Come cambiano i servizi pubblici per effetto della trasformazione digitale incentrata sui Big Data e l’IoT? Quali sono le ricadute positive per il settore privato di una PA più digitale? Quali opportunità di business si aprono per le aziende che investono in tecnologie digitali di ultima generazione? Temi importanti quelli affrontati nel corso di una due giorni che si è tenuta a Bologna nel Net Service Digital Hub. Ad alternarsi sul palco di questo spazio, concepito per favorire la contaminazione delle idee e l’open innovation, esponenti del mondo della PA e associazioni di categoria, vendor di tecnologie e startup, chiamati a confrontarsi sui nuovi percorsi di trasformazione digitale e sul ruolo fondamentale che le sinergie pubblico-privato svolgono nel favorire lo sviluppo economico del Paese.
La digital innovation come filiera corta
Un luogo simbolico, il Net Service Digital Hub, che accoglie al suo interno uno spazio di co-working, sale riunioni e aule attrezzate per la formazione professionale, con corsi a calendario sulla digital transformation e la data science. Un ambiente, come spiega il CEO di Net Service, Gianluca Ortolani, dove mentorship e cross fertilization sono la quotidianità. «L’idea di questo spazio innovativo inaugurato da soli 5 mesi, in cui al momento sono coinvolti 16 partner che noi chiamiamo hubber, è di promuovere l’innovazione digitale con una logica di filiera “corta”. L’hubber è un’azienda d’eccellenza che mette la propria esperienza e le proprie competenze a disposizione delle altre realtà dell’hub con lo scopo di accorciare i cicli dell’innovazione. Il Net Service Digital Hub è una risorsa del territorio, al servizio delle aziende e della PA, un punto d’incontro dove maturare le proprie necessità di digital transformation, strumento indispensabile per poter pianificare con consapevolezza risorse ed investimenti». Un’innovazione che investe non solo le aziende, ma anche i servizi pubblici delle moderne città.
Proxima City: la piattaforma-città del futuro
Pubblico e privato collaborano allo sviluppo di urbanizzazioni di nuova generazione dove Internet of Things, cloud,
Big Data e Augmented Data sono le tecnologie chiamate a ridisegnare spazi e servizi. Città a basso impatto ecologico, centri in cui i servizi pubblici destinati ai cittadini, alle aziende e ai turisti sono gestiti in ottica circolare e in modo interdipendente. «Noi come Oracle, con Net Service e i nostri partner – spiega Maria Costanzo, Innovation Business Solutions Director di Oracle – stiamo già lavorando alla seconda generazione di smart city. Nelle urbanizzazioni intelligenti più evolute non si parla più di singoli servizi di smart waste, smart mobility, smart energy o smart security, perché tutti questi elementi sono integrati in modo circolare, così da creare una vera e propria piattaforma-città». I dati raccolti dai sensori, arricchiti con quelli provenienti da altre reti di oggetti smart o dai social possono essere “aumentati”: così facendo, si crea più valore per tutti. Inizialmente si parte con logiche di quartiere, per poi scalare su dimensioni cittadine. Sarà possibile integrare la mobilità intelligente con lo smart tourism, magari offrendo biglietti scontati ai turisti che si muovono in bus intorno alla zona di un museo. Ma gli esempi sono numerosi… Una demo “live” dei possibili scenari delle smart city di nuova concezione è quella che Oracle offre con la sua Proxima City.
.embed-natliver { position: relative; padding-bottom: 56.25%;height: 0; overflow: hidden;max-width: 100%; }.embed-natliver iframe, .embed-natliver object, .embed-natliver embed { position: absolute; top: 0;left: 0; width: 100%; height: 100%; }
Il video della prima giornata
Numerose le tecnologie che contribuiscono a creare e far funzionare Proxima City: sensori e oggetti IoT, cloud, Intelligenza Artificiale e Machine Learning, Big Data Analytics e augmented data, ma anche la Blockchain, che assicura la non ripudiabilità dei dati provenienti da sensori e telecamere smart.
Per abilitare questi scenari, però, i modelli di fruizione delle tecnologie devono evolvere: dall’on premise al “datacenter As a Service” dove banda, spazio database, risorse di calcolo e storage sono gestiti sotto forma di microservizi granulari e facilmente ricombinabili, per venire incontro alle esigenze di massima personalizzazione. Zero sprechi di risorse preziose e nessuna rinuncia in termini di prestazioni e affidabilità. «Il modello dei servizi è fondamentale per abilitare e sostenere l’universo dei dati aumentati – tiene a precisare Gianluca Ulisse, Business Developer Manager di Acantho –. Il cloud, e la possibilità che offre di acquisire le sole risorse che servono quando servono, permette di guardare ai nuovi modelli di trasformazione digitale garantendosi la velocità, flessibilità, scalabilità e sicurezza necessarie». E proprio sulla necessità di tenere in conto gli aspetti legati alla protezione dei dati invita a riflettere Alessandro Vallega, Partner di P4I Gruppo Digital360. «Dove ci sono Big Data, quindi dati, c’è qualcuno disposto a tutto pur di guadagnarne l’accesso e sfruttarli per il proprio tornaconto».
