Autonomy: gestire le informazioni, ottimizzare il business

Con una soluzione completamente rinnovata che integra la gestione dei dati non strutturati a quella dei database transazionali, la divisione di Hp propone uno strumento per la riorganizzazione dell’intero patrimonio informativo aziendale in grado di ottimizzare le prestazioni delle applicazioni business, spingendone le prestazioni e riducendone i costi.

Pubblicato il 07 Gen 2013

Lo scorso ottobre Hp ha rilanciato una soluzione sviluppata da Autonomy e che, dopo l’acquisizione della software house di Cambridge, era stata chiamata Hp Database Archiving, con il nuovo nome di Hp Application Information Optimizer 7.0. Mentre il numero ordinale sottolinea, pur trattandosi di una ‘major release’, la continuità tecnologica con la soluzione precedente, il cambiamento di nome, dal quale il riferimento ai concetti di Dbms e archiviazione è sparito per essere sostituito da quelli, del tutto nuovi, di gestione delle informazioni e ottimizzazione applicativa, indica un deciso mutamento nella strategia con la quale la soluzione viene offerta al mercato. In occasione della recente presentazione del prodotto in Italia ne abbiamo parlato con Paolo Cattolico IM Marketing Manager HP Emea.

Paolo Cattolico, IM Marketing Manager HP Emea

“In effetti, le novità dell’annuncio – risponde Cattolico – sono da un lato che abbiamo un nuovo target che non è più l’archivio in quanto tale ma la trasformazione degli archivi, con l’indicizzazione dei contenuti, in conoscenza. E poi che Autonomy, che è stata per anni il leader della gestione dei dati non strutturati, va a complementare la propria offerta con la gestione dei dati strutturati e organizzati in database, abbracciando quindi la totalità del patrimonio informativo di cui un’azienda può disporre”.

In questo allargamento della base d’informazione, acquista grande valore quella che è la dote saliente del prodotto, ossia la riduzione, tramite tecnologie di estrazione e analisi dei dati vecchi e/o ridondanti e di archiviazione gerarchica, del volume degli archivi gestiti sino al 48%, valore rilevato, si sottolinea, non in benchmark ma su reali applicazioni business. Ciò, oltre agli ovvi vantaggi sul lato storage, rende intuibile il riferimento all’ottimizzazione applicativa. “Le applicazioni business – spiega Cattolico– poggiano su database che possono solo crescere, perché anche se un dipendente se ne va o si perde un cliente, ciò che lo riguarda va conservato. Ciò impatta sulle prestazioni del database rallentando l’esecuzione di query o appesantendo reporting e backup, peggiorando le prestazioni e facendo crescere i costi dell’infrastruttura e della manutenzione. Ma a intervenire sul database eliminando tabelle e dati si rischia, se non si conoscono perfettamente gli oggetti di business, di compromettere l’integrità transazionale delle applicazioni”. Cattolico suggerisce un approccio in due stadi: prima lo snellimento, previa analisi dei dati e delle loro relazioni, del Dbms operazionale, migrando i dati ‘scartati’ su un database d’archivio; poi la trasformazione dei dati di quest’ultimo in file in formato standard (Xml, per esempio), in modo da potervi accedere con tool di query senza dover usare le applicazioni originarie, con un decomissioning che porta a ulteriori risparmi. Non è un’operazione banale, ma Autonomy può fornire, oltre alla tecnologia base, anche add-on specifici (per esempio per Peoplesoft e per tutta la business suite Oracle) nonché l’apporto dell’ecosistema Hp di consulenti e partner.

Per la nuova soluzione, Autonomy prevede un modello di business che comprende sia la sostituzione/aggiornamento del prodotto presso i clienti attuali, sia l’acquisizione di nuovi clienti. Per questi ultimi, il punto di forza è la già citata capacità d’agire in modo integrato sui database come sui dati non strutturati. Per Cattolico, “avere una piattaforma unica può dare a molte imprese anche di non grandi dimensioni la chiave per un approccio alla business intelligence applicata ai big data”.

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