Open Data, PA e imprese sono ancora in ritardo

Due ricerche pubblicate dall’Osservatorio del Politecnico di Milano e da Unioncamere mettono in evidenza un certo scetticismo da parte degli Enti locali circa l’utilità degli Open Data. Che oggi sono sfruttati da poche imprese

Pubblicato il 28 Set 2018

open data blockchain

La pubblica amministrazione fatica a uscire dalla fase teorica sul tema Open Data e anche le imprese non riescono ad attrezzarsi per cogliere questa opportunità. Questo il principale risultato di due distinte ricerche, una condotta dall’Osservatorio eGovernment della School of Management del Politecnico di Milano sulle Pubbliche Amministrazioni locali e l’altra da Unioncamere sulle imprese italiane. In effetti, nonostante la normativa in vigore spinga la PA a rilasciare i dati per essere liberamente usati, riutilizzati, la strada da fare è ancora tanta. Su 731 Comuni italiani analizzati, infatti, solo il 37% ha già pubblicato dati in formato open. Una percentuale che cambia notevolmente a seconda della dimensione: arriva all’86% tra i Comuni con più di 50mila abitanti, e cala al 28% per i piccoli, sotto i 5.000 abitanti. Quello che emerge è un entusiasmo molto blando della PA sul tema Open Data: la maggioranza degli Enti ritiene che siano utili soprattutto a monitorare l’operato dell’Amministrazione da parte dei cittadini, mentre la crescita del tessuto imprenditoriale è considerata inutile o poco utile dal 55% dei Comuni. Con la conseguenza che ben il 60% dei Comuni non ha registrato alcun impatto positivo sul territorio a seguito della pubblicazione degli Open Data.

Dati poco uniformi

Ma che tipi di dati pubblicano i Comuni italiani? Nel 71% dei casi si tratta di dati di amministrazione (dipendenti comunali, risultati elezioni, bilanci, spese e acquisti dell’amministrazione, bandi pubblici), nel 25% del territorio (come topografia, vincoli ambientali, piani comunali), nel 20% tributi (TARI, IMU, TARSU), nel 18% su sport, cultura e tempo libero (associazionismo, musei, biblioteche, luoghi ed eventi culturali, centri sportivi, eventi sportivi), nel 17% sulla popolazione residente (numero di abitanti, di stranieri, di giovani/anziani). Uno dei problemi principali è però la mancanza di uniformità dei dati pubblicati dai Comuni, fattore che rende difficile fare massa critica per un possibile utilizzo a livello nazionale. Inoltre, i dati sono poco accessibili: la maggior parte dei Comuni li pubblica nella propria sezione trasparenza (il 83%) o sul sito istituzionale in una sezione ad hoc (33%), solo l’8% sul sito open data della regione e appena il 2% sul sito open data nazionale.

Gli ostacoli agli Open Data

Secondo gli enti locali i principali ostacoli alla pubblicazione di open data sono la scarsità di competenze interne (50%) e  di personale interno (42%), seguiti dalle ridotte risorse economiche da dedicare (24%) e dal poco interesse della componente politica (23%). C’è però anche una notevole confusione su cosa sia opportuno pubblicare (20%) e si avverte la mancanza (o la non conoscenza) di standard (16%). “Nei Comuni italiani appaiono totalmente assente visione strategica e modelli organizzativi per la pubblicazione degli open data – spiega Michele Benedetti, Direttore dell’Osservatorio eGovernment -. -. Nel 76% degli Enti non è presente una figura o un gruppo di supporto specifico per la pubblicazione di open data e ben il 92% non ha un piano di rilascio”.

L’assenza di una visione strategica

Risultati in chiaroscuro emergono anche dall’indagine realizzata da Unioncamere su 222 imprese manifatturiere tra 10 e 249 addetti: esiste infatti un forte interesse prospettico sull’impiego di open data da fonte PA in ambito business, ma la capacità di utilizzarli nel concreto è appena agli inizi. L’uso dei dati è considerato strategico dal 77% delle imprese, che si dicono interessate ad utilizzare gli open data nel 51% dei casi per disporre di dati sul rapporto con l’estero, nel 41% sullo sviluppo attività produttive (come i dati su superficie commerciali, tipologia delle attività, autorizzazioni), nel 37% sull’energia e ambiente (come consumi energetici, livelli di inquinamento, efficienza energetica, rifiuti). Però il campione di imprese realmente «opendata user» è ancora limitato al 4% del totale: di questi, il 3% li considera importanti per la sua attività, l’1% ne fa il suo modello di business.

Un processo ancora agli inizi 

“I numeri mostrano un Paese dove la pubblicazione di open data stenta a decollare – commenta Giuliano Noci, Responsabile scientifico dell’Osservatorio eGovernment -. I Comuni italiani sono ancora agli inizi del processo di pubblicazione del proprio patrimonio informativo e un’enorme quantità di dati non è disponibile in formato open. Il primo passo per favorirne lo sviluppo deve essere culturale: è necessario trasmettere agli Enti Locali l’importanza di questa attività, non solo per una mera questione di trasparenza, ma per incentivare e aiutare lo sviluppo del tessuto economico e sociale del paese. I Comuni devono essere coinvolti, resi partecipi fin dalle fasi iniziali ed è importante che abbiano le risorse adeguate per rendere i dati fruibili in formato aperto”.

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