Tuffarsi nel mondo dei Big Data solo perché sono il futuro non ha senso. Senza uno studio approfondito delle esigenze di business, dell’approccio migliore, della necessaria organizzazione e del giusto mix di competenze si rischia infatti di salire su uno di quei treni che passa una volta sola ottenendo però gli stessi risultati di chi lo perde. A questo risultato giunge il rapporto di EY dedicato alle nuove frontiere della Data Science, cioè della Scienza dei Dati intesa come uso professionale delle informazioni digitali.
La capacità di ottenere valore aggiunto dai dati, spiegano gli esperti di EY, dipende non solo dalle capacità tecniche, che restano comunque imprescindibili, ma anche dall’abilità nel trasformare la lettura degli insight in processi decisionali strategici e consapevoli. Il punto di partenza, spiega il rapporto, riguarda l’allineamento tra i bisogni dell’azienda e gli strumenti di raccolta e analisi dei Big Data.
Porsi le giuste domande è fondamentale. Meglio un team specializzato o integrato con gli altri? Centralizzato o inserito in una business unit? Qual è il miglior approccio che fa delle informazioni dei driver di trasformazione digitale? E ancora: la corsa ai Big Data deve essere guidata dai vertici o lasciata agli specialisti? Lo studio di EY scende nel dettaglio dei singoli quesiti, chiudendo con un invito preciso alla valorizzazione delle competenze e dei talenti presenti in azienda. La tecnologia è fondamentale, ma il fattore umano resta sempre il più importante pilastro della trasformazione digitale.
Leggi il White Paper di EY sulla Data Science