Caso Utente

Porto Felloni, così si coltiva con i dati

Dall’agricoltura di precisione al modello 4.0: è il percorso di digital transformation di una grande azienda agricola nel Ferrarese, che dal satellite farming è arrivata all’utilizzo di sensori e droni per ridurre l’utilizzo di acqua, concimi ed energia e ottenere un incremento delle rese dei raccolti e della qualità dei prodotti finali

Pubblicato il 07 Nov 2018

Porto-Felloni-2

I Big Data spuntano anche nei campi. Basta ormai anche un solo trattore di medie dimensioni per generare, nel giro di un anno, 1 terabyte di dati. Secondo le stime dell’Osservatorio Smart AgriFood della School of Management del Politecnico di Milano e del Laboratorio Rise dell’Università di Brescia, in Italia almeno 1 milione di gigabyte viene generato all’anno dai mezzi utilizzati per le coltivazioni nelle aziende agricole, a cui vanno aggiunti i dati ambientali e climatici, o anche quelli dagli allevamenti e così via.

Ma anche i dati, come i semi, vanno ben piantati e curati. E, ancor meglio, integrati e correlati: da singole osservazioni empiriche vanno trasformati in informazioni utili, per supportare concretamente le decisioni da prendere con l’obiettivo di migliorare la resa dei raccolti e la qualità dei prodotti.
Perché i dati siano valorizzati come si deve, va allora adottata una logica di piattaforma integrata, dove far confluire i dati, rielaborarli e armonizzarli alla ricerca di relazioni che supportino decisioni e azioni consapevoli e tempestive. Per prima cosa a livello di singole aziende agricole, per lo più abituate ancor oggi a funzionare attraverso valutazioni esperienziali, quasi sempre prive di supporti quantitativi. In secondo luogo, anche a livello di filiera: coinvolgendo per esempio i produttori di macchine, che potranno monitorare le prestazioni del parco macchine installato, oppure – sui controlli di tracciabilità – le aziende di trasformazione clienti o le imprese di distribuzione, fino ad arrivare ai consumatori finali.
Benché l’Italia sia considerata la seconda potenza agricola nell’Unione Europea (con il 13,2% del valore della produzione comunitaria nel 2017), alle spalle della Francia (con il 17,4%), ma davanti alla Germania (13,1%), l’utilizzo di piattaforme e di soluzioni informatiche a supporto delle coltivazioni e degli allevamenti è ancora poco praticato nel Bel Paese: le stime più recenti parlano di non più dell’1% della superficie coltivata complessiva gestito con sistemi di Agricoltura 4.0.

Un esempio nell’agricoltura di precisione

Tra i pionieri delle tecnologie digitali applicati alle colture in Italia, figura senz’altro Porto Felloni, una grande azienda agricola di Lagosanto, in provincia di Ferrara, che conta una superficie coltivata di 500 ettari (la media italiana è intorno ai 12 ettari, ed è tra le più basse in Europa).

Il 60% dei campi di Porto Felloni è per lo più seminato a mais da granella, il 20% a piselli, fagiolini e mais in secondo raccolto, il 10% a frumento e nel restante 10% si coltivano pomodori, producendo sia con i metodi convenzionali che con i principi dell’agricoltura biologica.
“Il nostro è un percorso iniziato oltre 20 anni fa – spiega Massimo Salvagnin, uno dei titolari dell’azienda agricola ferrarese, tra i testimonial intervenuti alla presentazione dell’Osservatorio Smart AgriFood – Siamo venuti a conoscenza dei concetti di base e degli strumenti dell’agricoltura di precisione per la prima volta negli Stati Uniti nel 1997, quando abbiamo visto le prime mappe di resa e i software cartografici e gestionali ideati per le esigenze delle grandi farm americane. E abbiamo adattato gradualmente questo nuovo modello alla realtà della nostra azienda, con l’obiettivo di aumentare la redditività, abbassare i costi e mantenere – se non addirittura accrescere – la resa delle produzioni, senza trascurare ovviamente la qualità dei raccolti, la riduzione dell’impatto ambientale e il miglioramento delle condizioni di lavoro”.

Foto di Massimo Salvagnin
Massimo Salvagnin, socio e responsabile tecnico di Porto Felloni

I campi di Porto Felloni si estendono su un’area bonificata al di sotto del livello del mare: dove prima c’era l’Adriatico, le caratteristiche dei suoli presentano grandi differenze. A causa di questa disomogeneità, accanto all’applicazione di metodi per la generazione delle mappe di resa, l’azienda ha messo a punto una rete di sensori che misurano l’esatta umidità del terreno ogni 10 cm, proprio per studiarne la variabilità. Dall’analisi delle proprietà chimiche-fisiche geo-referenziate, i fratelli Salvagnin possono concimare a rateo variabile (soprattutto per il grano e il mais), facendo particolare attenzione allazoto, dato che nei terreni ‘sciolti’ come quelli delle aree di bonifica del Ferrarese, l’azoto tende a ‘scivolare’ a causa delle piogge – e al concime organico.
Porto Felloni ha inoltre adottato sistemi di guida semiautomatica per le macchine agricole dotate di Gps: così, oltre a seguire percorsi preimpostati, possono distribuire a rateo variabile anche i semi, il concime e gli antiparassitari.

