Il nostro modo di vivere e lavorare, sempre più basato sulle moderne tecnologie digitali, porta alla generazione di quantità crescenti di dati che, una volta analizzati, possono fornire preziose indicazioni alle organizzazioni di tutti i settori per orientare le proprie scelte di business e ottimizzare i processi interni. Il successo delle moderne soluzioni di Big Data & Analytcs è infatti strettamente legato alla capacità di analizzare i dati per estrarre informazioni e prendere decisioni basate sugli insight che ne derivano. Quando poi, grazie all’utilizzo di speciali algoritmi, si passa dagli insight all’esecuzione automatica di vere e proprie azioni, si entra nel dominio dell’intelligenza artificiale, che può consentire l’automatizzazione e l’efficientamento di una serie di attività a basso valore aggiunto. Ma quante e quali organizzazioni stanno davvero cercando di cogliere queste opportunità? L’attenzione sembra per ora essere limitata soprattutto alle grandi imprese, mentre le Pmi appaiono piuttosto timide a proposito: basti pensare che, secondo l’Osservatorio Big Data Analytics del Politecnico di Milano, nel 2018 il peso delle piccole e medie imprese sul mercato italiano degli Analytics non ha superato il 12% del totale, nonostante in termini numerici costituiscano la stragrande maggioranza delle aziende nel nostro Paese.
L’impulso della Ue
Eppure, secondo la recente Strategia dell’UE per intelligenza artificiale e big data, le PMI avrebbero tutte le possibilità per partecipare a questa svolta. Attraverso la creazione di poli dell’innovazione digitale specializzati nel campo e un migliore accesso ai finanziamenti, Bruxelles punta infatti ad accelerare la diffusione dell’AI e dei Big Data anche presso le piccole e medie imprese. Attualmente, infatti, esistono tutta una serie di ragioni che frenano le iniziative delle PMI in materia. Innanzitutto c’è la convinzione, errata, che queste due tecnologie possano essere adeguatamente sfruttate soltanto dalle grandi imprese. A tutto questo si aggiunge la difficoltà di stimare in anticipo i benefici degli investimenti e la mancanza di competenze adeguate. L’emanazione del GDPR ha poi reso ulteriormente preoccupate le Pmi riguardo al trattamento e all’utilizzo dei dati, così da evitare il rischio di violazioni della privacy. C’è poi la convinzione, anche questa errata, che il costo iniziale degli investimenti risulti troppo elevato, nonché complicato da un punto di vista infrastrutturale.
Il ruolo del cloud
In realtà, ormai da alcuni a questa parte, questi ultimi timori sono stati superati dalla piena affermazione del modello cloud, che rende possibile anche alle imprese di piccole dimensioni l’utilizzo di servizi AI e Big Data di estrema qualità, capaci di impattare sui processi aziendali a fronte di costi limitati. Non a caso quasi tutti i principali attori nel settore ICT hanno sviluppato servizi e applicazioni di intelligenza artificiale basati sul cloud, che possono essere fruiti senza bisogno di ingenti investimenti in risorse aggiuntive di calcolo e di storage. Ad esempio, all’interno di IBM Cloud è disponibile Watson, un sistema di intelligenza artificiale utilizzabile per l’elaborazione del linguaggio naturale, per il riconoscimento visivo e per il machine learning. Un discorso del tutto simile può essere fatto anche per il mondo big Data & analytics: i fornitori di servizi cloud offrono servizi di database altamente scalabili insieme a strumenti e servizi per supportare la gestione delle informazioni, la business intelligence e l’analisi dei dati, compresi quelli non strutturati. Occorre infatti aprire una premessa: il boom dei dati di cui abbiamo parlato in precedenza è in buona parte attribuibile alla grande diffusione dei dati non strutturati, che non possono cioè essere archiviati nelle classiche righe e colonne, provenienti ad esempio da sensori, social media, ecc. Il problema è che i tradizionali database di cui sono dotati anche le Pmi sono di tipo relazionale, pensati cioè per classificare, archiviare e gestire dati strutturati. Diventa dunque di fondamentale importanza contare sui database non relazionali forniti dai provider cloud, che consentono di trattare anche i sempre più numerosi dati non strutturati, senza ripensare completamente la propria architettura hardware.
Appuntamento con Time for cloud
Insomma, quando non si ha una necessità di analisi in tempo reale dei dati (in quel caso entra in gioco l’edge computing), il cloud rappresenta insomma la soluzione tecnologica ideale, consentendo peraltro alle Pmi di beneficiare di un pagamento legato all’effettivo utilizzo del servizio. Che, a sua volta, mette al riparo le Pmi dal rischio di investimenti sbagliati, aiutandole invece a cogliere le opportunità che si presentano volta per volta sul mercato. Proprio alla relazione tra il mondo dei dati ed il cloud è dedicato Time for Cloud, uno speciale evento streaming organizzato il 23 settembre da IBM. Nel corso dell’appuntamento, grazie al contributo di esperti e testimonianze concrete, le aziende avranno la possibilità di comprendere quale sia l’approccio giusto per garantire che i dati siano affidabili, accessibili e pronti per fare business.