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Democratizzazione del dato: ecco perché rappresenta un vantaggio competitivo

La democratizzazione del dato è un processo che permette di sfruttare tutto il potenziale delle informazioni aziendali attraverso una condivisione consapevole.

Pubblicato il 27 Giu 2023

Democratizzazione del dato

Il valore dei dati è sempre più evidente per tutti. Sono i dati, per esempio, che permettono di individuare le inefficienze nei processi produttivi e di rendere più efficienti le campagne di marketing, ma anche di effettuare in modo predittivo la manutenzione dei macchinari nelle realtà produttive. Il vero potenziale, tuttavia, si ottiene solo quando tutti i dati provenienti da diverse sorgenti convergono e, soprattutto, sono ugualmente accessibili a tutte le funzioni aziendali. Il processo viene comunemente definito come democratizzazione del dato.

Abbiamo affrontato il tema con Davide Donna, Managing Partner di The Information Lab Italia e Spain, che inizia con un interessante parallelismo: “La democrazia è il tipo di società più evoluta che conosciamo oggi, ma tutte le democrazie sono nate da sovrani illuminati, che nella maggior parte dei casi hanno avuto origine dalle monarchie assolute. Con i dati sta succedendo la stessa cosa”.

Democrazia non significa anarchia

La democratizzazione del dato è strategica perché, di fatto, è a oggi il modo più efficace per sbloccare tutto il potenziale delle informazioni di cui l’azienda dispone. Un primo elemento di cui tenere conto, secondo Donna si colloca ancora una volta sul parallelismo a livello di governo. “Democrazia non significa anarchia: c’è sempre bisogno di un governo centrale che stabilisca accessi, policy e governance del dato. Il fatto che i dati siano a disposizione di chiunque ne abbia bisogno non significa che tutti vedono tutto. Significa offrire un maggior numero di opportunità di lettura e analisi, all’interno di un sistema opportunamente documentato e gestito”. Insomma, servono progettazione, pianificazione e controllo per evitare che l’accesso indiscriminato ai dati si traduca in situazioni complesse e caotiche.

La democrazia richiede uno sforzo condiviso

Uno degli aspetti cruciali della democratizzazione del dato è che, per trasformarlo in qualcosa di vantaggioso, le persone devono saperlo gestire. In altre parole, serve la giusta formazione. “Non si tratta esclusivamente di trasmettere la conoscenza degli strumenti – sottolinea Donna – insegnare la Data literacy, o cultura del dato, è altrettanto importante. Le persone devono essere prima di tutto consapevoli di cosa possono fare. Dove la data literacy ha attecchito con successo, la formazione tecnica sugli strumenti, cioè il come fare le cose, ha trovato terreno molto più fertile”.
Da questo punto di vista, la democratizzazione del dato permette anche un interessante cambio di approccio dal punto di vista operativo. Mentre nell’impostazione più tradizionale la gestione del “database aziendale” è appannaggio praticamente esclusivo dell’IT, con questo approccio la gestione delle informazioni non è necessariamente affidata a chi ha un ruolo squisitamente tecnico. Semplificando all’estremo, significa che non è più necessario aprire un ticket per ottenere l’accesso o la vista su un nuovo set di dati.

“Alle persone bisogna insegnare anche il metodo per creare una vera democratizzazione del dato, è un tema culturale” sottolinea Donna. Come si ottiene, però, questo risultato? “Creando centri di competenza che aiutino a divulgare la data literacy. Inoltre, realizzando una community interna all’azienda in cui innescare circoli virtuosi. “Tableau Public, la versione per giornalisti della piattaforma Tableau di cui The Information Lab è partner, è un esempio perfetto di come la democratizzazione su scala del dato abbia ricadute positive a più livelli” conclude Donna.

Avviare il processo di democratizzazione

Come tutti i cambiamenti che si innestano a livello culturale, anche il raggiungimento della democrazia del dato è un percorso per il cui successo è utile il supporto di un partner esperto. “The Information Lab ha lanciato già da diversi anni il proprio Data Innovation Program che guida le aziende verso la vera democrazia, da qualsiasi punto di ingresso. Il processo deve partire da un progetto condiviso su tematiche strategiche, che prima di tutto portino entusiasmo e sicurezza sia fra i decisori che tra gli operativi, andando a portare soluzioni evidenti a problemi concreti.”

New call-to-action

La situazione sul mercato italiano è ancora molto frammentata: le aziende che applicano la vera democrazia del dato sono relativamente poche. Donna ritorna sul parallelo con le civiltà: “Fino al 2014 circa possiamo dire che, sul tema Dati, nella maggior parte delle aziende vigeva la monarchia assoluta con una visione molto conservativa e sospettosa verso le nuove tecnologie Self-Service. Poi sono arrivati i primi sovrani illuminati, manager visionari capaci di trascinare la propria azienda verso soluzioni analitiche innovative decidendo però di impostare inizialmente un approccio rigido e centralizzato: questo è lo stato in cui si trova la maggior parte delle aziende ancora oggi. Nella nostra esperienza, si tratta di un percorso lineare: tutte le aziende che oggi sono democratiche sono passate attraverso monarchia assoluta e sovranità illuminata”.

Il fatto che si tratti prima di tutto di un tema culturale trova conferma nelle parole successive di Donna: “Se i sovrani illuminati rallentano sull’evoluzione, spesso è solo perché temono di ricadere nell’anarchia”. Come abbiamo visto, si tratta di un problema che non si pone quando l’evoluzione è guidata nel modo giusto. Uno dei passaggi fondamentali è quello di applicare etica e trasparenza, in modo che tutti all’interno dell’azienda siano al corrente del processo in atto e della sua importanza.

I vantaggi della democratizzazione del dato

Al di là dei temi culturali e filosofici, democratizzare i dati ha anche importanti risvolti pratici. Il primo e più immediato riguarda l’affidabilità dei dati stessi: “Quando le informazioni non sono condivise, i risultati sono incorretti o parziali, a volte anche dipartimento per dipartimento” ricorda Donna. Al contrario, maggiore è la completezza dei dati, migliore è la coerenza degli stessi.

Applicare la democrazia significa mettere a disposizione degli utenti la base di dati, non viste o report preimpostati. Questo significa avere utenti che sanno usare i dati e metterli in correlazione, senza la necessità di un intervento tecnico esterno. “Utilizzando uno strumento come Tableau, si offre agli utenti l’opportunità di creare visualizzazioni inedite del dato, interessanti anche dal punto di vista della grafica e dell’interattività”.

“Creato dalla Stanford University, il software ha introdotto un approccio innovativo ai dati, con la fusione fra tecnologia e grafica. Si tratta dello strumento che ha originato l’avventura di The Information Lab e che ancora oggi utilizziamo, pur avendo allargato considerevolmente la nostra libreria di strumenti” conclude Donna.

Disporre di utenti preparati e autonomi crea un altro vantaggio importante: il business diventa più agile e proattivo. Un altro aspetto fondamentale è che si incoraggia un maggiore spirito di collaborazione fra i dipartimenti stimolando la condivisione e portando a decisioni migliori e a persone più ingaggiate, minimizzando nello stesso tempo gli errori, grazie alla maggiore attenzione rivolta al tema dei dati tout court.

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