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Retail e big data, a che punto siamo?

Nel report di Capgemini si legge che le aziende del settore Consumer Products and Retail dovrebbero migliorare la loro data maturity per essere più resilienti dopo la pandemia

Pubblicato il 30 Ago 2021

Retail e big data

Un miglioramento nella gestione dei dati sta aiutando il 62% delle aziende del settore CPR (prodotti di consumo e retail) come “data master” a portare su scala i loro proof of concept in ambito intelligenza artificiale e analytics, e il 73% a trarre da questi dati un valore di business quantificabile.

È quanto emerge dall’ultimo report del Capgemini Research Institute, dal titolo The age of insight: How consumer products and retail organizations can accelerate value capture from data (per cui sono state esaminate oltre 200 organizzazioni in ambito CPR) che evidenzia come i data master, ovvero le organizzazioni in grado di creare, elaborare e sfruttare i dati in modo proattivo per realizzare il proprio purpose aziendale, raggiungere gli obiettivi di business e generare innovazione, abbiano margini di profitto operativo superiori del 30% rispetto alla media del settore.

I vantaggi di essere data master

Le organizzazioni in questo campo, che all’inizio della pandemia presentavano già solide basi di dati sono state in grado di crescere in un nuovo contesto digital-first, a differenza di quelle che non avevano una mentalità basata sui dati. Di conseguenza, le prime hanno incrementato i flussi di ricavi attraverso nuovi prodotti, servizi e business model, sono rimaste rilevanti per i loro clienti e hanno modificato le offerte in base alle esigenze del mercato, ottenendo un importante vantaggio competitivo grazie ai dati.

Solo il 16% delle aziende di prodotti di consumo si qualifica come data master, in linea con la media intersettoriale dei data master stessi, ma solo il 6% delle organizzazioni retail supera il benchmark: queste aziende leader indicano il percorso che l’intero settore deve seguire per affrontare le sfide relative al raggiungimento della totale padronanza dei dati.

I data master del comparto CPR godono di margini di profitto operativo del 30% più alti rispetto alla media del settore, grazie all’implementazione di una migliore data hygiene e a pratiche di data management come l’automatizzazione della raccolta dei dati, l’integrazione di dati esterni per l’attività di analisi e la valutazione della qualità dei dati a partire dalla fase di progettazione.

Secondo il report, i data master sono anche in grado di superare i principali ostacoli affrontati dalla maggior parte delle organizzazioni CPR, come individuare le lacune nei dati e apportare rapidamente modifiche ove necessario, avendo piena visibilità sia sui consumatori che sulle operation. Questo obiettivo risulta più accentuato per i retailer che sono in prima linea nell’interazione con i consumatori.

Alessandro Kowaschutz, CPRD & EUCS Director di Capgemini in Italia, ha dichiarato: “Ci sono prove evidenti che in un contesto di rapido cambiamento come quello attuale, essere data-powered è fondamentale per il successo delle organizzazioni di prodotti di consumo e retail. Con l’aumento della competitività, sia all’interno che all’esterno del settore, le aziende hanno bisogno di promuovere una cultura che permetta loro di utilizzare efficacemente gli insight e agire velocemente. Le organizzazioni in ambito CPR devono modernizzare le loro piattaforme di dati e agire per rafforzare la fiducia e le decisioni guidate dagli stessi, in modo da avanzare nel loro percorso di data mastery e ottenere un vantaggio competitivo sostenibile”.

Perché usare dati e analytics

Le principali organizzazioni CPR stanno utilizzando dati e analytics per implementare business model basati sull’economia circolare, dato che il 79% dei consumatori è orientato verso questi servizi. Un ulteriore 77% delle organizzazioni ha rivelato che gli approcci di sostenibilità hanno rafforzato la fedeltà dei consumatori, mentre il 63% che questo focus sulla sostenibilità si è tradotto in un aumento dei ricavi.

Il report considera dati e analytics come fattori chiave per la sostenibilità: quasi la metà delle organizzazioni intervistate (47%) sta infatti investendo in AI, machine learning e sensori per l’Industrial Internet of Things (IIoT) al fine di promuovere i propri obiettivi di sostenibilità.

“Non basta semplicemente reagire al cambiamento – ha continuato Kowaschutz – le organizzazioni CPR devono individuare i cambiamenti nel comportamento dei consumatori prima che emergano come tendenze. Questo è particolarmente rilevante quando si tratta di sostenibilità: stiamo vedendo come i data master ottimizzino le informazioni a loro disposizione per cambiare il modo tradizionale di lavorare e favorire modelli di business legati all’economia circolare, dalle catene di approvvigionamento e logistica alla produzione e al ciclo di vita dei prodotti”.

Gli ostacoli alla data mastery

Il report evidenzia diverse sfide che si frappongono al percorso delle organizzazioni CPR verso la data mastery: le più frequenti includono i cosiddetti data silos, la carenza di competenze e la mancanza di fiducia.

Funzionalità e integrazione sono state indicate come gli ostacoli più critici, con la maggior parte delle organizzazioni (57%) che dichiarano di essere ancora impegnate a modificare i sistemi legacy che impediscono l’utilizzo di automazione e AI.

Le aziende CPR sono in ritardo rispetto ad altri settori nell’istituzione di un processo decisionale basato sui dati, registrando il 31% in meno di probabilità di usarli al momento di prendere decisioni rispetto a quelle del settore Banking e circa il 10% in meno rispetto a quelle del settore Life Sciences and Healthcare.

4 aree di intervento per generare valore dai dati

Il report raccomanda quattro aree di intervento per le organizzazioni CPR che cercano di generare nuovo valore di business dai dati a loro disposizione: promuovere una cultura “data-powered” e fornire ai team i dati di cui necessitano; modernizzare la piattaforma dati per una più rapida implementazione degli insight; rafforzare la fiducia nei dati con una corretta governance e trattando gli stessi in modo etico; unirsi a ecosistemi di dati esterni per abilitare nuovi business model e comprendere più a fondo consumatori e operation.

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