Data strategy, perché è importante nella trasformazione digitale

Risulta fondamentale, per un’azienda, focalizzarsi sulle tecnologie per il marketing. I dati non vanno visti come semplici input che permettono di capire ciò che succede, possono invece dare un’idea di come dovremmo agire di conseguenza

Pubblicato il 19 Mag 2020

Elia Bellussi

ICT e Innovazione

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L’Unione Europea ha annunciato di volersi dotare di una data strategy a livello comunitario per aiutare le persone, le imprese e le organizzazioni di ogni livello e ambito a comprendere che l’uso dei dati è di fondamentale importanza per migliorare la società in cui viviamo.

La gestione di moli di dati (big data) è particolarmente importante per le aziende, nella quarta rivoluzione industriale, per poter comprendere l’ambiente che le circonda e prendere decisioni strategiche e tattiche.

Focus delle aziende sulle tecnologie per il marketing

Partendo dal concetto che qualsiasi sia l’azienda, ci si trova a dover approcciare una visione che ha le sue fondamenta nell’analisi di ogni aspetto del proprio business, per poter meglio competere nel mercato, sia locale, sia globale. Questo implica che si andrà ad analizzare quanto è relativo al reparto operation così come l’ambito delle acquisizioni, la supply chain o marketing e sales, per poter comprendere le variabili che influiscono sul buon andamento dell’azienda.

Di particolare importanza, specialmente nell’ultimo periodo, è la consapevolezza che un’azienda debba focalizzarsi sulle tecnologie per il marketing. Sempre più aziende, infatti, offrono servizi volti all’analisi del mercato, con particolare attenzione alla customer experience. Sia la costante ricerca di idee innovative, sia il bisogno di poter competere in un mercato sempre più difficile, stanno guidando le scelte di molti manager; basti vedere la costante richiesta di personale con competenze in ambito analytics e su applicativi di grandi aziende d’oltreoceano che hanno, praticamente, il monopolio in tale ambito.

Che cos’è la data strategy

Ma che cos’è una data strategy? Quali sono le sue caratteristiche fondamentali e per quale motivo aziende, siano esse start up o grandi multinazionali, dovrebbero strutturarsi in un’ottica che sfrutti tale concetto?

Secondo il Centro di Ricerca sui Sistemi Informativi del MIT, si tratta di un concetto centrale e integrato che articola il modo in cui i dati consentono e ispirano la strategia aziendale. Ma qual è il reale significato per l’azienda? Ebbene, si tratta di comprendere che i dati non vanno visti come semplici input che ci permettono di capire quanto sta capitando ma, invece, possono darci un’idea di come dovremmo agire di conseguenza.

A valle dell’acquisizione e dell’analisi dei dati, un manager prende decisioni e fa delle scelte che segnano il corso delle azioni dell’azienda, grazie alla possibilità di poter ottenere un vantaggio competitivo nello sfruttamento delle informazioni al fine di supportare i piani aziendali.

Ne deriva che un manager ha bisogno di comprendere i dati che gli vengono forniti per pianificare la strategia aziendale e per far ciò, ovviamente, si dovranno pianificare e studiare attività volte all’acquisizione e all’analisi dei dati, in modo che siano rispondenti alle richieste derivanti dalle priorità, obiettivi e risultati che l’azienda si è data.

Una strategia per affrontare queste tematiche deve essere impostata, pertanto, seguendo la strategia di business dell’azienda, così da seguirne le richieste e rispondere ad esse in modo preciso e tempestivo.

Deve, altresì, tenere conto dei punti di forza e delle debolezze che caratterizzano l’azienda e la sua procedura di acquisizione dati come deve tenere conto di metodi di valutazione degli stessi per poterli sfruttare appieno.

Una strategia inerente i dati, così come da definizione, deve fissare alcuni paletti e dare una risposta alle richieste del business così come alle priorità aziendali, in modo tale da comprendere come i dati siano acceduti, analizzati e condivisi, poiché essi non sono rivolti solo al dipartimento IT ma, invece, sono afferenti diversi reparti e discipline.

Una strategia di questo tipo non può essere generata in un ambiente isolato, poiché ogni ente contribuisce all’arricchimento delle informazioni acquisite e alla comprensione delle stesse. Si tratta, quindi, di una componente fortemente strutturata all’interno dell’azienda, che richiede un certo studio e pianificazione così da non dover incorrere in problematiche.

