Fino a pochi anni fa, la PA locale era focalizzata semplicemente sulla capacità di raccogliere ed elaborare i dati. Al contrario, oggi, grazie anche alla disponibilità di tecnologie sempre più potenti, l’attenzione si sta spostando pian piano sulle attività di analisi dei c.d. big data per ricavare informazioni nascoste e guidare in maniera più efficiente l’azione amministrativa e di governo dell’Ente locale.
Il termine big data fa riferimento a una quantità estesa di dati in termini di volume, velocità e varietà ed è spesso legato a un nuovo approccio gestionale che, tramite la combinazione di diverse banche dati, l’utilizzo di adeguati strumenti e opportune tecniche di gestione, riesce a estrarre “valore” dalle informazioni a disposizione di un’organizzazione. Si tratta, dunque, di un concetto che comporta un sostanziale ripensamento dei tradizionali metodi di gestione dei dati che, anche a seguito dell’introduzione di nuove tecnologie, necessitano di modelli interpretativi diversi soprattutto nel contesto pubblico locale.
Il trattamento dei dati e la complessità della PA locale
Gli enti locali sono tradizionalmente tra le organizzazioni pubbliche che, a livello territoriale, raccolgono, conservano ed elaborano sistematicamente i dati e le informazioni dei cittadini per raggiungere un livello conoscitivo adeguato della realtà o dei fenomeni che amministrano, utile per garantire l’erogazione di servizi ai cittadini rispetto a tutti gli ambiti della loro vita.
Al riguardo, è necessario specificare che queste organizzazioni non sono diverse da quelle private quando si tratta di garantire l’offerta di un buon rapporto qualità-prezzo dei servizi erogati. Infatti, sia i manager pubblici che gli organi di indirizzo politico dovrebbero cercare di massimizzare il valore per il cittadino (il cliente finale dei servizi pubblici), lavorando in un ambiente caratterizzato da vincoli di budget sempre più stringenti e da condizioni esterne in continuo e rapido mutamento. Tuttavia, l’elemento in cui queste differiscono dalle organizzazioni del settore privato è nel livello di complessità e ambiguità che è parte integrante della gestione della res publica.
Ad ogni modo, l’utilizzo innovativo dei dati nei meccanismi decisionali dell’ente locale può dare vita a un processo di semplificazione e di radicale cambiamento nella gestione dei territori, in grado di coinvolgere molti aspetti dell’economia e della società. Le nuove tecnologie e tecniche per la raccolta, archiviazione e analisi dei dati, infatti, sono in grado di produrre una serie di benefici che si manifestano sia a livello individuale (cittadini e imprese) sia a livello aggregato (locale e nazionale), migliorando la qualità della vita e aprendo a nuove opportunità di sviluppo dei territori.
Creare una PA locale data driven
In tale ambito, appare utile sottolineare che ogni grande opportunità (come quella offerta dallo sfruttamento delle informazioni nascoste sui dati) è sempre accompagnata da alcune grandi sfide (ossia la capacità di cambiare e di innovare) che il governo locale deve saper superare per realizzare appieno il salto di qualità necessario a garantire una migliore fruibilità e trasparenza dei servizi pubblici.
Infatti, per implementare efficacemente la data analysis ed estrarre, dunque, “valore” dalle informazioni a disposizione è necessario che la PA locale diventi data driven, ossia guidata dai dati e in grado di prendere decisioni basate su fatti oggettivi e non su sensazioni personali del decisore politico. Per fare ciò sarebbe utile che gli sforzi degli enti fossero rivolti verso la creazione di una cultura basata sui dati, che passi attraverso lo sviluppo di forti competenze professionali inerenti al mondo dei big data.
Dare importanza a questi due elementi (cultura e competenze) significa iniziare a gettare le fondamenta per la creazione di un modello di gestione dei territori in grado di sfruttare le opportunità offerte dai dati, con il fine ultimo di avere una visione completa e maggiormente oggettiva del contesto locale in cui si opera.
Gli approcci gestionali basati sui dati sono particolarmente efficaci sia per soddisfare le sempre più complesse aspettative dei cittadini sia per ripensare al modo in cui la PA locale interagisce con i suoi stakeholder.
Le competenze necessarie per governare i dati
Al giorno d’oggi, sono disponibili molti nuovi strumenti che possono consentire di analizzare i dati in maniera semplice ed efficace. Ad esempio, “SAS” e “R” sono strumenti molto comuni nell’analisi statistica e nella modellizzazione dei dati, mentre programmi come Tableau public e Python possono essere molto utili per la visualizzazione e l’analisi esplorativa dei dati. Eppure, la disponibilità degli strumenti non è di per sé una condizione sufficiente per sfruttare le potenzialità dei dati ed è pertanto auspicabile sviluppare una buona conoscenza sugli analytics, dove la statistica risulta essere una disciplina fondamentale. Senza sapere come i dati vengono raccolti, analizzati, interpretati e visualizzati, la capacità di estrarre informazioni utili al processo decisionale si riduce notevolmente.
Si tratta in pratica di sviluppare quello che viene chiamato dall’esperto di modelli data driven, Carl Anderson, profilo a T del growth hacking, ossia un profilo che riesce a padroneggiare molto bene un paio di argomenti core e avere, allo stesso tempo, competenze in tutta una serie di tematiche trasversali e funzionali al mondo dei dati.
Sviluppare una cultura alla gestione dei dati
Per trarre vantaggio, i dati raccolti all’interno delle organizzazioni pubbliche locali dovrebbero essere unificati attraverso la pulizia, la mappatura e la trasformazione. Tuttavia, le informazioni appaiono in molti casi frammentate e diffuse, il che ostacola un loro uso efficace ed efficiente. Tra i principali motivi di questa frammentazione vi è la paura di “fughe” di potere incontrollate nonché la percezione, sbagliata, che i dati e le informazioni siano un qualcosa di diretta gestione degli organi decisionali, da non condividere.
In quest’ottica, sviluppare una cultura al data management è essenziale per la PA locale al fine di ovviare alla problematica dell’eccessiva frammentazione dei dati e allo stesso tempo “educare” tutti gli stakeholder, interni ed esterni all’organizzazione, a un utilizzo più consapevole delle informazioni a disposizione.
In questa direzione sembra muoversi anche la Commissione Europea con l’adozione dell’European Strategy for Data che fa parte della più ampia politica di sviluppo rivolta alla costruzione di un mercato unico digitale Europeo. L’iniziativa mira a sviluppare una solida cultura al data management al fine di consentire il miglior uso possibile del potenziale dei dati digitali a vantaggio dell’economia e della società.
Conclusioni
In definitiva, è possibile affermare che il data-drivenness consentirebbe agli enti locali di progettare e attuare politiche di sviluppo migliori e più efficaci in grado di:
- ottimizzare i processi di “ascolto” dell’utente finale, erogando servizi pubblici tailor-made;
- valutare bene il rischio e la fattibilità degli investimenti pubblici;
- individuare più facilmente frodi e/o eventuali errori di gestione;
- migliorare l’interoperabilità tra le diverse strutture interne;
- incentivare la collaborazione con le altre pubbliche amministrazioni;
- valorizzare il patrimonio di informazioni per creare nuove opportunità per il territorio.
L’assunto secondo il quale i dati sono una risorsa essenziale per la crescita economica, la creazione di posti di lavoro e il progresso sociale dovrebbe essere, dunque, un punto di partenza dell’azione amministrativa e politica della PA locale.