La suscettibilità degli stati quantistici rispetto al rumore costituisce uno dei principali ostacoli da superare per poter vedere il quantum computing su larga scala. Mentre le organizzazioni più innovative stanno cominciando concretamente a domandarsi cosa fare con questa potenza di calcolo, i ricercatori lottano per riuscire a correggere definitivamente gli errori che si verificano in un sistema quantistico.
Nelle scorse settimane un team dell’Università di Yale ha “cantato vittoria”. Sarebbe riuscita a correggerli, perfino in tempo reale.
Schemi di correzione e codice GKP
La prospettiva di riuscire a risolvere calcoli che sarebbero troppo difficili per i computer classici, si avvicina. Gli esperti lo affermano sottovoce, conoscendo la delicatezza dei sistemi quantistici, ma i risultati di quest’ultima ricerca fanno ben sperare.
Per la correzione degli errori sono stati sviluppati vari metodi che intervengono nel momento in cui si verificano. Tutti, però, comportano notevoli difficoltà a livello di hardware ed è proprio per questo che nessuno è riuscito a decollare. Un altro elemento in comune tra i più svariati schemi di correzione, è l’utilizzo di informazioni aggiuntive nel sistema. Sono fondamentali, infatti, perché servono a comunicare all’osservatore la presenza di eventuali errori, fornendo anche preziosi dettagli per correggerli. C’è però la possibilità di scegliere che informazioni inserire a tale scopo. In questi schemi possono essere utilizzati, per esempio, gli stati extra nello stesso sistema quantistico che ospita il qubit, come livelli energetici aggiuntivi, oppure si può optare per una combinazione di più qubit.
I ricercatori dell’Università di Yale hanno imboccato la prima strada, individuando come vincente il codice GKP (Gottseman-Kitaev-Preskill). Si tratta di una tipologia di codifica dei qubit implementata utilizzando la luce in una cavità di alluminio, poi collegata a un chip di zaffiro con un qubit superconduttore (detto “transmon“). Proprio questa cavità, nell’esperimento, è diventata il sistema principale per memorizzare le informazioni quantistiche, controllate dal transmon.
Allungare la vita dei qubit, abbreviare l’attesa dell’era quantistica
Il sorprendente risultato ottenuto è stato un tempo “più che doppio” di conservazione delle informazioni. Per valutare con precisione il miglioramento impresso dal suo schema di correzione degli errori basato sul codice GKP, il team ha scelto di confrontare la durata della vita dei qubit ottenuti, con la vita “non corretta” di altri potenziali qubit nel sistema. La prima è stata stimata di 1,82 ms, ben 2,27 volte meglio della seconda.
Un progresso consistente, ma non “gratuito” né banale. Ogni ciclo di misurazione e correzione degli errori, infatti, necessità di 10 µs e del supporto di un hardware del tutto all’avanguardia. Per soddisfare queste condizioni e ottimizzare i parametri sperimentali, il team ha puntato sul machine learning, scegliendo così anche il numero medio di fotoni ottimale da coinvolgere nelle operazioni. Ne è emerso, per esempio, che conviene usare pochi fotoni. Nonostante ciò faccia aumentare il tempo di procedura, riduce sensibilmente la probabilità di errori più difficili da correggere.
Sempre grazie al ML, i ricercatori contano di continuare ad affinare il proprio metodo, anche per prepararsi a gestire le complessità che potranno emergere in futuro. Sì, perché contano di migliorare ancora la loro performance, nonostante quella ora comunicata al pubblico stia già avendo un impatto significativo sul mondo del quantum computer. Correggere gli errori in real time significa infatti aver compiuto un passo avanti nella realizzazione di computer quantistico sul larga scala. E si tratta di un passo avanti mai visto, perché gli altri esperimenti normalmente tengono traccia dell’errore ma non arrivano a correggerlo.
L’esperimento del team rappresenta un tassello fondamentale perché dimostra in laboratorio quello che teoricamente era già stato annunciato. Ora sappiamo che è veramente possibile estendere la durata di vita di uno stato quantistico, utilizzando la correzione degli errori. Il prossimo passo, da questo punto di vista, sarà provare a utilizzare un qubit GKP come qubit di base e osservare se ci potranno essere ulteriori miglioramenti, per avvicinarsi a risolvere problemi reali, concreti e utili. Il team di ricerca ammette che ci vorrà tempo ma non che sarà impossibile farlo.