Analisi incrociata dei dati per l’azienda agricola 4.0

Nel modello ideale dell’azienda agricola 4.0, dall’analisi incrociata dei fattori ambientali, climatici e colturali, oltre a stabilire con maggior precisione il fabbisogno irriguo e nutritivo delle varie coltivazioni, si possono prevenire eventuali patologie e identificare infestanti prima che proliferino. Così si può intervenire in modo concentrato e nei tempi giusti, risparmiando risorse materiali ed effettuando interventi più efficaci, che incidono positivamente anche sulle caratteristiche organolettiche dei prodotti finiti.

Un esempio dei benefici riscontrati grazie all’applicazione dell’agricoltura 4.0 – Fonte: Porto Felloni

“Per raggiungere tutti i nostri obiettivi – prosegue Salvagnin – abbiamo intrapreso una vera e propria marcia di avvicinamento verso questo paradigma ideale dell’Agricoltura 4.0. Un percorso che si sta manifestando positivo e redditizio: siamo partiti dallo studio della variabilità dei nostri terreni, abbiamo utilizzato le mappe di prescrizione e iniziato a distribuire a dose variabile tutti gli input produttivi”.
Una mappa di prescrizione si genera sulla base delle informazioni acquisite: più dati si hanno, più dettagliata e precisa sarà la mappa. Le mappe possono essere di semina, di nutrizione e quindi di concimazione o di difesa. Nell’agricoltura di precisione, i dati rilevati dai sensori danno costantemente informazioni sulle erbe infestanti, sullo stato di salute delle coltivazioni, sullo stress idrico.
“In azienda – nota Salvagnin – abbiamo sviluppato mappe di semina, di concimazione e di aiuto alla maturazione, per evitare la sovramaturazione del pomodoro, per esempio. Così, tra l’altro, abbiamo ottenuto un risparmio di circa il 30% sul concime utilizzato e un aumento della produzione di mais del 20% riuscendo anche a fare tre cicli produttivi in una sola annata”.

Alla fine degli anni Novanta, nei primi tempi della fase di riconversione verso l’agricoltura di precisione, per un’azienda ‘pionieristica’ come Porto Felloni non è sempre stato semplice trovare subito partner tecnologici di riferimento per lo sviluppo dei progetti di digitalizzazione della pianificazione agronomica e dell’organizzazione del lavoro.

La digitalizzazione in un’azienda agricola

Oggi, però, qualcosa si sta muovendo anche in Italia. Il mercato delle attrezzature e delle soluzioni per l’Agricoltura 4.0 sfiora i 100 milioni di euro (circa il 2,5% di quello mondiale, stimato in 3,5 miliardi di euro): vi operano oltre 70 vendor, in parte tradizionali e in parte emergenti.
Il panorama dell’offerta tecnologica per la Smart Agriculture comprende, infatti, sia aziende già piuttosto note e affermate nel settore (per esempio i produttori e rivenditori di trattori e di macchinari e attrezzature) sia soluzioni proposte da player emergenti (startup, vendor Ict, fornitori di rete dati, ecc.), perlopiù interessati a erogare sistemi digitali innovativi e servizi di consulenza tecnologica e/o di raccolta e analisi dei dati.

“Gli investimenti necessari per ‘digitalizzare’ la nostra azienda – fa presente Salvagnin ­– sono stati rilevanti, soprattutto per il costo di alcune macchine e attrezzature, ma il ritorno sugli investimenti è ancora più significativo. Tra le tecnologie ‘messe in campo’, vanno ricordate appunto un software per l’elaborazione di mappe, i nuovi sistemi informativi gestionali e quelli di guida satellitare semiautomatica e di seminatrici e irroratrici a dose variabile. Con il passaggio verso il modello dell’Agricoltura 4.0, Porto Felloni s’è ritrovata, aldilà dei benefici ottenuti per l’attività più propriamente agricola nei campi, con una vera e propria gestione aziendale integrata per il controllo delle persone, dei macchinari e dei prodotti, che ci permette di tenere monitorati i costi e garantisce tracciabilità e rintracciabilità di tutte le lavorazioni svolte. Negli ultimi anni, inoltre, abbiamo potuto via via ottimizzare la nostra conduzione agronomica attraverso l’utilizzo di modelli previsionali per le malattie e l’utilizzo d’immagini satellitari e di droni – per i quali un nostro addetto ha conseguito il brevetto di pilota ­– per il monitoraggio dello stato fisiologico e nutrizionale delle colture e per l’elaborazione di mappe a dose variabile. Inoltre la gestione dell’irrigazione è stata migliorata grazie ai sensori installati nei terreni, che leggono l’umidità in tempo reale e garantiscono un utilizzo controllato ed efficiente delle risorse idriche”.

Grazie alle tecnologie adottate da Porto Felloni, infine, è divenuto possibile stabilire il periodo più opportuno per la raccolta e gestirla, se necessario, in più fasi, in modo da cogliere i prodotti nel momento più indicato a seconda dell’utilizzo che ne verrà fatto lungo la filiera.

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