Nonostante la maggior parte dei leader delle aziende preveda uno sconvolgimento nelle metodologie di lavoro a causa del rapido insorgere dell’intelligenza artificiale, a livello globale, solo un dipendente su cinque ritiene che il proprio datore di lavoro gli stia fornendo gli strumenti giusti per un posto di lavoro maggiormente automatizzato e più orientato ai dati (21%). Questo quanto emerge da una recente ricerca Qlik.
Il report Data Literacy: The Upskilling Evolution, realizzato in collaborazione con The Future Labs, combina gli insight delle interviste agli esperti con i sondaggi di oltre 1.200 dirigenti di tutto il mondo e oltre 6.000 dipendenti.
Nello specifico, i risultati, simili in tutti i Paesi in cui il sondaggio ha avuto luogo, rivelano come la rapida diffusione dell’uso dei dati stia contribuendo all’aumento delle aspirazioni delle imprese e il loro potenziale e come, a sua volta, stia trasformando le metodologie di lavoro.
Mentre le organizzazioni si stanno spostando dal consumo passivo di dati ad un processo di Active Intelligence, dove i dati vengono continuamente integrati nelle pratiche quotidiane consentendo azioni immediate, il report offre previsioni sull’impatto che avrà sulle competenze richieste e sulle opportunità professionali.
Il 35% dei dipendenti intervistati ha riferito di aver cambiato azienda negli ultimi 12 mesi perché riteneva che il proprio datore di lavoro non offrisse sufficienti opportunità di aggiornamento e formazione. Emerge dunque come tra la forza lavoro ci sia una forte necessità di migliorare le proprie competenze per sostenere nuove richieste e nuovi requisiti professionali.
Lo studio rivela che sia i leader aziendali che i dipendenti prevedono che l’alfabetizzazione dei dati (definita come la capacità di leggere, lavorare, analizzare e comunicare con i dati) sarà la competenza più richiesta entro il 2030. L’85% dei dirigenti crede che diventerà un requisito vitale in futuro come lo è oggi la capacità di utilizzare un computer.
Ecco dunque spiegato il sempre maggior apprezzamento dei dati a livello aziendale. I dipendenti intervistati riferiscono che l’utilizzo dei dati e la loro importanza nel processo decisionale sono raddoppiati nell’ultimo anno. L’89% dei dirigenti si aspetta che tutti i membri del team siano in grado di spiegare come i dati abbiano guidato le loro decisioni.
La richiesta di competenze in fatto di dati riflette significativi cambiamenti sui processi di lavoro, dovuti all’aumento dell’intelligenza artificiale.
I leader aziendali che hanno preso parte allo studio ritengono che le pratiche quotidiane dei dipendenti cambieranno, diventando sempre più collaborative grazie anche al supporto di strumenti intelligenti che li aiutano a prendere decisioni migliori (84%) ed essere più produttivi (83%).
Per realizzare il proprio potenziale, il 40% dei dirigenti prevede che la propria organizzazione assumerà un Chief Automation Officer entro i prossimi 3 anni, arrivando ad una percentuale superiore al 99% se si fa riferimento al prossimo decennio.
Ma l’investimento non può terminare con le assunzioni senior: chi è in prima linea ritiene di necessitare di supporto durante questa transizione. Inoltre, il 58% dei dipendenti sostiene che l’alfabetizzazione dei dati li aiuterà a mantenere una posizione di rilievo nonostante l’uso crescente dell’IA.
La transizione verso un posto di lavoro maggiormente orientato ai dati e automatizzato crea un’enorme opportunità per coloro che hanno competenze in materia di dati. Ogni singolo business leader intervistato ha infatti riferito che offrirebbe un aumento di stipendio ai candidati in grado di dimostrare la propria alfabetizzazione dei dati. In media, potrebbe offrire un aumento di stipendio del 26%.
Nonostante sia percepito come fondamentale per il successo dell’impresa (sia oggi che in futuro) solo l’11% dei dipendenti intervistati si sente pienamente sicuro delle proprie competenze in materia di dati. Eppure, la convinzione più comune tra i leader aziendali è che sia responsabilità dell’individuo, piuttosto che del datore di lavoro o delle istituzioni di formazione, prepararsi con le giuste competenze per il proprio futuro professionale.
Laddove le organizzazioni stanno investendo sulla formazione in alfabetizzazione dei dati, la ricerca mostra che lo si sta facendo nei confronti di chi ricopre ruoli specifici legati proprio ai dati (58%), come analisti e data scientist.
Solo un’azienda su 10 offre questa formazione a chi lavora nelle risorse umane, nella finanza e nel marketing (rispettivamente 12%, 11% e 10%), nonostante più di due terzi dei dipendenti che operano in questi dipartimenti affermano che l’alfabetizzazione dei dati è già necessaria per svolgere il proprio ruolo attuale (rispettivamente 70%, 74% e 67%).
Più di tre quarti (78%) dei dipendenti stanno invece investendo il proprio tempo e denaro (64%) per colmare il gap di competenze professionali necessarie per l’impresa del futuro. Questi dichiarano di spendere una media di quasi 7 ore ogni mese e quasi 2.800 dollari all’anno. Il 35% dei dipendenti intervistati afferma di aver lasciato un posto di lavoro negli ultimi 12 mesi per insufficienti opportunità di aggiornamento e formazione.
“Si parla spesso – dichiara Elif Tutuk, VP of Innovation & Design di Qlik – di come i dipendenti debbano capire e sfruttare al meglio l’intelligenza artificiale e come questa cambierà e completerà il loro ruolo, ma dobbiamo in primis aiutarli a sviluppare le competenze che gli consentono di aggiungere valore all’output di questi algoritmi intelligenti. L’alfabetizzazione dei dati sarà fondamentale per estendere la collaborazione sul posto di lavoro oltre i rapporti tra colleghi. La creatività e il pensiero critico saranno la chiave per sfruttare realmente l’intelligenza della macchina”.
“Il modo in cui interagiamo e utilizziamo i dati – aggiunge Paul Barth, Global Head of Data Literacy di Qlik – si è trasformato negli ultimi due anni e lo farà ancora di più man mano che ci muoviamo verso un posto di lavoro più intelligente e automatizzato. Ma l’ambizione e gli investimenti negli utilizzi di dati all’avanguardia continuano ad essere maggiori rispetto all’impegno a colmare la crisi dell’alfabetizzazione dei dati. I leader delle aziende devono riconoscere che se vogliono che i loro dipendenti utilizzino i dati per un processo decisionale più consapevole e che, a loro volta, guidino risultati positivi, devono offrire loro supporto e opportunità di aggiornamento”.