Un manager, inoltre, deve tenere assolutamente conto dei bias derivanti dai vari punti di vista che si hanno all’interno dell’azienda. I dati, come abbiamo detto, devono rispondere a varie richieste e per poterlo fare devono essere analizzati e chiariti in maniera il più possibile neutrale e chiara così che nonostante si abbiano diverse interpretazioni, queste non siano spinte da idee preconcette ma siano il risultato di un processo ragionato.

Dalla customer experience al technology marketing

Le fondamenta del marketing si basano sul concetto di persona, ovvero una rappresentazione teorica, una cosiddetta “profilazione” delle tipologie di cliente che l’azienda va a definire nella pianificazione della sua strategia di marketing.

Quando si definisce la persona, il reparto marketing va ad analizzare dati su dati, che servono a creare il profilo di diverse tipologie di clienti così da poter proporre tattiche volte a rispondere alle loro esigenze.

Facciamo un esempio. Mettiamo il caso di dover proporre un cambio di prezzo per un dentifricio. Schematicamente e semplicisticamente, prima di tutto dovremmo esplicitare il problema facendo certe assunzioni e andando a definire un certo campione: escluderemo l’utilizzo medicale, l’utilizzo per bambini, prenderemo solo i clienti per una certa nazione e il formato del tubetto che sia adatto per i viaggiatori o, meglio, che rispetti le dimensioni massime per l’imbarco in cabina.

A questo punto avremo bisogno di andare a generare, o meglio acquisire, dati primari e secondari inerenti al nostro campione, per poter comprendere come questo si rapporta al nostro prodotto e, di conseguenza, adattare le nostre azioni.

Una volta ottenuti i dati secondari ne faremo un’analisi per capirne il significato e verificare che siano coerenti con quanto da noi cercato. Verificheremo che non manchino informazioni o, se mancano, andremo a verificare quale tipo risulta mancante rispetto a quanto preventivato avremmo ottenuto. Passando ai dati primari, andremo ad analizzarne le fonti e la consistenza. Una volta terminata questa parte del processo, cercheremo di capire quale tipologia di campione siamo stati in grado di ottenere e cercheremo di capire che cosa ci vogliono dire i dati raccolti per poi, in definitiva, valutare la metodologia applicata in ottica di un continuo miglioramento.

Seguendo l’esempio, i dati potrebbero dirci che il cambio di dentifricio per motivi funzionali è elevato ma che la fedeltà del marchio è elevata così come c’è un crescente approccio a prodotti naturali. Sempre dai dati potremo dedurne che il nostro marchio ha una certa percentuale di mercato e che questa percentuale è coperta da un’alta frammentazione di prodotti da noi realizzati, così come si evince che c’è una certa percentuale di persone che non usa il dentifricio per lavarsi i denti.

Tramite un’analisi critica abbiamo, quindi, ottenuto una descrizione, seppur sommaria del nostro mercato e delle “persona” che rappresentano il nostro cliente e non.

Ma come è stato possibile ottenere tutto questo? Prima di tutto si è usato un approccio critico e ci si è posti specifiche domande focalizzandosi su una certa tipologia di cliente o potenziale cliente. Di seguito si è pianificata un’attività di raccolta dati secondari tramite l’uso di software di gestione della nostra clientela, i cosiddetti, CRM (customer relationship management), che sono fonte di moltissimi dati, specialmente analizzando quelli anagrafici e le abitudini dei clienti. A supporto di questi strumenti si sono raccolti dati, ad esempio, da fonti interne come i log del proprio portale web di vendita online, o da fonti esterne all’azienda come altri negozi online. Per i dati primari sono state realizzate interviste e questionari. Questi sono stati inviati e compilati online da un campione di propri clienti così come da un campione di potenziali clienti grazie a strumenti appositamente studiati per la realizzazione e la condivisione degli stessi.

I software sviluppati in quest’ottica sono sempre più integrati e integranti, accentrando su di sé ogni fonte di dati così da poter avere tutto quanto in un singolo punto di riferimento. Essi elaborano i dati secondo certi algoritmi e rendono automatica la generazione di report e schermate esplicative così che l’addetto marketing possa direttamente sfruttare tali informazioni per poterle utilizzare in un’ottica di ottimizzazione delle proprie attività.