Il ruolo delle infrastrutture abilitanti e gli Open Data
Per sfruttare pienamente i benefici dei dati “aumentati” che si trasformano in veri e propri microservizi a valore, aziende ed enti non possono prescindere da infrastrutture solide e, in particolare, dalle reti broadband come sottolinea a più riprese Gianluca Mazzini, Direttore Generale di Lepida. Mazzini invita a considerare in particolare le numerose opportunità offerte dagli Open Data, i dati pubblici raccolti sul territorio dalle amministrazioni, liberamente accessibili da cittadini e aziende. Diversi gli scenari in cui questi dati aperti, opportunamente rielaborati con l’applicazione di algoritmi di AI e Machine Learning, possono essere “aumentati”. «Già oggi noi di Lepida raccogliamo e aggreghiamo i dati del trasporto pubblico a Bologna. Informazioni sulle corse, il traffico lungo le tratte, i biglietti venduti e il posizionamento dei mezzi sulle strade. Questi dati sono a disposizione degli utilizzatori a impatto sociale elevato. In futuro, poi, c’è spazio anche per la pianificazione ottimizzata delle politiche sanitarie attraverso l’analisi delle informazioni cliniche opportunamente anonimizzate». Ma Lepida sposta l’asticella ancora più in alto, a conferma del fatto che la cooperazione tra pubblico e privato è la chiave di volta dei nuovi scenari sociali di Big Data Analytics, AI e IoT. «Lavoriamo allo sviluppo di un sistema di sensori privati installati presso gli uffici di imprese e artigiani, collegati tra loro tramite una rete radio pubblica integrata nel network di Lepida. I dati raccolti potranno essere condivisi con la PA e le associazioni di categoria per migliorare i servizi resi alle partite IVA».
La system integration diventa data integration
In questo tipo di progetti, in cui le tecnologie che devono “parlare” tra loro sono estremamente complesse e i processi da ridisegnare numerosi, il ruolo del system integrator diviene cruciale. Oggi che la sfida per le aziende non è più reperire i dati ma estrarre più valore dai record, la data integration assume un ruolo centrale nei nuovi percorsi di innovazione. «La tecnologia nuda e cruda può fare poco – spiega Enrico Folegani, Direttore Tecnico di Net Service –. Occorre saper verticalizzare, estendere le funzionalità e attuare approcci diversificati per cui sono richiesti ampiezza di tecnologie e di risorse professionali». Risorse e competenze non facili da trovare: esperti di digital transformation e data scientist, data stuart e data analyst che Net Service stessa si impegna a formare nel suo Hub.
.embed-natliver { position: relative; padding-bottom: 56.25%;height: 0; overflow: hidden;max-width: 100%; }.embed-natliver iframe, .embed-natliver object, .embed-natliver embed { position: absolute; top: 0;left: 0; width: 100%; height: 100%; }
Il video della seconda giornata
Creare un ecosistema per promuovere l’innovazione
Un tema, quello delle competenze digitali, che affronta nel suo intervento anche Stefano Aiello, Partner di P4I Gruppo Digital360. «Per promuovere la digital transformation nella PA e nelle aziende – commenta – occorre avere all’interno dell’organizzazione elementi che strutturalmente permettono di innovare e competenze specifiche». Questo è possibile solo se si creano “ecosistemi” di innovazione in cui le aziende sono messe in condizioni di collaborare con le startup e sperimentare i benefici degli approcci di open innovation. «Ecco perché abbiamo deciso di far parte del Net Service Digital Hub. Proprio perché crediamo che la condivisione di competenze ed esperienze sia la strada giusta».
Bologna polo di riferimento per i Big Data in Europa
Un plauso alle iniziative dell’Hub arriva anche da Francesco Raphael Fieri, Direttore Generale Risorse, Europa, Innovazione e Istituzioni della Regione Emilia Romagna. Numerose le iniziative che l’amministrazione sostiene – con investimenti di circa 50 milioni di euro nel prossimo quinquennio – per trasformare Bologna nel polo europeo di riferimento in materia di Big Data e Intelligenza Artificiale. Il nuovo Tecnopolo vedrà la luce nell’area riqualificata dell’ex Manifattura Tabacchi: oltre 100mila metri quadri di spazi e un data center di ultimissima generazione attrezzato con supercomputer, infrastrutture cloud e connettività broadband. Il centro di supercalcolo ospiterà macchinari del CERN, l’Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare; del CINECA (Consorzio Universitario per il Calcolo Automatico) e soprattutto il nuovo datacenter dell’ECMWF, il Centro Europeo per le Previsioni Meteorologiche a Medio Termine. Ma l’amministrazione non si ferma qui. Il DGR 507/2019, fresco di approvazione, promuove la costituzione di una fondazione che si occuperà di scandagliare le possibili “esternalità positive” della gestione dei Big Data per finalità pubbliche. «Questa fondazione si chiamerà Big Data for Human Development – spiega nel suo videointervento Patrizio Bianchi, Assessore Ricerca e Lavoro della Regione Emilia Romagna – e ci aiuterà a capire come i Big Data potranno aiutarci a creare un mondo migliore, eliminando le disuguaglianze e sostenendo nuovi modi di fare industria». Un mondo, quello del manifatturiero, rappresentato all’evento da Luca Rossi, Direttore Generale Confindustria Emilia Romagna che si dice convinto del fatto che i Big Data avranno un ruolo chiave nell’indirizzare lo sviluppo industriale nei prossimi anni. «Oggi – conclude il manager – per definire le politiche industriali ci si basa su dati vecchi, perché ci vuole troppo tempo per analizzarli. Con le Big Data Analytics è possibile superare questo problema e creare strumenti di indirizzo economico basati su una fotografia reale del tessuto industriale. Questo non può che migliorare l’efficacia degli interventi pubblici».