L’Intelligenza Artificiale cresce e raggiunge un valore di mercato pari a 200 milioni di euro in Italia. Una realtà molto concreta che trova una dettagliatissima fotografia nei numeri della ricerca realizzata dall’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano. Numeri fondamentali per capire lo stato di salute del settore e – soprattutto – i possibili effetti che questa tecnologia è in grado di produrre nelle industry e negli ambiti applicativi nei quali sta trovando nuovi spazi. Ma la sostanza forse più rilevante che è emersa nel convegno di presentazione dei risultati della ricerca la si può ricondurre a quattro parole chiave: responsabilità, fiducia, consapevolezza, competenze.
Intelligenza Artificiale: serve maggiore Responsabilità
La responsabilità, più volte richiamata da diversi relatori per le tante declinazioni e prospettive dell’AI è, secondo Piero Poccianti, Presidente associazione italiana intelligenza artificiale, il vero punto chiave per leggere il futuro dell’Intelligenza artificiale. “Incolpiamo l’AI di tante cose, ma la colpa è la nostra – osserva Poccianti – Occorre lavorare per cambiare l’approccio e per usare l’AI con la chiara finalità di “stare meglio” perché se è chiaro questo presupposto l’AI può dare una mano importante e accelerare tanti processi”. Diversamente, nel momento in cui è al servizio di altre logiche, di business, di controllo, di analisi di dati personali etc, ecco che si entra in un dibattito che sta in bilico tra grandi opportunità e grandi rischi. Responsabilità dunque nella doppia accezione di attenzione costante ai dati e al loro utilizzo e responsabilità nel “tenere la barra dritta” per avere una AI sempre al servizio delle persone.
AI: mercato e istituzioni esprimono fiducia
E la diffusione dell’AI nel mercato peraltro dimostra che le imprese si stanno confrontando concretamente con le opportunità dell’Intelligenza artificiale, mentre il mondo delle istituzioni si sta a sua volta attivando per creare dei framework capaci di fornire garanzie a fronte di possibili rischi. Proprio il 19 febbraio la Commissione Europea ha diffuso ufficialmente il “White Paper on Artificial Intelligence: a European approach to excellence and trust” presentata da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, come una piattaforma per stabilire un ecosistema di fiducia. (Per approfondire il tema si consiglia la lettura di Commissione Europea: il white paper sull’Intelligenza Artificiale ). E la fiducia è la seconda parola chiave che ha accompagnato il convegno dell’Osservatorio. Fiducia concreta, delle aziende, che stanno scegliendo di sperimentare e di adottare soluzioni di Artificial Intelligence, tanto che nel complesso sommando le vendite legate a piattaforme, soluzioni software, servizi e hardware il mondo dell’Intelligenza artificiale ha generato un volume di vendita di 200 milioni di euro.
Le banche e la finanza sono state le prime, da tempo, a scegliere di investire in AI e oggi arrivano a rappresentare un quarto del mercato, il manifatturiero, grazie alla spinta collegata anche agli investimenti per l’Industria 4.0 ha raggiunto il 13% a pari quota con il mondo delle Utility. Sulle utility e sul mondo dell’Energia più in generale c’è forse da aprire un focus speciale legato alla crescente domanda di maggiore responsabilità (ancora questa parola chiave) nella gestione delle risorse e una maggior velocità nel raggiungere obiettivi di sostenibilità ambientale. È ragionevole pensare, come scriviamo in questo articolo Energia dei dati e della conoscenza al servizio della sostenibilità che si possa osservare una maggiore spinta nell’uso di Artificial intelligence in tutti quegli ambiti che possono incidere sui temi della sustainability e il mondo dell’Energy è certamente tra i più rilevanti.
La ricerca dell’Osservatorio permette poi di capire anche come e dove viene utilizzata l’AI, si parte dall’Intelligent Data Processing, ovvero dalle soluzioni e dagli algoritmi per effettuare analisi ed estrarre informazioni dai dati, un ambito applicativo che pesa per il 33% del mercato; si prosegue con Chatbot/Virtual Assistant sempre più diffuse in tanti ambiti dove diventa sempre più determinante lavorare sulla comprensione del linguaggio naturale e dove questa capacità è utilizzata per gestire le relazioni con clienti o utenti in un numero crescente di applicazioni. Gli assistenti virtuali rappresentano un mercato che pesa per il 28%.
