“Credo che sia il momento di fare un appello forte alla classe politica e alle istituzioni perché mettano il digitale al centro dell’attenzione ma in una maniera diversa rispetto al passato. Che sia una questione importante lo testimonia perfino il discorso di fine anno della Regina d’Inghilterra.
Nonostante la Brexit, e nonostante i 91 anni d’età che testimoniano come non sia una nativa digitale, Elisabetta II ha detto che il 2018 dovrà essere caratterizzato, tra le altre cose, dall’allineamento alle regole Ue del Gdpr. Dovrà essere una priorità anche per l’Italia, perché non possiamo limitarci a subire le norme”. Lo dice in un’intervista a CorCom Rocco Panetta, avvocato esperto di privacy e internet, analizzando le priorità che in questo campo hanno di fronte l’esecutivo uscente e quello in arrivo, oltre alle forze politiche impegnate in questi giorni nella campagna elettorale per le elezioni politiche del 4 marzo 2018.
“Provo a fare un esempio – prosegue – proprio in questi giorni l’Iapp, International Association of Privacy Professionals, ha pubblicato una survey in cui è stato chiesto a un campione di aziende americane ed europee cosa stanno facendo in vista dell’entrata in vigore del Gdpr. Sorprendentemente ne è emerso che le aziende Usa sono più avanti di quelle Ue nella tabella di marcia. Questo ovviamente perché la sensibilità sui temi legati all’uso dei dati è molto più sviluppata oltreoceano rispetto a noi, sebbene prevalentemente sotto il profilo della valorizzazione economica del dato. Ma il bello è che negli Usa anche le regole europee sono occasione di business, motivo per creare valore, usando le regole come leva, per creare continuo vantaggi competitivi. Noi, al riguardo combattiamo più spesso una battaglia di retrovia in cui ci si adegua alle norme piuttosto perché si ha paura delle sanzioni”.
Quanto all’esito delle elezioni del 4 marzo 2018, e alle priorità che il governo che ne scaturirà dovrà affrontare nei suoi primi 100 giorni, Panetta ha le idee chiare: “Sarebbe auspicabile, intanto, che il nuovo governo metta all’interno del Ministero dello sviluppo economico o direttamente a Palazzo Chigi un presidio sul digitale, autorevole e riconoscibile, un po’ come è già avvenuto nel recente passato con Raffaele Tiscar sulla banda ultralarga e con Diego Piacentini per la modernizzazione della PA. Ci sarebbe così un interlocutore unico capace di avere una strategia sul digitale, e di essere un punto di riferimento per l’industria, i mercati e le professioni. Non si può delegare sempre e tutto al Garante. E poi bisognerà assicurare una presenza più forte e più incisiva a Bruxelles, creando un presidio continuo su questi temi. Il prossimo appuntamento da non mancare sarà la e-privacy regulation, una sorta di Gdpr 2.0: è una occasione che come Paese non dobbiamo mancare. Infine, credo che sia necessario che il nuovo Governo dia più forza all’Autorità Garante della privacy, in linea con quello che sta accadendo nel resto d’Europa. E’ un modo per misurare l’attenzione che si mettono su questi temi. Se l’Italia non rinfoltirà l’organico dell’Authority e non le assicurerà più risorse, non potremo stupirci se continueremo a rimanere agli ultimi posti nelle graduatorie sul digitale. Sarebbe bello poter leggere queste prospettive nei programmi dei partiti politici che si apprestano alle elezioni di marzo”.