Arrivare, in due anni di attività, a raggiungere un’attrattività tale da raccogliere 400.000 euro di investimenti da funder come i soci di Italian Angels for Growth (IAG) e quelli del Club degli Investitori, guidati rispettivamente da Antonio Leone e da Giancarlo Rocchietti, oltre al Gruppo Digital 360.
Il “goal” è riuscito ad AppQuality, startup tutta italiana nata all’interno del Centro di Ricerca sulle Mobile App del Politecnico di Milano.
«Il nostro obiettivo – spiega Luca Manara, fondatore della società insieme a Edoardo Vannutelli e Filippo Renga – era trovare il modo di sopperire alla carenza di qualità delle App, con un focus sia sul mercato italiano sia su quello europeo».
La risposta al problema evidenziato da Manara si riassume in una parola: crowdtesting.
Il crowdtesting: user-centrico e agile
Il crowdtesting combina di fatto l’idea alla base del crowdsourcing e i benefici del Cloud: nelle attività di valutazione del software presuppone un approccio user-centrico, basato sui feedback degli utenti reali.
«Non si tratta di test effettuati in laboratorio: spostiamo la fase di testing delle App già nel mondo reale», spiega Manara, aggiungendo che il crowdtesting è un modello agile e dunque ben si inserisce lungo tutto il filone “agile” dello sviluppo software.
«In sei mesi abbiamo creato il modello di crowdtesting e oggi abbiamo una community di 15.000 tester connessi alla nostra piattaforma cloud, retribuiti per la loro attività».
Di fatto, AppQuality ha portato gli utenti finali all’interno delle fasi di sviluppo di una App, secondo un approccio di base volontaristico: «Tutti possono iscriversi alla nostra community», racconta Manara, che tuttavia sottolinea come sia interesse della società far crescere le professionalità attraverso l’acquisizione di competenze. «Abbiamo sviluppato una serie di strumenti, inclusa una Academy, così come abbiamo integrato un aspetto di gamification, che ci porta a offrire punti esperienza ai tester che collaborano con noi».
C’è un passo ulteriore, evidenziato da Manara: sulla base delle competenze e delle esperienze maturate dai tester, AppQuality ne effettua una mappatura, così da aggiungere efficacia alle attività di crowdtesting.
Focus sulla qualità delle App
«Rispetto al passato, c’è oggi una più forte percezione della necessità della qualità delle App. È un tema di competitività, che ha impatti importanti sui brand».
Nelle sue attività, AppQuality segue sia le realtà del mondo consumer, sia quelle del mondo business, su molteplici verticali, dal Banking all’eCommerce, al Retail.
«Andiamo ad analizzare la struttura delle App, dal punto di vista del design, della complessità. Il feedback della community ci serve per fare da advisor verso i nostri clienti anche su questioni basilari, come l’utilità o meno di una determinata App». Le analisi dei dati raccolti consentono di individuare le aree critiche sulle quali intervenire e i bug da risolvere.
Manara parla di analisi comportamentali e di exprience modeling: la raccolta dei dati sui comportamenti di uso dei tester è fondamentale per guidare i clienti nei processi di sviluppo delle App. L’obiettivo è minimizzare i feedback negativi migliorando l’experience complessiva dell’utente finale, senza aggravi pesanti sui tempi e sui costi di realizzazione dei prodotti digitali.
Rispetto alle stesse attività condotte da un team interno AppQuality consente di effettuare test su oltre 50 dispositivi diversi, laddove il team interno si limiterebbe a poche unità, e di effettuarli in tempi molto rapidi: mezza giornata contro gli almeno 14 giorni necessari in modalità tradizionale.
E se nel portafoglio clienti di AppQuality compaiono nomi come Enel, Tim Mobile, Sky, Mediaset, Sisal, Coop, Intesa San Paolo, CheBanca, si capisce quanto la percezione della criticità rappresentata dalla qualità delle App sia diffusa.
Le prospettive di sviluppo
Ora, il finanziamento ottenuto serve ad AppQuality per proseguire nel proprio percorso di sviluppo.
«Innanzi tutto vogliamo continuare a lavorare alla metodologia del crowdtesting in settori paralleli. Penso ad esempio all’advertising e al gaming».
Manara pensa allo sviluppo di nuovi strumenti, ma anche di nuovi algoritmi che consentano di misurare il feedback anche lungo il ciclo di sviluppo software.
«Un altro obiettivo è quello di allargare la community dei tester».
Non si tratta semplicemente di avere più tester attivi – e più dati disponibili – ma anche di costruire community dedicate in base ai vertical.
«Uno fra tutti, il mondo del payment», conclude Manara.