AI dalla sperimentazione alla “produzione” grazie a una maggiore Consapevolezza
Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence ha sottolineato come sia aumentata la consapevolezza nelle imprese italiane verso le opportunità dell’AI, con organizzazioni che la stanno utilizzando in particolare per attuare uno sviluppo sostenibile e rapido dei progetti. Le imprese e le organizzazioni che hanno anticipato i tempi sono nella condizione di passare dalla sperimentazione all’implementazione o alla messa in produzione. Per quelle che hanno agito con maggiore prudenza siamo nella fase in cui si cerca di creare le migliori condizioni per un percorso di adozione in termini di gestione dei dati, di metodologie e di definizione degli algoritmi.
Nel percorso verso la “maturità” del comparto siamo ancora lontani da una “diffusione di massa”. La proliferazione di prodotti e servizi AI che possono essere scelti in modo autonomo dai consumatori finali (ovvero che non sono parte integrante di altri prodotto, come lo smartphone) è ancora limitata. La ricerca mette in evidenza che su 407 categorie merceologiche e di servizi solo il 5% è concepita per mettere a disposizione soluzioni di Intelligenza artificiale. Si è detto dello smartphone e come i device mobili ci sono diverse tipologie di apparecchiature elettroniche che ormai già nel 31% dei casi contano su funzionalità di AI. Una categoria questa che sia rapidamente allargando oltre i confini dell’elettronica per comprendere il mondo automotive e gli elettrodomestici.
L’AI non è una minaccia se si lavora sulle Competenze
L’attenzione ai temi dell’Intelligenza artificiale è stata per lungo tempo dedicata dalla questione Occupazionale. Ovvero alle possibili minacce che le applicazioni di AI applicate al mondo del lavoro, alla produzione industriale potevano portare in termini di riduzione dei posti di lavoro. Timori assolutamente legittimi, ma come per tante forme di innovazione c’è poi il confronto con la realtà, con le diverse modalità con cui ciascuna forma di innovazione si concretizza. A questo proposito Giovanni Miragliotta, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence, mette in evidenza come si stia diffondendo la consapevolezza che l’Intelligenza Artificiale non porta a cambiamenti sostanziali dal punto di vista dell’impatto sui posti di lavoro. I cambiamenti in particolare attengono ai servizi e alle possibilità legate all’applicazione di AI in tanti e diversi ambiti e ai rischi di polarizzazione e di aumento delle disuguaglianze sociali, proprio perché l’Artificial intelligence è destinata ad aumentare la domanda di nuove Competenze. Ed eccoci alla quarta parola chiave che vale (si legga il servizio Manifatturiero e PMI: competenze, cloud e sicurezza tra le priorità per competere), in generale, per i temi dell’innovazione digitale nelle imprese e nelle organizzazioni, ma che ha senza dubbio un peso speciale per quanto riguarda l’Intelligenza artificiale. L’altro aspetto sul quale alzare al massimo il livello di attenzione, sottolinea Miragliotta, è nel rischio di concentrazione del patrimonio informativo. Ed è su questo punto che si deve lavorare a livello di istituzioni e di enti governativi.
E le competenze sono anche uno dei principali fattori abilitanti o al contrario un freno. Nella ricerca dell’Osservatorio si nota che il principale freno per lo sviluppo di progetti AI è la scarsità di competenze. Arrivano all’89% le organizzazioni che imputano alla mancanza di skill la difficoltà di sviluppare Artificial intelligence, nel 76% le organizzazioni citano anche la difficoltà di trovare le competenze che servono sul mercato mentre una quota del 70% cita problematiche legate alla Compliance e alla privacy. Per altri aspetti poi sono indicati al 53% i temi della difficoltà di disporre di una customizzazione dell’offerta sul mercato e di identificare, nel 49% dei casi, una offerta che risponda pienamente alle necessità tecnologiche. Ma chi si sta muovendo come procede? Nel 53% dei casi stanno esplorando come e cosa l’AI può fare per la loro realtà e lo stanno facendo cercando di individuare i business case più appropriati e nel 47% invece le imprese dichiarano di aver intrapreso questa progettualità sulla spinta di altre aziende di filiera alla ricerca di queste forme di innovazione.
Articolo aggiornato da Mauro Bellini il 26 febbraio 2020