Esiste un ritratto perfetto per descrivere come deve essere un professionista dedicato all’analisi dei dati aziendali o big data? Le ultime ricerche restituiscono un identikit ben preciso: l’analista è una persona molto curiosa che ama davvero capire come funzionano le cose e in grado di fare chiarezza nel caos di dati che è chiamato a gestire.
Caratteristiche dell’analista dei big data
Un’altra caratteristica fondamentale che si deve possedere per poter effettuare una buona analisi è la conoscenza ed esperienza nei processi analitici, perché sono molteplici le abilità e le metodologie richieste per risolvere i problemi questo tipo.
Tali caratteristiche sono molto importanti in quanto il rischio che si può correre è quello di produrre una cattiva analisi: un flusso di dati che non conduce da nessuna parte, non riesce a stimolare alcuna azione o non riesce a cambiare un’azione che sarebbe comunque avvenuta ma non gradita. Queste sono le classiche situazioni in cui ci si chiede se avremmo potuto fare a meno delle analisi, considerando i pessimi risultati e il consumo di risorse, tempo e denaro.
Il processo analitico
Un aspetto da tenere presente quando si parla di analisi dei dati è tra analisi che vengono condotte nel mondo business e quelle che vengono fatte nel mondo scientifico e accademico. Nel campo aziendale, quindi business, per poter realizzare un progetto di analisi di big data dobbiamo poter contare su un chiaro ritorno dell’investimento. I tipici costi che si sostengono sono, infatti, costituiti da una o più persone che si occupano del progetto oltre a tutti gli strumenti che vengono utilizzati nel processo (come per esempio i software di analisi).
Creare conoscenza, sebbene sia sempre una buona cosa, in campo aziendale non giustifica l’investimento se non si riesce a dimostrare che ciò che si è creato è in grado di fare la differenza nelle decisioni che vengono adottate nella gestione di impresa.
Entrando nello specifico dobbiamo sempre ricordare che un processo di analisi è caratterizzato da un contesto ambientale spesso limitato di risorse. Infatti, quasi sempre non c’è mai abbastanza tempo o denaro per realizzare tutto quello che vorremmo implementare. Per tale motivo dobbiamo concentrarci nel determinare quali dati aziendali sono interessanti analizzare e con quali strumenti possiamo ottenere gli output desiderati.
Nella letteratura analitica esiste un principio base piuttosto semplice che dobbiamo conoscere e quindi applicare per essere sicuri che il nostro processo analitico sia efficiente e soprattutto efficace. Il principio va sotto il nome di “pensiero al contrario”.
Significa che il nostro processo analitico deve cominciare dalla decisione che vogliamo prendere e quindi da quella vanno derivate tutte le informazioni necessarie per confermarla.
Tale principio nasce dall’approccio esistente nella ricerca scientifica dove si inizia con qualcosa di specifico che riteniamo essere vero (ipotesi) e quindi si progetta un esperimento per stabilire che quell’ipotesi sia davvero vera.
Applicazione pratica di un processo di analisi big data
Vediamo come poter applicare questo famoso principio nel nostro progetto di analisi. La prima cosa da sapere è che dobbiamo acquisire più informazioni possibili sulla tipologia di business che si intende analizzare. La conoscenza del contesto è un essenziale punto di partenza. Importante è sapere come vengono prese le decisioni per comprendere cosa è veramente importante e che cosa ha maggiori probabilità di influenzare le decisioni aziendali. La prima domanda da porsi è se è possibile eseguire un’analisi che avrà la capacità di influenzare effettivamente una decisione ritenuta significativa.
Se i risultati del nostro lavoro saranno di tipo “se l’analisi produrrà un valore pari ad x” faremo una scelta mentre se “mostrerà valori pari ad y” ne faremo un’altra; se ambedue le alternative sono ritenute importanti allora possiamo dire che siamo sulla buona strada.
Se invece scopriamo che probabilmente faremmo la stessa scelta indipendentemente dal risultato dell’analisi, allora dovremmo riconsiderare l’investimento che stiamo facendo perché probabilmente stiamo spendendo su un qualcosa di non significativo per la gestione di impresa.
La seconda domanda da porsi è se sia possibile pensare a quale potrebbe essere il risultato della analisi che si sta progettando. Le questioni specifiche da porsi sono del tipo:
- Che tipo di resoconto mi sarei aspettato di consegnare?
- Come esporre i diversi KPI nella moltitudine dei dati aziendali?
- Esiste un grafico specifico in grado di mostrare con chiarezza i risultati dell’analisi?
Più riusciamo a pensare e quindi a descrivere l’output dell’analisi e meglio è. Potremmo anche delineare in anticipo come dovrebbe essere la presentazione finale della nostra analisi.
Riuscire a svolgere il processo analitico sopra descritto non solo ci assicura di essere sulla buona via ma è anche un ottimo modo per condividere il nostro progetto analitico con tutte le parti interessate ed ottenere il loro assenso e coinvolgimento ancora prima che inizi il lavoro.
Se abbiamo una chiara visione dell’output che dobbiamo ottenere risulta facile pensare a che tipo di analisi sia necessario realizzare.
Conclusioni
Alla fine, stiamo parlando di un processo chiamato “catena del valore dall’informazione all’azione” che inizia con eventi nel mondo reale e termina con un’azione dell’azienda sul mercato di riferimento. Ora, ricordiamoci sempre che in termini di come iniziare ad analizzare tale processo il principio da adottare è quello chiamato del “pensiero al contrario”, che significa che dobbiamo cominciare con le decisioni che vogliamo prendere e determinare quali risultati dell’analisi aiuterebbero a prendere quella decisione.
Iniziare con questa modalità significa determinare quali dati sono necessari e come ottenerli. Solo in questo modo saremo sicuri di stare nella corretta via per ottenete un progetto analitico veramente efficiente ed efficace.