L’uso di questi strumenti, pertanto, permette di comprendere i propri clienti con più precisione e di personalizzare la risposta dell’azienda alle loro richieste, capendo quali sono i loro bisogni e le loro necessità.

La necessità di una cultura aperta alle tematiche della data strategy

Se vediamo il mondo delle start up, c’è la tendenza a concentrarsi sull’uso dei dati per proporre nuovi prodotti e servizi. Seppure possa sembrare che la loro cultura sia aperta a tale tematica, però, risulta spesso e volentieri poco chiaro come esse siano strutturate e abbiano costruito una precisa e chiara strategia volta all’uso dei dati. Molte di esse non approcciano affatto il mondo dei dati, focalizzandosi sull’uso di spreadsheet con insiemi di informazioni limitate e superficiali, spesso perché non hanno le competenze o le risorse per creare l’infrastruttura necessaria, nonostante la maggior parte dei software relativi siano open source.

Se da un lato abbiamo il mondo delle start up, dall’altro abbiamo aziende oramai affermate, anche di grandi dimensioni.

Queste sono spesso e volentieri legate a doppio filo con il mondo dei dati, generandone in quantità ma, spesso, non avendo una chiara idea di come sfruttarli appieno.

Se in passato esse si appoggiavano al loro reparto IT e a consulenti per raccogliere e analizzare dati, così da avere report in cui venivano esplicitati risultati e possibili problematiche, ora c’è sempre una maggiore richiesta di comprensione, che non sia limitata solamente a certi reparti.

In esse è comune trovare dipendenti interessati all’uso di dati e alla loro analisi, così come a proporre nuove metodologie per migliorare i risultati dell’azienda. Queste persone, purtroppo, non hanno la possibilità di definire la strategia dell’azienda e chi ha quel ruolo, quando si trova a decidere, si trova spaesato perché non ha le competenze o non si affida ai consigli di chi quelle competenze le ha.

Coloro che hanno il ruolo di decisori, per definire e pianificare una strategia devono avere chiaro che essa può essere solo definita e pianificata una volta che sia ben chiaro il problema del business da risolvere. In marketing potrebbe essere la necessità di aumentare il market share per un certo prodotto in un certo ambito. In cybersecurity potrebbe essere la risoluzione di problematiche dovute ad attacchi che devono essere correttamente categorizzati e risolti. In operation potrebbe essere un problema dovuto all’ottimizzazione di processi di una linea di produzione o per la logistica.

Il problema principale, quindi, sia per le start up, sia per le aziende già affermate è la mancanza di una cultura aziendale che si focalizzi sul rispondere ai problemi del business e che, quindi, studi e applichi una strategia dei dati allineata al business e volta alla risoluzione di questi problemi.

Per, poi, definire questa strategia si devono considerare alcuni pilastri fondanti. Primo tra tutti la raccolta dei dati deve essere unificata per evitare ridondanza e mancanze. Mettiamo che il reparto marketing abbia certi dati e il reparto ricerca e sviluppo ne abbia degli altri. Senza consistenza si possono prendere decisioni errate. Con la ridondanza, ad esempio, potremmo aver speso capitali per ottenere i dati due volte, avendo un campionamento ottenuto da parte del reparto marketing e uno da parte del reparto di relativo alla qualità dei servizi.

Facilitando l’analisi tramite strumenti adatti e identificando i giusti campioni di dati da prendere si ottengono gli ultimi due pilastri su cui creare la nostra strategia.

Conclusioni

In definitiva sia le start up, sia le altre aziende, hanno bisogno di guardare a una strategia che le renda competenti nel trattamento dei dati. Senza una strategia ben definita e una progettazione della struttura organizzativa coordinata, esse non riescono a essere competitive. Al contrario, quelle che riescono a imporsi sul mercato sono quelle che, muovendosi per tempo, hanno definito una strategia focalizzata sui dati tramite una definizione chiara di quesiti a cui rispondere grazie all’analisi dei dati, una chiara idea su come utilizzarne i risultati per rispondere al piano del business e una pianificazione delle attività coinvolgendo ogni parte del proprio management.

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