Secondo l’Osservatorio Customer Experience nel B2b, appena il 14% delle aziende raccoglie almeno un dato avanzato del cliente.
L’approccio data-driven cliente-centrico non è ancora molto diffuso. Ecco quali dati servono per adottare una gestione omnicanale e creare valore dall’interazione cliente-fornitore.
Osservatorio Customer Experience nel B2b
Appena il 66% delle aziende italiane intrattiene con i propri clienti un rapporto che si limita a un solo scambio di informazioni di natura tecnica e/o commerciale.
Invece il 20% ha impostato una relazione strategica basata su uno scambio di dati o informazioni: dati di sell-out granulari, condivisione di liste di clienti/lead con il proprio distributore e appena il 14% sta adottando un rapporto di sostegno e ascolto reciproco, per avviare a costruire una relazione collaborativa.
Per implementare un modello “customer centric”, inoltre, le aziende devono dotarsi di adeguate piattaforme e strumenti in grado di valorizzare gli scambi informativi. Ma c’è ancora immaturità fra le imprese B2b nella raccolta e poi nell’integrazione di queste informazioni. Dunque hanno scarse possibilità di disporre di tutti i dati relativi al cliente in un unico punto. Solo il 14% delle aziende raccoglie almeno un dato avanzato, il 56% ha propri clienti sparse in diversi database o su Excel. E anche laddove c’è un’architettura in grado di gestire tale integrazione (44%), le informazioni sono per lo più basiche. Non sono dati avanzati, provenienti da uno scambio evoluto con il cliente.
L’importanza dei dati nel modello customer centric
Le iniziative di segmentazione dei canali di contatto, creazione di strategie ad hoc per singolo cliente e mappatura dell’intera relazione cliente-fornitore sono ancora sporadiche. In generale, circa la metà delle aziende non ha progetti basate su un approccio data-driven.
Invece “mettere al centro delle strategie aziendali proprio il cliente facendo attenzione alle sue esigenze e caratteristiche peculiari”, commenta Paola Olivares, Direttrice dell’Osservatorio Customer Experience nel B2b, è un approccio che “consente di estrarre valore per il business sotto diversi punti di vista. Permette da un lato di ottenere miglioramenti della soddisfazione del cliente e dall’altro di sbloccare importanti benefici di efficacia ed efficienza dei processi aziendali interni con un impatto significativo sui risultati economici dell’azienda. Per ora, però, i risultati di questo interesse sono ancora molto limitati. Il settore inizia a muovere i primi passi e bisognerà aspettare ancora qualche anno per vedere i risultati di questo percorso”.
“Per raggiungere l’obiettivo però non è sufficiente essere teoricamente attrezzati a livello organizzativo e tecnologico”, spiega Sara Zagaria, project manager dell’Osservatorio Customer Experience nel B2b, “le aziende B2b devono comprendere appieno l’importanza e i benefici dell’ascolto di tutte le tipologie di clienti attivi, che siano end-user, distributori, retailer e professionisti, adeguando le proprie strategie alle peculiarità e alle necessità di ciascun attore”.
La realizzazione di una customer experience efficace dovrà tenere della relazione cliente-fornitore e del ruolo fondamentale dei punti di contatto, detti anche touchpoint. La loro gestione sinergica, coerente e integrata – in una parola, omnicanale – permettono di creare valore dall’interazione cliente-fornitore per entrambi i player in campo.