech Analytics

L’avanzata dei modelli di lavoro smart vale anche per chi quotidianamente si occupa di customer care e lavora per rafforzare il rapporto con i clienti della propria azienda. I paradigmi ibridi, che prevedono un’alternanza di lavoro da casa e ufficio, hanno completamente rivoluzionato l’operatività dei contact center, che da sempre si basa sul rapporto diretto tra colleghi e tra questi e i rispettivi team leader. Oggi, infatti, gli operatori lavorano da casa ed è venuta meno la figura del supervisore che può fornire supporto in caso di necessità. Non solo: lo smart working ha anche abbattuto il rapporto diretto tra operatori che, di fronte a nuove mansioni o progetti, è fondamentale per ottenere risposte immediate a dubbi e incertezze.

Per massimizzare le performance, le aziende si affidano ai KPI

In questa situazione, gli operatori faticano a garantire le stesse performance di un tempo perché la collaborazione è legata ad una vicinanza fisica che sta gradualmente scomparendo. Le aziende, dal canto loro, vivono un problema speculare: venendo meno il team leader, non hanno più un’effettiva sensibilità sulle dinamiche interne del contact center. Non riescono a comprendere i motivi di determinate performance, la presenza di eventuali colli di bottiglia e come intervenire a supporto degli operatori per massimizzare le loro capacità. Nella convinzione di poter trovare tutte le risposte, molte strutture si affidano ai KPI tradizionali: durata media della telefonata, percentuale di chiamate gestite in un certo tempo, quantità di chiamate ripetute, First-call Resolution (FCR), numero di interazioni gestite e via dicendo.

I KPI standard, sui quali un contact center (ex call center) si è basato per decenni, hanno però un limite: non potendo contestualizzare quei dati, risultano piuttosto superficiali. A titolo d’esempio, è possibile apprendere che tutte le vendite sono avvenute in telefonate di durata compresa tra i 5 e i 6 minuti, ma che percorso è stato effettuato per vendere? Che argomenti sono stati impiegati? Perché un certo gruppo di operatori realizza meno vendite degli altri? Qui c’è bisogno di un livello di indagine molto più approfondito, ovvero si entra nel terreno degli Speech Analytics e degli Interaction Analytics.

Speech Analytics come team leader virtuale

“Gli Speech e gli Interaction Analytics – ci spiega Marco Tommasucci, Key Account Manager Finance di ComApp (Gruppo Present) – supportano fortemente l’azienda, che in questo modo ha dei razionali in più per comprendere ciò che sta realmente accadendo al suo interno. I contact center possono arginare la mancanza dei team leader con strumenti che non si limitino a trascrivere il contenuto delle telefonate ma, se opportunamente istruiti, ne realizzino una vera e propria analisi. In questo modo, gli Speech Analytics permettono al customer service manager di estendere la portata dei KPI tradizionali, comprenderne i motivi, rilevare colli di bottiglia nei processi e agire in modo corretto per ottimizzare le strategie e le performance di tutte le risorse”.

I contenuti delle telefonate sono fondamentali, ma lo sono anche i silenzi, ovvero il dato non strutturato per eccellenza. A titolo d’esempio, la speech analysis potrebbe comunicare ad un customer service manager che il 70% di certe telefonate è silenzioso: questo permetterebbe di comprendere il motivo di chiamate più lunghe della media, ma anche di ipotizzarne i motivi. Innanzi tutto, è un silenzio del cliente o dell’operatore? Qual è il motivo della chiamata? Il tono di voce del cliente è sereno o concitato? Si sono verificati problemi di accesso al servizio o semplicemente l’agente ha faticato a rispondere alle domande incalzanti del cliente? Avendo a disposizione queste informazioni, che un tempo facevano parte dell’attività del team leader, è possibile andare al di là dell’indicatore di durata media della telefonata identificando pain specifici (es, la lentezza dell’applicazione) e intervenendo in modo mirato per supportare il lavoro degli operatori.

Speech Analytics per il marketing e la Script Adherence

Il caso appena riportato non esaurisce le applicazioni di Speech Analytics, anzi è una piccola manifestazione delle sue potenzialità. Tommasucci sottolinea quanto la Speech Analysis serva ad inquadrare bene le dinamiche e l’operatività del contact center, ma anche a comprendere la Voice of the Customer: analizzare le conversazioni in forma automatica permette di identificare tendenze di consumo, eventuali problematiche con il prodotto o servizio e anche di misurare il successo delle strategie di marketing. Grazie agli Speech Analytics, le aziende possono conoscere meglio i propri clienti, le loro esigenze e necessità, ponendo così le basi per la personalizzazione del servizio. In altri termini, Speech Analytics sono uno strumento prezioso per i customer service manager, ma anche per il marketing. “Inoltre, gli Speech Analytics sono fondamentali quando c’è necessità di fare Script Adherence – aggiunge Tommasucci – poiché ancora oggi molti outsourcer riascoltano manualmente le telefonate ai fini della conformità normativa. Il lavoro, oltre ad essere noioso e ripetitivo, comporta un forte rischio di errore. Attraverso un sistema di scoring, la Speech Analysis permette di ridurre fortemente i casi da gestire in modo manuale, cosa che ha un impatto non soltanto sui costi, ma anche sull’engagement delle risorse”.

New call-to-action

Da Speech Analytics a Interaction Analytics

Infine, ComApp ci conferma la tendenza attuale a passare da un tema di analisi delle conversazioni telefoniche (speech) a quella dell’analisi delle interazioni. Di fatto, è una conseguenza del passaggio da call center a contact center nonché del successo dei modelli omnicanale.

Oggi, il cliente sceglie il canale con cui contattare l’azienda tra svariate opzioni: telefono, chat, canali social, e-mail, app e via dicendo, e si aspetta un’esperienza coerente a prescindere da come decide di portare avanti il suo journey. Da qui, la necessità di strumenti di analisi che, oltre a gestire il canale d’interazione più comune tra azienda e cliente (la voce) si facciano carico di esaminare anche le immense quantità di testo delle chat, delle e-mail e dei moduli. Rispetto alla voce, l’analisi del testo scritto ha alcuni limiti: non ci sono i silenzi, per esempio, così come è molto complesso comprendere il tono di voce e risulta quindi meno affidabile la rilevazione del sentiment. Però il contenuto testuale compensa queste carenze con volumi enormi da dati disponibili, che potrebbero fornire indicazioni preziosissime sul funzionamento delle aziende e sulle esigenze dei clienti, specie se integrate con altre forme di interazione e con i KPI tradizionali.

Contributo editoriale sviluppato in collaborazione con ComApp

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